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La fecondità della Parola

Il 7 agosto scorso papa Francesco ha ripreso le catechesi del mercoledì dopo la pausa estiva: «Con la catechesi odierna entriamo nella seconda fase della storia della salvezza. Dopo aver contemplato lo Spirito Santo nell’opera della Creazione, lo contempleremo per alcune settimane nell’opera della Redenzione, cioè di Gesù Cristo. Passiamo, dunque, al Nuovo Testamento e vediamo lo Spirito Santo nel Nuovo Testamento. Il tema di oggi è lo Spirito Santo nell’Incarnazione del Verbo. Nel Vangelo di Luca leggiamo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te» – o Maria –, «su te stenderà la sua ombra la po­tenza dell’Altissimo» (1,35). L’evangelista Matteo conferma questo dato fondamentale che riguarda Maria e lo Spirito Santo, dicendo che Maria «si trovò incinta per opera dello Spirito Santo” (1,18). La Chiesa ha raccolto questo dato rivelato e lo ha collocato ben presto nel cuore del suo Simbolo di fede. Nel Concilio Ecumenico di Costantinopoli, del 381 – quello che definì la divinità dello Spirito Santo –, tale articolo entrò nella formula del “Credo”, che si chiama appunto Niceno-Costantinopolitano, ed è quello che recitiamo in ogni Messa. Esso afferma che il Figlio di Dio «per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo». Si tratta dunque di un dato di fede ecumenico, perché tutti i cristiani professano insieme quel medesimo Simbolo della fede. La pietà cattolica, da tempo immemorabile, ne ha tratto una delle sue preghiere quotidiane, l’Angelus. Questo articolo di fede è il fondamento che permette di parlare di Maria come della Sposa per eccellenza, che è figura della Chiesa. Infatti Gesù – scrive San Leone Magno – «come è nato per opera dello Spirito Santo da una vergine madre, così rende feconda la Chiesa, sua Sposa illibata, con il soffio vitale dello stesso Spirito”. Questo parallelismo è ripreso nella Costituzione dogmatica Lumen gentium del Vaticano II, che dice così: «Per la sua fede e obbedienza Maria generò sulla terra lo stesso Figlio di Dio, senza contatto con uomo, ma adombrata dallo Spirito Santo. […] Orbene, la Chiesa contemplando la santità misteriosa della Vergine, imitandone la carità e adempiendo fedelmente la volontà del Padre, per mezzo della Parola accolta con fedeltà, diventa essa pure madre, poiché con la predicazione e il battesimo genera a una vita nuova e immortale i figli, concepiti ad opera dello Spirito Santo e nati da Dio».

Sull’esempio di San Francesco ma soprattutto della Vergine Maria i frati francescani amavano generare figli di Dio con la Parola durante le predicazioni e di più con una vita credibile sulle orme del Vangelo, nella semplicità e nell’umiltà. “Francesco diceva che è da compiangere, perché privo di pietà vera, sia il predicatore che, nella sua predicazione, ricerca non la salvezza delle anime, ma la propria gloria; sia il predicatore che con la malvagità della vita distrugge quanto ha edificato con la verità della dottrina. Diceva che a costoro è preferibile uno semplice e privo di lingua, ma capace di spingere gli altri al bene col suo buon esempio. Aveva un suo modo di spiegare l’espressione biblica: Anche la sterile ha partorito molti figli. “La sterile, diceva, è il frate poverello, che non ha nella Chiesa l’ufficio di generare figli. Costui, nel giorno del giudizio, partorirà molti figli, nel senso che in quel giorno il Giudice ascriverà a sua gloria quelli che egli ora converte con le sue preghiere nascoste. Colei che ha molti figli diventerà infeconda, nel senso che il predicatore vanitoso e loquace, il quale ora si rallegra di avere molti figli, come se li avesse generato per propria virtù, allora conoscerà che, in costoro, lui non ha niente di suo (FF 1136)”.

Papa Francesco continua: «Concludiamo con una riflessione pratica per la nostra vita, suggerita dall’insistenza della Scrittura sui verbi “concepire” e “partorire”. Nella profezia di Isaia sentiamo: «Ecco la vergine concepirà e partorirà un figlio» (7,14); e l’Angelo dice a Maria: «Concepirai un figlio, lo darai alla luce» (Lc 1,31). Maria ha prima concepito, poi partorito Gesù: prima lo ha accolto in sé, nel cuore e nella carne, poi lo ha dato alla luce.

Così avviene anche per la Chiesa: prima accoglie la Parola di Dio, lascia che “parli al suo cuore” (cfr Os 2,16) e le “riempia le viscere” (cfr Ez 3,3), secondo due espressioni bibliche, per poi darla alla luce con la vita e la predicazione. La seconda operazione è sterile senza la prima».

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