In occasione della Veglia per la Pentecoste il Vescovo Carlo, ispirato dalle parole di Papa Francesco, ci ha offerto un interessante percorso attraverso il significato dei sette doni dello Spirito Santo
18 maggio, presso la Basilica di san Vito Martire
Una calda serata di metà maggio e la splendida cornice della Basilica di san Vito martire in Forio hanno accolto i tanti fedeli provenienti da tutta la Diocesi, riuniti per la Veglia di Pentecoste, un intenso e suggestivo momento di preghiera e attesa, scandito dalla accensione delle candele dal Lucernario e dalla lettura di brani delle Sacre Scritture, culminati nel brano del Vangelo di Giovanni nel quale Gesù, annunciando la venuta dello Spirito Santo dice di Lui: “dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva”.
La cerimonia è stata preceduta da due testimonianze di fede, dalle quali è emerso che nelle nostre vite quotidiane lo Spirito Santo viene in nostro aiuto in modo inaspettato e sorprendente, per darci forza di compiere azioni che il nostro intelletto reputa impossibili, o per cambiare in modo positivo e più fruttuoso rapporti di parentela o di amicizia. È esattamente questa la pista lungo la quale il Vescovo Carlo ha sviluppato il suo intervento dopo la lettura del brano tratto dal Vangelo di Giovanni, una attenta catechesi sui sette doni dello Spirito Santo con la quale – attraverso le riflessioni di Papa Francesco – ha pennellato l’intreccio stretto tra doni e vita umana, un tessuto fitto nel quale i doni non sono un patrimonio personale da spendere per il proprio bene, ma strumenti da utilizzare per costruire relazioni tra Dio e l’uomo e tra gli uomini all’interno delle comunità: «Possiamo dire che la Pentecoste è ciò che completa il mistero dell’incarnazione. Se nell’incarnazione Dio annulla ogni distanza tra noi e Lui, nel mistero della Pentecoste lo accogliamo per sempre nella nostra vita, fino alla fine dei tempi. È la fedeltà di Dio che squarcia il velo del tempio, che annulla ogni barriera fra noi e Lui».
Il Signore dunque completa e perfeziona la sua incarnazione con preziosi doni che ci accompagnano per sempre.
La sapienza
La sapienza non è semplicemente saggezza o erudizione, ma piuttosto capacità di guardare il mondo, le relazioni al suo interno, le sofferenze e tribolazioni della vita con gli occhi di Dio.
L’intelletto
Come leggere la realtà attraverso gli occhi di Dio? Ci aiuta l’intelletto, che non è solo intelligenza, ma capacità di entrare in relazione intima con Dio. Questo possiamo farlo attraverso la preghiera. Quest’ultima non va intesa come richiesta per realizzare i propri fini, ma come disponibilità ad accogliere il Signore nella nostra vita.
Il consiglio
Il Vescovo ha sottolineato come questo dono ci consenta di orientare le nostre vite nella direzione che Dio stesso ci chiede. Il dono del consiglio ci fa comprender il modo giusto di comportarci per entrare ancor di più in comunione con la volontà di Dio: «Sembra quasi che la nostra volontà e la volontà di Dio ad un certo punto possano coincidere. È questo che possiamo definire il dono del discernimento: come orientiamo la nostra vita? Quale è la via giusta da seguire? Cosa ci chiede il Signore? Quale consiglio ci dà? Lo possiamo comprendere soltanto se viviamo insieme con lui, nella intimità della preghiera».
La fortezza
Con la fortezza il nostro cuore si rafforza ed è in grado di superare i timori che lo affollano e che frenano il nostro agire. La fortezza risplende chiara nelle vite dei santi capaci di testimoniare la loro fede fino in fondo: «Questa fortezza che ci fa alzare lo sguardo e ci fa comprendere l’eternità di Dio, ci fa entrare nell’eternità del Risorto».
La scienza
Questo dono non riguarda solo la conoscenza umana, esso ci porta a cogliere la grandezza dell’operato di Dio attraverso il Creato. Il Creato è dono di Dio e contemplando la natura contempliamo Dio. Il Vescovo ha qui introdotto il tema della cura del Creato e dl territorio che ci è stato affidato: «Noi siamo custodi della nostra isola? di questo creato che il Signore ha messo nelle nostre mani? Come trattiamo la nostra isola? ne abbiamo cura? Siamo in grado di vedere in questa natura bella che ci ha dato una sua creatura? E in questo dono, riusciamo ad avere anche cura l’uno dell’altro?».
La pietà
Non è la compassione: «Questo dono indica piuttosto la nostra appartenenza, indica il nostro legame profondo con Lui, che dà senso a tutta la nostra vita e ci mantiene saldi, in comunione con Lui».
Vivere la pietà significa coltivare rapporti autentici, con Il Signore e fra di noi, è ciò che anima le nostre celebrazioni e il nostro stare insieme.
Timor di Dio
Anche questo dono non è da confondere con la paura, è piuttosto la consapevolezza della nostra reale dimensione di fronte alla grandezza di Dio, è il dono che ci sollecita ad affidarci a Dio con fiducia, atteggiamento dal quale deriva la pace e la grazia di Dio.
Prima di concludere la serata, il Vescovo ha rivolto un pensiero affettuoso alla comunità ucraina presente in chiesa con il loro pastore, esprimendo la vicinanza di tutta la Diocesi in questo momento difficile di guerra che la loro nazione sta subendo. Allo stesso modo ha ricordato le sofferenze della terra in cui il Verbo si è incarnato, la Terra Santa, che vive il tempo dell’oscurità.
«Che il Signore possa donare la sua luce, che possano davvero arrivare tempi di pace».