Le seconde generazioni scontano una condizione di incertezza identitaria
All’interno del vasto e diversificato fenomeno delle migrazioni, non sempre si dà il giusto risalto alla presenza dei cosiddetti “minori stranieri non accompagnati” (acronimo MSNA). Con questa dicitura si sogliono indicare ragazzi di età inferiore ai 18 anni, cittadini originari di Stati non appartenenti all’Unione Europea (come pure apolidi) che si vengono a trovare, sul territorio italiano, privi di assistenza, tutela e rappresentanza legale da parte dei genitori oppure adulti che ne siano responsabili.
I MSNA censiti in Italia, al 1° gennaio 2024, sono 23.226, in maggioranza maschi (88,4%) e hanno per la maggior parte 17 anni (46,1%), 16 (27,3%) e dai 7 ai 14 (13,7%). Dunque, l’87,1% dei MSNA presenti in Italia hanno una età compresa tra i 7 ed i 17 anni. Arrivano in Italia soprattutto da Egitto (4.667 minori), Ucraina (4.131), Tunisia (2.348), Gambia (2.141) e Guinea (1.925), mentre le Regioni che ne accolgono di più sono la Sicilia (6.061 minori, il 26% del totale), la Lombardia (2.795, il 12%), l’Emilia-Romagna (1.905, l’8,2%) e la Campania (1.716, il 7,4%).
Arrivati in Italia da soli, senza genitori o altri adulti di riferimento, sono oggi una delle categorie maggiormente vulnerabili, a rischio di esclusione sociale, discriminazioni, sfruttamento e devianza. Hanno un bagaglio di vita pesante alle spalle, costituito spesso da violenze, torture, schiavitù, privazioni e sono accomunati dall’esperienza di un viaggio lungo mesi, se non anni.
Le motivazioni che spingono questi ragazzi a partire sono principalmente di ordine economico. Soprattutto per quanto riguarda l’Egitto, l’Italia è conosciuta grazie ai racconti positivi dei coetanei già partiti e di coloro che vivono qui da tempo. E più aumentano le voci, più il viaggio sembra essere facile e fa meno paura. Per questo molte famiglie mandano qui i figli, con l’obiettivo di ottenere un miglioramento della propria condizione economica. Una dinamica rafforzatasi con l’avvento dei social media, dove quotidianamente i ragazzi che sono in Italia pubblicano foto o video dove ostentano un’immagine di sé di successo, che però spesso non corrisponde affatto alla realtà.
In alcuni Paesi, sembra invece che vengano messe in atto vere e proprie strategie “didattiche”: i ragazzi vengono mandati in Italia a trascorrere gli ultimi anni prima della maggiore età, per formarsi in un sistema scolastico migliore e che può offrire loro più scelta, per poi tornare in patria a lavorare. Ma arrivano anche i ragazzi più fragili o con problematiche psichiche, considerati spesso un peso dalle famiglie.
Quest’ultimo dato, ci porta – necessariamente – a introdurre una riflessione collegata: il capitale umano costituito dai giovanissimi migranti, in special modo quello più qualificato, viene attirato positivamente dal capitale sociale più elevato: la qualità della vita, i servizi socioassistenziali, l’organizzazione dello Stato, le relazioni ecc. Questo concetto vale anche per i migranti adulti, molti dei quali considerano l’Italia come una tappa di passaggio per entrare nella “fortezza Europa” e in seguito dirigersi verso Paesi come la Francia o la Germania, dove hanno parenti emigrati in precedenza.
Le problematiche di cui sono portatori i MSNA non sono dissimili da quelle dei loro coetanei genericamente definiti come “migranti di seconda generazione”: sono generalmente privi di una vera e propria appartenenza civica e questa condizione non può non influenzare, in misura decisiva, la loro formazione e le scelte fondamentali di vita. Le seconde generazioni scontano una condizione di incertezza identitaria caratterizzata dalla presenza di sentimenti di appartenenza e insieme di esclusione ed estraneità; si può parlare di identità complesse in cui si fondono valori e riferimenti culturali molteplici e di differente origine.
In attesa di elaborare un vero e proprio sistema d’inclusione ci siamo, purtroppo, avviati sul crinale dell’assimilazione verso il basso (downward assimilation): è la condizione dei giovani immigrati che, vivendo nelle realtà conflittuali e marginali delle periferie urbane degradate, nell’assenza di prospettive e di aspettative di vita, nutrono sentimenti di ribellione nei confronti della società che li ospita e sono pertanto più esposti al rischio di devianza e di criminalità.
La scuola può fornire possibilità concrete di integrazione, di crescita e di costruzione di una identità sociale. L’integrazione delle seconde generazioni e dei MSNA dipende, in maniera significativa, dalla qualità delle politiche migratorie, abitative, assistenziali, educative, dal grado di sensibilità sociale, dalle politiche di accoglienza, ovvero di quel capitale sociale che, pian piano, sta venendo meno anche per noi italiani. Considerando l’immigrazione fenomeno funzionale all’economia ed alle caratteristiche demografiche del nostro Paese, la politica deve programmare ed attuare strategie di lungo respiro mirate all’integrazione piena delle persone migranti che devono godere dei diritti e delle garanzie dei cittadini italiani. Governare, dunque, e non subire il fenomeno migratorio: cominciando a cambiare il grandangolo d’osservazione, trasformandolo da fenomeno di ordine pubblico a rilevante fenomeno di trasformazione della società.
di Giancamillo Trani