Login

Lost your password?
Don't have an account? Sign Up

Toccare, il verbo di Dio

Commento al Vangelo Mc 5,21-43

Il Vangelo è concreto, tocca la vita delle persone e soprattutto i limiti e le difficoltà della vita. In questa domenica Marco ci racconta due storie intrecciate, due vite che, anche se vivono percorsi diversi, vengono intrecciate da una situazione di non ritorno (la malattia inguaribile per l’una e la morte per l’altra) e da un tempo (12 anni di malattia per l’una e 12 di vita per l’altra). Sono due storie che si incastrano e si illuminano a vicenda.

Marco sapientemente intreccia non solo la situazione di queste donne ma anche il fallimento di due realtà: la medicina e la struttura religiosa. Niente hanno potuto fare i medici e nulla può un capo della sinagoga rappresentante della struttura religiosa di Israele. Marco cuce tutte queste indicazioni con un desiderio che mette insieme tutte queste dimensioni: il toccare, porre dei gesti. La donna vuole toccare Gesù, Giairo vuole che Gesù tocchi sua figlia. Toccare una donna impura e toccare un morto era vietato ma il verbo toccare è il verbo di Dio. Toccare è il verbo della vicinanza, il verbo che accorcia le distanze, il verbo che rende Dio vicino, palpabile, umano. Dio è venuto a toccare e a lasciarsi toccare.

Per l’antropologia biblica, «toccare» è qualcosa che va oltre la percezione di un contatto fisico: attraverso il tatto la Scrittura parla di purificazione, guarigione, perdono, desiderio. Nei Vangeli, il verbo aptomai («toccare») ricorre otto volte in Matteo, dodici in Marco, nove in Luca, e una sola volta in Giovanni. A differenza degli idoli, Gesù vede, ode, odora, tocca e cammina. Gesù non teme il contatto. Gesù tocca e si fa toccare. Fin dalla nascita si consegna alle mani dell’uomo. Il Messia atteso da Israele è un uomo che desta curiosità; il suo corpo è oggetto di cure e attenzioni, ma non solo: è anche «schiaffeggiato», «schiacciato», «condotto», «catturato», «baciato», ucciso e «deposto».

Tutti i personaggi nel Vangelo di questa domenica sono messi in relazione attraverso questo verbo: essi toccano la disperazione, il punto di non ritorno, toccano il dolore e forse toccano il fondo. Dio si lascia toccare, vuole venire a contatto con tutto questo. Che bello avere un Dio che si lascia toccare, che lascia toccare le sue frange, che lascia toccare le sue vesti, che si lascia toccare dal dolore della donna e dal dolore di Giairo. Abbiamo davanti a noi un Dio “toccato” dagli uomini. Il suo è un tocco caldo, che dà vita, non freddo come quello delle nostre statue in Chiesa. Chi tocca Dio tocca un calore, una serenità, una pace, tocca la vita.

Ma chi riesce a toccare Dio? Chi sa andare oltre la folla. Molti toccano Gesù ma non guariscono. Anche io spesso sono tra quelli; non sono in sintonia, stanno vicino a Gesù ma non cambiano. Come me. Molta gente lo toccava, gli faceva ressa ma non prendevano forza da lui. Sì, erano intorno a lui per incoraggiarlo, per vedere miracoli, per ascoltarlo, per seguirlo, ma nessuno era mai riuscito ad assorbire l’energia, la forza e la dynamis del Figlio di Dio. Spesso siamo di quelli che, pur toccando il mantello del Signore, non assorbiamo la sua forza. E quanti cristiani che, pur frequentando, vivendo i sacramenti, ascoltando, facendo formazioni, incontri e aggiornamenti, non cambiano, sono sempre gli stessi! Troppi ce ne sono. Gesù cerca una relazione personale, diretta, intima. Infatti, caccia la folla e rimane solo con la donna, caccia la folla dalla casa di Giairo e rimane solo con quella famiglia. Cerca una relazione personale per renderci fecondi e guarire le nostre paternità.

Chi è che tocca il Signore? Chi ha già sofferto troppo per continuare ad illudersi con le trovate dei medici umani.

Chi è che prega veramente? Chi conosce il proprio vuoto e invoca Dio dal profondo della propria debolezza.

Chi è che tocca il Signore? Chi sa “osare”, come questa donna e come questo padre. Osare è il verbo di chi non ha perso mai la speranza. È il verbo di chi sa andare oltre gli schemi religiosi o le gabbie del senso comune. È il verbo di chi non ha paura di andare fino in fondo. Buona domenica!

Condividi su:

Facebook
WhatsApp
Email
Stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*
*

su Kaire

Articoli correlati

Mai da soli

Omelia del Vescovo Carlo in occasione della celebrazione eucaristica del 10 luglio scorso nell’ambito del Summer Holiday dell’Unitalsi Napoli, presso l’Hotel Re Ferdinando in Ischia Porto Os 10,1-3.7-8.12; Mt 10,1-7

Da discarica abusiva ad area protetta

Come nasce un’oasi WWF Tra i vari progetti dell’associazione WWF finalizzati alla tutela dell’ambiente vi è la ricerca sul territorio italiano di aree illegali di abbandono rifiuti. Le guardie ambientali