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A tu per tu con la natura

Di fronte alla grandezza e alla maestosità, ma anche ai potenziali pericoli che la natura porta con sé, l’uomo è chiamato ad assumere un atteggiamento che gli faccia sperimentare il senso del suo limite

Quando veniamo sorpresi da un temporale improvviso siamo tutti nella stessa situazione e se non ci siamo premuniti non potremo che bagnarci da capo a piedi. In termini decisamente più drammatici sperimentiamo che anche di fronte alle calamità naturali siamo tutti uguali su questa terra e non possiamo distinguerci fra credenti o non credenti, tanto meno fra giusti ed ingiusti.

Quando ci accostiamo alla natura nella sua dimensione di stupenda bellezza, in modo apparentemente più sommesso, ma non meno intenso, ci viene offerta la stessa occasione di sentirci in una relazione di profonda comunione con tutto il genere umano. Siamo accomunati dal vivere in questo mondo e possiamo condividere un sentimento comune di grande gratitudine riguardo al mistero di tutto quello che ci circonda, dal più microscopico, al più grande fenomeno naturale. Chi crede in Dio vede nel Creato un grande progetto d’amore che ha nell’uomo il suo apice, ma anche la persona agnostica non può disconoscere il piacere di immergersi nella Natura e sperimentarne tutti i benefici fisici e spirituali.

Il tempo delle vacanze è propizio per mettersi in questa dimensione di ascolto, di accoglienza del dono che è la Terra per noi e anche la contemplazione della bellezza naturale è occasione per creare relazioni fra chi ne fruisce. Sì, perché anche chi ama avventure o esperienze solitarie, magari in località particolarmente selvagge e non frequentate dall’uomo, in fondo va alla ricerca della sua più profonda identità e quindi crea una sorta di legame silenzioso con chi come lui sceglie quella strada per conoscersi e conoscere la realtà che lo circonda. Più evidente è il beneficio relazionale che si vive quando una o più famiglie, o una comunità, o anche solo un gruppo di amici si riunisce per vivere delle esperienze insieme “ecologiche”, ovvero all’insegna del voler instaurare un rapporto rispettoso, fecondo, nel vero senso della parola ri-creativo, con quello che ci circonda. Si pensi ad una gita in montagna.

Ci sono tanti momenti per vivere insieme questa esperienza. Quando una famiglia si prepara, per esempio, studia il percorso da compiere, calcolando le difficoltà in base alle età e alle forze dei partecipanti e poi procura il necessario per il pranzo al sacco e per l’eventualità che il tempo volga al brutto. Questo lavoro di preparazione, richiede attenzione gli uni per gli altri, cementa i legami e aiuta a che ciascuno assuma il suo ruolo ed anche il suo senso di responsabilità rispetto alla piccola o grande impresa che si sta andando ad affrontare. E così, ovviamente, può valere prima di organizzare una piccola o grande spedizione in barca. L’altezza dei monti e le profondità dei mari da sempre simboleggiano ciò che per noi è affascinante, ma si presenta anche sotto forma di sfida: una sfida alla corresponsabilità. Di fronte alla grandezza e alla maestosità, ma anche ai potenziali pericoli che la natura porta con sé, l’uomo è chiamato ad assumere un atteggiamento che gli faccia sperimentare il senso del suo limite, di essere un ospite a cui è chiesto un rispetto sacro per i luoghi che intende frequentare. È il rispetto di una bellezza che viene donata non per essere posseduta ma contemplata.

Ci sono, dei comportamenti collettivi che hanno delle evidenti conseguenze sulle condizioni del pianeta e del clima ed anche su questi possiamo vigilare. Penso, che in nuce, è quello che si può apprezzare quando un genitore rimprovera un figlio che lascia per strada un rifiuto o lo invita a non strappare un fiore raro e a saperlo apprezzare senza il desiderio di impossessarsene fisicamente.

Camminare in un prato incontaminato, o solcare uno specchio d’acqua cristallina suscitano nel nostro animo gioia e piacere ma dovremmo essere capaci di non fermarci a questo livello di godimento e riuscire a maturare quel desiderio di cura, protezione e salvaguardia del Pianeta che ci è stato affidato, uniti in questo – come si diceva – dall’essere uomini, prima ancora che dalla nostra appartenenza religiosa.

Abituati a possedere, consumare e scartare molto di quanto abbiamo accaparrato solo per noi stessi, quando ci accostiamo alla natura – ricordando anche i tanti ammonimenti di Papa Francesco in tale direzione – possiamo esercitare uno stile contemplativo della vita che ci fa dire “grazie” percependo che nulla di ciò che ci circonda è nostro e dovremmo non dare per scontata neanche la luce di ogni nuovo giorno.

di Giovanni M. Capetta – Sir

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