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Commento al Vangelo Mc 7,31-37

Nel Vangelo di Marco di questa domenica, Gesù porta i suoi discepoli a fare un lungo tour fuori Israele, dopo il fallimento del segno della moltiplicazione dei pani. Egli va in un luogo dove mai nessun ebreo si era sognato di andare, a vedere il mondo vero, a vedere le parti di Tiro e di Sidone. Egli si ritrova nel territorio della Decapoli; erano dieci città pagane a statuto speciale che i romani quando hanno invaso nel 70 a.C il territorio allora detto Siria-Palestina, oggi Israele, vollero strappare al dominio politico e religioso degli ebrei. E così in queste dieci città di origine greca, si praticavano culti pagani ad altre divinità, altre religiosità. Gli ebrei vedevano con il fumo negli occhi questa situazione. Invece Gesù ci va, dice il testo “attraversa”, “passa dentro” quella realtà; ci va perché egli ha qualcosa da portare; è venuto per le pecore smarrite. E lì gli amici gli portano un uomo sordomuto, anzi per essere precisi secondo il termine greco, un uomo sordo-balbuziente: non sente e fa fatica a parlare.

Mi sembra che senza forzare troppo la Parola, possiamo identificarci in questi personaggi: Bartimeo, Zaccheo, Lazzaro ma anche in questo sordo-balbuziente. Egli è un po’ come noi immersi in questa società, sordi, fatichiamo ad ascoltarci gli uni gli altri; pensiamo al livello di conflittualità, di rissa che purtroppo c’è anche tra noi cristiani; purtroppo ci esprimiamo ad alta voce. Questi strumenti bellissimi che erano stati inventati, la rete e i social, bellissimi per comunicare, sono diventati luoghi per suonarcene di santa ragione. Quell’uomo è sordo, non ascolta, non sente ma neanche sa parlare, balbetta, non viene capito. Un particolare nel testo è molto interessante: sono gli amici a portarlo da Gesù. Ormai la fama di Gesù era diventata grande; era stato preso per un santone, un guaritore; siamo nel territorio fuori Israele, di culti pagani intrisi di questi miracolismi.

È bello quando ci sono degli amici che ci portano davanti al Signore ad esempio nella preghiera; penso alle persone che sono in grave difficoltà, quelle che non vogliono sentire ragioni, quelle che non sanno comunicare; quante litigiosità, quante incomprensioni all’interno delle famiglie, delle comunità, dei luoghi di lavoro e spesso le parole che diciamo non vengono recepite, si rivoltano contro. In quel caso non c’è che una cosa da fare senza intestardirsi: portare queste persone davanti a Gesù nella preghiera, nell’adorazione, nella meditazione con il pensiero e con il cuore. Il testo prosegue dicendo che Gesù lo prende in disparte, lo tira fuori da quella città, lontano dalla folla. Nel vangelo di Marco spesso la folla ha una valenza negativa (Luca immagina già un percorso di redenzione della folla), come se l’eccessiva influenza, le troppe cose che dicono gli altri, come se il giudizio degli altri ci impediscano di comunicare e di sentire. Quanto è vero questo! Quanto fatichiamo a staccarci dagli altri (fate un po’ voi chi sono questi altri). Quante volte tutta la nostra vita è concentrata sul far piacere agli altri, sul fare quello che gli altri si aspettano, oppure è concentrata a temere il loro giudizio; spesso siamo come dei paralizzati; e Gesù ci porta fuori.

Questo è un bel consiglio per il nuovo anno pastorale che è alle porte: ci fa bene uscire dai luoghi comuni, dal modo di pensare degli altri, uscire dalla folla, uscire dalla demagogia, uscire dalla rissa, uscire dal timore di quello che pensano gli altri. Una comunità che non ha il coraggio di dedicarsi alla spiritualità, al silenzio, rischia veramente di lasciarsi impelagare dal pensiero mondano, pagano, dal pensiero giudicante, dal pensiero che ci impedisce di comunicare. Proviamo in questa domenica a concentrarci sul livello della nostra comunicazione, sulla capacità di ascoltare gli altri, senza interromperli continuamente, senza voler sempre ragione. E Gesù interviene, Gesù agisce, tocca con la sua saliva le orecchie e le labbra di questo sordo-balbuziente; gli intima “Effatà, Effatà”, “Apriti”.  Si pensava che la saliva contenesse lo spirito vitale; quando Dio fa il fango e da la vita al primo umano, Adam, gli soffia, gli sputa addosso, gli trasmette la propria essenza, il proprio spirito vitale. Gesù per guarire, per liberare, per permettere a questa persona di tornare ad imparare a comunicare a relazionarsi, gli da un po’ della sua prospettiva, un po’ di sé stesso. E lui comincia a parlare e ad ascoltare.

Allora il messaggio straordinario del Vangelo di oggi è “Effatà”. Magari abbiamo passato l’estate riposandoci o siamo più stanchi di prima, però se facciamo fatica con le persone a comunicare o siamo un po’ sordi alle esigenze degli altri, presentiamoci al Signore che ancora grida al nostro cuore, alla nostra vita, alla nostra anima: “Apriti! Apriti! Apriti! Apriti alla speranza, apriti al sorriso, apriti alla fede, alla comunicazione, al buon umore! Non abbiate paura!”. Certo che non è facile; certo che attivare una buona comunicazione con gli altri, ma anche ascoltare noi stessi, i nostri desideri, i nostri bisogni, ascoltare la nostra anima non è facile. Abbiamo bisogno di Cristo, senza di lui non possiamo fare nessun percorso di sapienza, di felicità. Buona domenica!

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