Nella cattedrale di Dili, in Timor-Leste, il Papa ha parlato alle guide pastorali del Paese sottolineando come la fede sia un’essenza buona e preziosa da custodire e diffondere allo stesso tempo.
È noto l’aspetto “multisensoriale” a cui tanti discorsi di Papa Francesco ci hanno abituato, in particolare quando sono pronunciati in trasferta e non possono non tener conto delle peculiarità culturali dei popoli visitati. Emerge anche in Timor-Leste, dove l’abbondanza del legno di sandalo, con la sua fragranza apprezzata e ricercata, suggerisce a Bergoglio – nel suo rivolgersi alle guide pastorali riunite nella cattedrale dell’Immacolata Concezione, nel cuore della capitale – di ricorrere al brano evangelico che racconta la scena intima e suggestiva di Maria, sorella di Marta e Lazzaro, e del profumo di nardo sparso sui piedi di Gesù. Si attiva così la metafora olfattiva: la fede cristiana è un’essenza buona e preziosa da custodire e diffondere allo stesso tempo. E il Papa ne spiega le modalità da attuarsi nella società contemporanea del Paese sud asiatico.
Nella chiesa consacrata sotto l’occupazione indonesiana
“Bisogna ingrandire la cattedrale!”, dice il Papa rallegrato di tanta gente, tanti seminaristi che sono dovuti rimanere all’esterno. Il Pontefice è accolto da una folla gremita prima di entrare nell’imponente chiesa, una delle più grandi strutture del sud- est asiatico e dal design moderno, inaugurata nel 1988. Una danza di benvenuto con bambini che gli offrono dei fiori. È tutto un brulicare di gente, di genuflessioni; anche qui l’affetto è fortissimo. Sempre portato in carrozzina, si ferma numerose volte a benedire le suore e si trattiene a scambiare qualche parola. Prima di salire sull’altare, saluta un gruppo di persone con disabilità, quasi a voler prolungare l’esperienza di prossimità verso i bambini con handicap fisici e mentali che poco prima ha incontrato nella scuola Irmãs Alma e con cui ha iniziato la sua seconda giornata nel Paese.
Francesco approda in questa nuova e piccola nazione, dove è concentrato il più alto numero di cattolici al mondo, a 35 anni dalla visita di Giovanni Paolo II – lui consacrò in quella occasione questa chiesa – che fu l’unico capo di Stato straniero a recarvisi durante l’occupazione indonesiana. Erano “tempi difficili in cui era soggiogata”, ricorda nel suo saluto monsignor Norberto do Amaral, presidente dei vescovi. Rinascendo dalle ceneri della distruzione, sono ancora le parole del presule che riecheggiano quelle già pronunciate dal Papa alle autorità, essa è riuscita a rialzarsi e a restare in piedi. Ora è chiamata ad essere “sale e luce”, ancor di più se si considera che i giovani qui sono in crescita e possono essere motore propulsivo anche di nuova evangelizzazione.
Mediocrità e tiepidezza spirituale sempre in agguato
Proprio il messaggio a intraprendere un rinnovato slancio missionario è al centro del discorso in spagnolo di Francesco che innanzitutto ribadisce un motto fondamentale: è ai confini che si trova il centro del Vangelo. Insiste infatti nel rovesciare quelli che sono pregiudizi o luoghi comuni: le periferie non sono scarti da trascurare ma, nel cuore di Cristo, sono il centro. Tutto il Vangelo, precisa, ne è un esempio. “Una Chiesa che non è capace di arrivare ai confini e che si nasconde nel centro, è una Chiesa molto malata”, aggiunge a braccio. In questa frontiera, il Papa riconosce che il corpo della Chiesa è il profumo della Buona Notizia, tuttavia, non va dimenticato che “il profumo ricevuto dal Signore va custodito con cura”. “Significa essere consapevoli del dono ricevuto, ricordarci che il profumo non serve per noi stessi ma per ungere i piedi di Cristo, annunciando il Vangelo e servendo i poveri, significa vigilare su sé stessi perché la mediocrità e la tiepidezza spirituale sono sempre in agguato. “
Cita, a braccio, il cardinale De Lubac a proposito di mediocrità e mondanità: la cosa peggiore che può succedere alle donne e agli uomini di Chiesa.
Alimentare, purificare e inculturare la fede: così la è Chiesa feconda
“Sempre dobbiamo alimentare la fiamma della fede”, sottolinea il Papa. Il seme gettato infatti dai predecessori non può bastare, bisogna rinvigorirlo. E fa a questo riguardo un’aggiunta: “Se siete una Chiesa che non è capace di inculturare la fede, che non è capace di esprimere la fede nei valori propri di questa terra, sarà una Chiesa eticista e non feconda”.
” […] Non trascurate di approfondire la dottrina cristiana, di maturare nella formazione spirituale, catechetica e teologica; perché tutto questo serve ad annunciare il Vangelo nella vostra cultura e, nello stesso tempo, a purificarla da forme e tradizioni arcaiche e talvolta superstiziose. Ci sono tante cose belle nella vostra cultura, penso specialmente alla fede nella risurrezione e nella presenza delle anime dei defunti; però tutto questo va sempre purificato alla luce del Vangelo e della dottrina della Chiesa. “
Uscire da una religiosità pigra
La fede, torna a dire il Successore di Pietro, non può essere considerata un tesoro geloso – “tutto quello che abbiamo è un dono” – ma deve essere vissuta con una spinta propulsiva che sprona all’esterno, che travalica, contagia, altrimenti contraddice sé stessa. L’immagine di Maria che rompe il vasetto di profumo per aromatizzare l’intera casa ne è modello. E qui il Papa si compiace della testimonianza di suor Rosa che ha parlato di Chiesa in movimento, quando cioè è bruciata dalla passione di portare a tutti la gioia del Vangelo.
“L’evangelizzazione avviene quando abbiamo il coraggio di “rompere” il vaso che contiene il profumo, rompere il “guscio” che spesso ci chiude in noi stessi e uscire da una religiosità pigra, comoda, vissuta soltanto per un bisogno personale.”
Il Vangelo come antidoto a ciò che umilia la dignità
Al Paese serve un “profumo di riconciliazione e di pace dopo gli anni sofferti della guerra”, scandisce ancora il Papa. E prosegue a elencare le declinazioni con cui i cristiani devono diffondere l’insegnamento di Gesù, lo fa con richiami molto concreti alla realtà locale e alle sue criticità, mantenendo quel tenero riferimento al profumo:
“[…] Un profumo di compassione, che aiuti i poveri a rialzarsi e susciti l’impegno per risollevare le sorti economiche e sociali del Paese; un profumo di giustizia contro la corruzione. State attenti: spesso la corruzione entra nelle nostre comunità, nelle nostre parrocchie.E, in particolare, il profumo del Vangelo bisogna diffonderlo contro tutto ciò che umilia, deturpa e addirittura distrugge la vita umana, contro quelle piaghe che generano vuoto interiore e sofferenza come l’alcolismo, la violenza, la mancanza di rispetto per la dignità delle donne. Il Vangelo di Gesù ha la forza di trasformare queste realtà oscure e di generare una società nuova”.
Le donne, la parte più importante della Chiesa
A braccio ancora una sottolineatura sulla importanza della presenza femminile nella Chiesa, decisiva, secondo Francesco, che fa riferimento a quanta cura ha visto finora proprio da parte delle donne.
“Il messaggio che voi religiose portate di fronte al fenomeno della mancanza di rispetto per le donne è che le donne sono la parte più importante della Chiesa, perché si occupano dei più bisognosi: li curano, li accompagnano … vengo dall’aver visitato quella bella casa d’accoglienza per i più poveri e i più bisognosi. Sorelle, siate le madri del popolo di Dio; abbiate il coraggio di far nascere le comunità, siate madri. Questo è quello che chiedo a voi.”
Appassionati, preparati, creativi, senza superbia
Ringraziando infine il catechista Florentino, “edificante”, per il suo “bellissimo ministero”, al quale non si sono paralizzate le labbra per annunciare il Vangelo e per battezzare, Francesco vuole dare un sussulto di Vangelo, perché di questo, dice, c’è bisogno: preti, religiosi, catechisti “appassionati, preparati, creativi”. Sì, “Serve creatività nella missione”. Il concetto che il Papa intende ribadire è che, lo dice esplicitamente, “il prete è strumento di benedizione e mai deve approfittare del suo ruolo”. Ricorda che il diavolo entra dalle tasche, lo aveva detto pure ai vescovi indonesiani. “Il ministero è un servizio”, e se qualcuno non si sente in grado di salvaguardare il legame con il popolo, insiste, vada a chiedere consiglio a un prete saggio. “Amate la povertà come la vostra sposa”, scandisce Francesco. Ancora una raccomandazione che ha che fare con un appellativo di riverenza usato dai fedeli nei confronti del sacerdote, “Amu” (“signore”): “[…] questo non deve farvi sentire superiori al popolo, indurvi nella tentazione della superbia e del potere; non deve farvi pensare al vostro ministero come un prestigio sociale, agire come capi che schiacciano gli altri. Ricordiamoci questo: col profumo si ungono i piedi di Cristo, che sono i piedi dei nostri fratelli nella fede, a partire dai più poveri.”
Infine, chiosa con un ringraziamento agli anziani (“sono loro il nostro modello”).
di Antonella Palermo – Vatican News
Immagini: Vatican Media/SIR