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Veglia di preghiera per i morti in mare

“Non si può morire di speranza”, le parole del Cardinale Zuppi durante l’omelia

“Una madre non si arrende, trova le risposte e aiuta a trovarle. Non si può morire di speranza. Spesso ci chiediamo ‘dove è finito Dio?’. Ma la domanda è un’altra, dove è finito l’uomo. Dio è sulla barca e ci insegna a difendere sempre la dignità di ogni essere umano”.

Lo ha detto mercoledì 19 giugno, nella basilica di Santa Maria in Trastevere a Roma, il card. Matteo Maria Zuppi, presidente della Cei, alla veglia ecumenica di preghiera “Morire di speranza”, organizzata dalla comunità di Sant’Egidio con Centro Astalli, Caritas, Migrantes, Federazione delle Chiese evangeliche in Italia, Acli, Simo, Comunità Papa Giovanni XXIII e Acse, in memoria di quanti perdono la vita nei viaggi verso l’Europa. Una veglia “funebre” per tutti coloro che non l’hanno potuta avere perché sono morti nel fondo del Mediterraneo, nel caldo del deserto: nel buio della notte per loro sono state accese decine di candele, accanto alla croce di legno ricavata dal legno di barche naufragate, fissata al centro dell’altare. Sulle sedie, nella navata, ogni fedele regge una gerbera rossa o arancione o gialla, per ricordare la vita e la speranza di chi cercava l’Europa.

“Possiamo dimenticare? – si è chiesto il card. Zuppi – La Chiesa è una madre. Questa è la più semplice di spiegazione: questa nostra madre che amiamo e che ama. Oggi è ancora più contenta, perché la preghiamo insieme. Una madre non può dimenticare tutti i suoi figli. I suoi figli non sono una statistica, le 2.429 persone che hanno perso la vita nel Mediterraneo e lungo le vie di terra cercando di raggiungere l’Europa alla ricerca di un futuro migliore da giugno 2023 ad oggi, non li dimentica. Perseverante, insistente, molesta, anche insolente”.

È in quelle lacrime, ha aggiunto il card. Zuppi che possiamo ritrovare la nostra umanità: “Guardando la sua sofferenza ritroviamo tutto il senso di dignità e umanità. Perdendo la loro, perdiamo la nostra. Non possiamo abituarci a persone che perdono la vita nell’angoscia del mare, della notte, dei deserti”.

di Daniela Verlicchi – Sir

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