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Dio ha messo la Chiesa nelle nostre mani

Prima riunione del Consiglio Pastorale Diocesano per l’avvio del nuovo Anno Pastorale

Il Vescovo Carlo ha convocato il Consiglio Pastorale Diocesano martedì 17 settembre scorso, per porre le basi per il nuovo Anno Pastorale. La Diocesi ha alle spalle il lungo cammino sinodale, da poco concluso, e davanti il prossimo Giubileo indetto da Papa Francesco per il 2025, il cui motto è “Pellegrini di speranza”.

A quella Chiesa – ha detto il Vescovo – che attraverso il Sinodo ha imparato ad ascoltare e a camminare insieme, ora viene chiesto di progettare nella speranza, così come ha scritto Papa Francesco nella lettera con la quale, nel febbraio del 2022 affidava a Mons. Fisichella il compito di preparare adeguatamente il prossimo Giubileo. Così scrive il Papa: “Dobbiamo tenere accesa la fiaccola della speranza che ci è stata donata e fare di tutto perché ognuno riacquisti la forza e la certezza di guardare al futuro con animo aperto, cuore fiducioso e mente lungimirante” e, ancora, nel paragrafo n.1 della Bolla di indizione del Giubileo Spes non confundit aggiunge: “Possa il Giubileo essere occasione di rianimare la speranza”.

 La speranza, ma anche il sogno per il futuro della Chiesa sono le premesse da cui il Vescovo è partito per il dialogo con l’assemblea diocesana. In apertura il Vescovo ha precisato che è necessario guardare al futuro avendo nel cuore e nella mente quanto si è fatto fino ad oggi, pensando alla Chiesa di Ischia così come la immaginiamo nel futuro prossimo, essendo pellegrini di speranza:

«Cosa significa per noi cristiani vivere la speranza? Quale è la speranza dell’isola d’Ischia?  Credo che il cammino della nostra Chiesa si inquadri in un cammino più grande, che è il cammino di tutta la Chiesa e del Giubileo».

È necessario – ha precisato – individuare alcuni temi e aspetti da sviluppare, o urgenze sulle quali intervenire e in questo senso ha importanza la consultazione del Consiglio Pastorale Diocesano, che deve essere non un esercizio di vuota retorica, ma riflessione su atti e opere da realizzare concretamente:

«Non dobbiamo dunque parlare solo per il piacere di farlo, è necessario dare delle indicazioni pratiche, le indicazioni devono essere chiare e praticabili».

A tale proposito è stato citato – a titolo di esempio concreto – il lavoro fatto fino ad oggi, e non ancora terminato, nel Centro di Prima Accoglienza che si trova in Forio, località Scentone, molto attivo negli anni scorsi nell’accoglienza delle persone in emergenza abitativa o in condizione di instabilità familiare ed economica, ma anche, di recente, punto di accoglienza per i migranti. Le vicende legate a questo centro, attualmente in attesa di essere riaperto, con tutte le difficoltà che la Diocesi ha incontrato nella sua gestione, sono un esempio di opera concreta che mette in pratica il Vangelo della carità e dell’accoglienza e, insieme anche alla struttura per anziani Don Orione in Casamicciola, recentemente acquistata dalla Diocesi, sono il segno di una Chiesa che va incontro alle necessità dei più fragili e deboli.

L’impegno pastorale corrisponde precisamente al dovere di ogni cristiano di fare la volontà di Dio, dove la parola ‘fare’ significa ‘realizzare concretamente – ha precisato – e quest’anno tutto si svolgerà all’interno del percorso giubilare.

Dagli interventi che si sono susseguiti durante l’incontro è emerso il desiderio di contribuire con il proprio operato, ognuno secondo le proprie capacità, alla realizzazione del progetto pastorale, ma non sono mancate le preoccupazioni e i timori. La Chiesa evolve verso un modello nuovo, che, come ha sottolineato più volte il Vescovo, richiede un maggiore impegno da parte dei laici, una Chiesa che sempre meno vede la gestione esclusiva del sacerdote e sempre più chiede che i laici siano corresponsabili e non solo collaboratori dei progetti del parroco.

Molte le perplessità a tale riguardo espresse in Consiglio, in particolare sulla capacità dei laici, non formati, di svolgere alcuni ruoli e sulla natura e l’articolazione della formazione stessa. Inoltre, è emerso il problema dei giovani, che, sempre più distanti dai discorsi e dal linguaggio della Chiesa, vivono una vita autonoma, orientata da modelli esistenziali distanti da ciò che propone la Chiesa, seguendo una morale che sembra sempre più allontanarsi da quella cristiana per assumere i tratti della autoreferenzialità, mentre la Chiesa di Ischia non sembra in grado di offrire spazi formativi come una volta (si pensi al buon vecchio oratorio).

Anche i giovani, pur dotati di passione e buona volontà, hanno espresso all’assemblea la sensazione che la Chiesa di Ischia rimanga nelle gabbie del particolarismo e dei campanilismi, che non favoriscono la sinodalità e la comunione e rendono impossibile quel camminare insieme, aspettandosi, ascoltandosi e rispettandosi come ci ha insegnato il recente Sinodo. Inoltre trovano difficoltà nell’inserimento attivo nella vita delle parrocchie a causa della resistenza dei più anziani che faticano a cedere il passo ai giovani.

A tale riguardo il Vescovo ha sottolineato che è necessaria in tutti gli operatori una ‘conversione sinodale’, è necessario avviare percorsi di formazione, perché nel cambiamento dobbiamo avere parte attiva e costruttiva. È necessario inoltre abbandonare la condizione di passività: le continue lamentazioni, unite ad un atteggiamento passivo e fatalista, ci farebbero trovare impreparati e incompetenti rispetto ad un cambiamento che è irreversibile.

«Dobbiamo chiederci come formare i laici e che tipo di formazione dobbiamo offrire. È un passaggio importante poiché, se noi ci prepariamo, saremo in grado di affrontare il futuro con competenza, altrimenti saremo colti impreparati. Siamo preparati, siamo pronti? O verremo travolti da parrocchie senza preti che nessuno saprà gestire?».

Il vescovo ha concluso ricordando che la Chiesa è nelle nostre mani, e vi è stata messa da Dio stesso. Questa è una responsabilità di cui bisogna prendere consapevolezza.

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