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Disabilità e inclusione

La posizione del G7 sui temi della disabilità e della inclusione, mentre quei ragazzi all’Onu….

Un paragrafo nella dichiarazione finale del recente G7 è dedicato a disabilità e inclusione. Presenta l’impegno a “garantire che tutti gli individui abbiano gli stessi diritti”. A “valorizzare i talenti e le capacità di tutte le persone” per “rendere le nostre comunità più forti e coese”. E, ancora, a “integrare ulteriormente i diritti delle persone con disabilità in tutte le agende politiche”. Una dichiarazione “importante”, secondo Serafino Corti, coordinatore tecnico-scientifico dell’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, perché “mette al centro il tema delle disabilità anche nell’ambito dei G7 e rende evidente che è necessario, se si vuole costruire un mondo sempre più adatto alle persone e quindi alle persone con disabilità, far sì che nelle agende dei governi sia presente anche questo specifico sostegno”.

La dichiarazione presenta un rimando alla Carta di Solfagnano, che verrà firmata durante il G7 delle persone con disabilità, tra il 14 e il 16 ottobre. Un testo nel quale verranno rese evidenti le priorità del lavoro da fare a vantaggio delle persone con disabilità.

Dal G7 consapevolezza sui temi della disabilità. Dalla dichiarazione del G7, secondo Corti, emerge un cambio di prospettiva. “Le persone con disabilità vengono viste come un’opportunità per la nostra comunità. Non sono solo delle persone a cui erogare dei sostegni, o dei benefici, ma sono delle persone che, se opportunamente accolte, sostenute nel nostro contesto, possono fare la differenza anche nelle nostre comunità. E, quindi, valorizzare i loro talenti, le loro competenze. Non è un atto di bontà in senso stretto, è sicuramente un atto di giustizia, ma è un atto anche di equilibrio, di intelligenza, di strategia, perché ci permette di cogliere al meglio le opportunità che anche queste persone con disabilità possono garantirci”. Soffermandosi sulle priorità, Corti ne indica tre: l’accesso universale, l’accessibilità ai servizi e la vita indipendente.

“Noi viviamo in un mondo che diventa sempre più complesso, che richiede sempre più velocità. Poter rendere accessibili i nostri luoghi, sia fisici che non, quindi anche Internet, cellulari, informazioni, la comunicazione, è fondamentale per far sì che le persone con disabilità possano essere cittadini di questo mondo”.

Del resto, lo si legge anche nella dichiarazione finale del G7: “Incarichiamo i nostri ministri di lanciare la Carta di Solfagnano, in cui articoleranno tra le altre cose le azioni relative all’accesso universale e all’accessibilità, alla vita indipendente, all’occupazione inclusiva, alla disponibilità di servizi, alla prevenzione e gestione delle emergenze. Intensificheremo la nostra azione per l’implementazione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità”.

Sei “buone pratiche” all’opera all’Onu. Dal dire al fare, a volte il passo è breve. Mentre i capi di Stato discutevano al G7, a New York i ragazzi con disabilità impegnati da sei realtà erano all’opera. Prima l’intervento del ministro per le Disabilità, Alessandra Locatelli, all’assemblea plenaria dell’Onu, in cui ha presentato le novità della giurisdizione italiana rispetto al nuovo decreto 62 sul progetto di vita; poi, il simposio gestito dall’Italia con il sostegno di altri Stati – tra cui Stati Uniti, il Canada, il Ghana – che ha permesso di passare dalla teoria alla pratica. Brekcotto (del Cottolengo di Torino), Rurabilandia, Pizzaut, Luna Blu, Il Tortellante, Rulli Frulli, con i Lions e la federazione italiana Cuochi hanno raccontato come fanno la pizza, la pasta, le frittelle, il caffè, i tortellini. Quindi, hanno convinto, attraverso le vie istituzionali, la cucina dell’Onu ad aprire le loro porte.

Così sono andate lì a cucinare e poi hanno offerto un catering. “Al di là dell’elemento simbolico, del fatto che le persone con disabilità per la prima volta cucinassero nella cucina dell’Onu – spiega Corti -, per me l’elemento più forte è che si è visto sul campo che le nostre non sono generiche considerazioni, non sono delle teorie. Sono buone pratiche e quindi queste cose avvengono, anche in un contesto complesso come può essere la cucina dell’Onu. Con i sostegni adeguati le persone possono davvero fare la differenza”.

di Filippo Passantino – Sir

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