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Il trionfo della “cultura dello scarto”

Da Sparta alla Germania nazista: ancora oggi c’è chi vorrebbe emarginare disabili e ultimi. Il cristiano sa di dover testimoniare la validità della logica dell’inclusione

Pino Natale

Come ho già detto in altre occasioni, la storia antica mi è sempre piaciuta, e da ragazzo non c’era epoca nella quale non avrei voluto vivere. Ho sempre avuto la percezione che in fondo è come se la storia di ogni persona fosse una singola goccia che, insieme alle altre, forma un unico fiume impetuoso che attraversa i secoli, la Storia con la “esse” maiuscola… In questa Storia vi sono purtroppo tanti buchi neri e tante cadute, che non riguardano solo il passato, come si poteva credere fino a qualche decennio fa (ricordo ancora quando si diceva con compiacimento che mai il mondo aveva conosciuto un tempo di pace prolungato come il nostro). Purtroppo, le prime pagine dei nostri quotidiani ci dicono quanto ci sbagliavamo! C’era però un tempo particolare della Storia che mi faceva rabbrividire: Sparta antica, in cui i bambini nati malati o deformi venivano uccisi per non indebolire la forza militare di quella città. Mi sembrava una pratica estremamente disumana, del tutto lontana da ogni legge della natura, nemmeno gli animali fanno cose di questo genere. Fortunatamente ho scoperto successivamente che non c’era verità storica, era solo una leggenda, e mi sono rassicurato… almeno finché non sono venuto a conoscenza dell’eugenetica nazista!

Ecco, se per Sparta si trattava solo di una leggenda, nella Germania nazista era una verità storica. Per capirci, oltre 400.000 persone furono obbligate a sterilizzarsi, e 70.000 furono uccise a causa del programma di eutanasia che prevedeva la soppressione delle “vite indegne di essere vissute” (affetti da malattie genetiche o con disabilità mentali). Lo scopo era impedire che queste persone infettassero con i loro geni la popolazione tedesca. Ma in realtà, senza arrivare agli eccessi nazisti, politiche di questo genere erano sostenute, e talvolta applicate, in tutto il mondo occidentale a partire dall’Ottocento: lo stesso Hitler all’inizio non fece altro che introdurre in Germania la legislazione degli Stati Uniti per la sterilizzazione dei “difettosi”. D’altronde, ancora oggi si giustifica nei Paesi “progrediti” la sterilizzazione forzata delle donne nei Paesi più poveri del mondo… Non è certo questo il luogo dove raccontare in modo approfondito questa storia, molto triste. A me interessa solo evidenziare un punto, importante anche per giudicare da cristiani recenti affermazioni e avvenimenti: e cioè, la visione dell’uomo che è dietro questo modo di pensare: la persona umana, cioè, non ha valore in sé, ma solo in quanto elemento di un immenso ingranaggio sociale, e dev’essere emarginata se qualcuno stabilisce che ha dei “difetti di produzione”. È il trionfo della “cultura dello scarto”, è stato detto. Ma questo è l’opposto della visione culturale della vita e dell’uomo che ha il vangelo: Gesù non ha mai avuto timori ad avvicinarsi agli scartati del suo tempo – lebbrosi, malati, indemoniati, prostitute, pubblicani – e in genere tutti coloro che la religione ufficiale dell’epoca considerava “maledetti”… Per lui, ogni vita è degna di essere vissuta, perché sono tutti figli di Dio, fatti a sua immagine e somiglianza. Questa visione antropologica ha generato nel corso dei secoli infinite forme caritative e di accoglienza degli ultimi, dei disagiati, dei senza voce. Se da un lato c’è la logica dell’esclusione, fino all’eliminazione anche fisica, il cristiano sa di dover testimoniare la validità della logica dell’inclusione. E dev’essere chiaro che in questo caso siamo alla presenza di un vero e proprio aut-aut, non è possibile nessun compromesso: non ci si può dichiarare cristiani e accogliere qualsivoglia forma di emarginazione, di rifiuto e di separazione. Questa, da cristiani, è la via da seguire, non certo quella di Vannacci e Salvini!

Testo dell’immagine: “Una malattia ereditaria costa allo Stato 5,50 RM al giorno. Per 5,50 RM una famiglia ereditariamente sana può vivere 1 giorno!”

di Pino Natale

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