Durante l’Angelus di domenica scorsa il Papa ha commentato: «Il Vangelo della liturgia odierna (Mc 6,30-34) narra che gli apostoli, ritornati dalla missione, si radunano intorno a Gesù e gli raccontano quello che hanno fatto; allora Lui dice loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». La gente però capisce i loro movimenti e, quando scendono dalla barca, Gesù trova la folla che lo aspetta, ne sente compassione e si mette a insegnare. Dunque, da una parte l’invito a riposare e, dall’altra, la compassione di Gesù per la folla – è molto bello fermarsi a riflettere sulla compassione di Gesù –. Sembrano due cose inconciliabili, l’invito a riposare e la compassione, e invece vanno insieme: riposo e compassione. Vediamo.
Gesù si preoccupa della stanchezza dei discepoli. Forse sta cogliendo un pericolo che può riguardare anche la nostra vita e il nostro apostolato, quando ad esempio l’entusiasmo nel portare avanti la missione, o il lavoro, così come il ruolo e i compiti che ci sono affidati ci rendono vittime dell’attivismo, e questa è una cosa brutta: troppo preoccupati delle cose da fare, troppo preoccupati dei risultati. E allora succede che ci agitiamo e perdiamo di vista l’essenziale, rischiando di esaurire le nostre energie e di cadere nella stanchezza del corpo e dello spirito. È un monito importante per la nostra vita, per la nostra società spesso prigioniera della fretta, ma anche per la Chiesa e per il servizio pastorale: fratelli e sorelle, stiamo attenti alla dittatura del fare!
E questo può succedere per necessità anche nelle famiglie, quando per esempio il papà per guadagnare il pane è costretto ad assentarsi per lavoro, dovendo così sacrificare il tempo da dedicare alla famiglia. Spesso escono al mattino presto, quando i bambini stanno ancora dormendo, e tornano tardi la sera, quando sono già a letto. E questa è un’ingiustizia sociale. Nelle famiglie, papà e mamma dovrebbero avere il tempo per condividere con i figli, per far crescere questo amore famigliare e non cadere nella dittatura del fare. Pensiamo a cosa possiamo fare per aiutare le persone che sono costrette a vivere così. … E allora dal Vangelo impariamo che queste due realtà – riposo e compassione – sono legate: solo se impariamo a riposare possiamo avere compassione. Infatti, è possibile avere uno sguardo compassionevole, che sa cogliere i bisogni dell’altro, soltanto se il nostro cuore non è consumato dall’ansia del fare, se sappiamo fermarci e, nel silenzio dell’adorazione, ricevere la Grazia di Dio».
San Francesco d’Assisi aveva compassione del dolore del prossimo, trascurando la propria salute per dedicarsi instancabilmente alla salute delle anime. Quest’attivismo lo consumava fisicamente, tanto da ammalarsi gravemente di diverse patologie. “Una notte, essendo sfinito più del solito per le gravi e diverse molestie delle sue malattie, cominciò nell’intimo del suo cuore ad avere compassione di se stesso. Ma, affinché lo spirito sempre pronto non provasse, neppure per un istante, alcuna debolezza umana per il corpo, invocò Cristo e col suo aiuto tenne saldo lo scudo della pazienza.
Mentre pregava così impegnato in questa lotta, Signore gli promise la vita eterna con questa similitudine: «Supponi che la terra e l’universo intiero sia oro prezioso di valore inestimabile e che, tolto ogni dolore, ti venga dato per le tue gravi sofferenze un tesoro di tanta gloria che, a suo confronto, sia un niente l’oro predetto, neppure degno di essere nominato; non saresti tu contento e non sopporteresti volentieri questi dolori momentanei?». «Certo sarei contento–rispose il Santo–e sarei contento smisuratamente!». «Esulta dunque,–conclude il Signore–perché la tua infermità è caparra del mio regno e per il merito della pazienza devi aspettarti con sicurezza e certezza di aver parte allo stesso regno ». Quanta esultanza pensi che abbia provato questo uomo, beato per una promessa così felice? Con quanta pazienza, non solo, ma anche con quanto amore avrà abbracciato le sofferenze fisiche? Soltanto lui lo sa adesso perfettamente, perché allora non fu in grado di esprimerlo. Tuttavia ne fece qualche cenno ai compagni, come poté. In quella circostanza compose alcune Lodi delle creature, in cui le invita a lodare come è loro possibile, il Creatore (FF 802)”.
Papa Francesco conclude: «La Vergine Santa ci aiuti a “riposare nello Spirito” anche in mezzo a tutte le attività quotidiane, e ad essere disponibili e compassionevoli verso gli altri».