I giovani agricoltori italiani rappresentano un’eccellenza a livello europeo
Giovani agricoltori che resistono, crescono, fanno ricche le loro imprese e, in questo modo, coltivano nel vero senso della parola un’agricoltura migliore. dell’assegnazione degli Oscar Green Coldiretti – forniscono un’istantanea importante del comparto agricolo giovanile. Una fotografia che dice molto sulle possibilità che questo settore ha per il futuro, ma anche sugli ostacoli che rimangono ancora da oltrepassare.
Gli osservatori del comparto usano un termine chiaro per definire la presenza e il ruolo dei giovani in agricoltura: resilienza. Concetto che deriva anche dall’analisi dei numeri. Nell’ultimo decennio hanno chiuso i battenti 110mila imprese giovani condotte da imprenditori con meno di 30 anni di età. Il fenomeno ha toccato un po’ tutti i settori economici eccetto quello agricolo che, viene fatto notare dai coltivatori diretti, è l’unico tra i comparti principali ad avere tenuto. I dati sono quelli di Unioncamere e indicano come nel periodo 2014-2024 le imprese italiane condotte da under 30 siano passate da 514mila a 404mila, con una perdita netta del 21%. Le diminuzioni più importanti sono state registrate nelle costruzioni (-40%) e nel commercio (-34%). Il numero di imprese agricole giovanili (poco meno di 48mila) è rimasto invece pressoché invariato. Merito, come si diceva, di una dose importante di resilienza che si manifesta in attività agricole non solo tradizionali ma spesso notevolmente innovative, che spaziano dalla produzione alimentare alla tutela e valorizzazione dell’ambiente passando per la cura delle persone più svantaggiate. Resilienza che serve anche per reagire alle difficoltà che comunque ci sono: la mancanza di accesso al credito, la burocrazia, la carenza di infrastrutture e il limitato accesso alla terra ne sono alcuni esempi. Ma che dipendono anche dal contesto regionale in cui i giovani si trovano ad agire. Tenendo che in generale il 65% dei giovani agricoltori eredita aziende gestite dalla famiglia e solo il 28% avvia e gestisce imprese completamente nuove. Ma a pesare – sottolineano in Coldiretti – sono anche le situazioni strutturali che “lasciano le aziende agricole indifese rispetto agli effetti dei cambiamenti climatici, alla diffusione dei cinghiali che devastano le colture, alla concorrenza sleale dei prodotti stranieri che devastano le colture”.
Resta però il fatto che i giovani agricoltori italiani rappresentano un’eccellenza a livello europeo. Secondo una analisi Divulga sugli ultimi dati Eurostat, le aziende agricole condotte da giovani generano una produzione standard di 4.296 euro ad ettaro, circa il doppio rispetto alla media europea pari a 2.207 euro a ettaro, e ben sopra Francia (2.248 euro a ettaro), Spagna (1.828 euro a ettaro), e Germania (2.749 euro a ettaro). Numeri che dicono tutto sulle potenzialità economiche delle imprese con giovani al comando. Numeri che, tuttavia, hanno necessità di essere sostenuti da politiche più incisive rispetto a quelle attuali. Politiche che devono puntare non solo sul sostegno agli investimenti ma anche sul ricambio generazionale delle imprese creando – viene chiesto dai coltivatori – “le condizioni perché ogni giovane sia libero dai troppi lacci che ne mettono a rischio l’attività, dalla burocrazia alla concorrenza sleale dei prodotti stranieri che non rispettano le nostre stesse regole”.
Regole quindi, e buone politiche lungimiranti, condizioni che possono davvero delineare un futuro non solo per le nuove leve agricole ma per l’intero comparto della produzione alimentare e, quindi, per tutti noi. *
di Andrea Zaghi – Sir