C’è la necessità, soprattutto per le giovani generazioni, immerse nella fugacità della comunicazione digitale, di apprendere l’arte del dialogo
La tristissima notizia di Traversetolo, dove Chiara ha sepolto due figli appena nati, ancora una volta ci interpella nel profondo. Da quanto è stato fin qui ricostruito, è evidente che questa ragazza, bravissima a detta di tutti, non ha saputo condividere con nessuno, neppure il padre dei suoi figli, quanto stava vivendo. Perché questa tremenda solitudine? Questa impossibilità ad entrare in dialogo con qualcuno che potesse capire e aiutarla?
Pur trattandosi di un caso eclatante, non possiamo nasconderci che sia indicativo di quanto oggi la capacità di comunicare e relazionarsi sia in forte crisi, forse con maggiore rilevanza fra le ultime generazioni, quelle di chi fin dalla nascita ha avuto a disposizione le sempre più invadenti nuove tecnologie. Tutti connessi, ovunque e ventiquattrore su ventiquattro, molti quasi dipendenti dal loro smartphone, oggi comunichiamo attraverso le piattaforme di messaggistica e i vari Social, in un botta e risposta che ci vede fisicamente distanti dall’interlocutore e appunto costantemente “mediati”, con inevitabili conseguenze sul piano cognitivo ed emotivo. Con i messaggi di testo, o con gli stessi vocali di WhatsApp (che non a caso possono essere ascoltati a doppia velocità!), ci affidiamo ad una comunicazione di fatto parziale, frettolosa, superficiale, che spesso può generare fraintendimenti o incomprensioni. Frequentemente gli scambi sono apprezzamenti fugaci, ma anche accuse, o giudizi senza appello che creano ferite e divisioni. I ragazzi, ma anche le giovani coppie e le famiglie che si vanno formando sembra che non conoscano più quella che potremmo chiamare l’arte del dialogo.
Un dialogo autentico non è semplicemente lo spazio in cui si confrontano, o scontrano, le emozioni del momento, ma è luogo in cui ciascuno può sentirsi libero di esprimere le sue ragioni e anche ammettere le debolezze, o riconoscere ciò che lo sta facendo soffrire. Per essere autentiche, per sentirsi a loro agio, le persone, anche e soprattutto quelle che hanno intrapreso una storia d’amore, hanno bisogno di gradualità, di procedere con calma, rispettandosi reciprocamente nei tempi, nei ritmi, sapendo accogliere dell’altro anche i silenzi, le indecisioni, le paure. Chi è ben intenzionato a dialogare ha stretto un patto di fiducia e rispetto con il suo interlocutore, ha stabilito delle regole implicite che si traducono in ogni parola, in tutte le forme del linguaggio, nel tono della voce, nella stessa postura del corpo. Si può cadere, trascendere, ma poi rialzarsi, perdonando ed essendo perdonati. Si potrebbe dire che il vero dialogo procede “di inizi in inizi”, è sempre nuovo, non dà mai nulla per scontato, offre la possibilità di un reciproco arricchimento continuo. Una relazione affettiva che ha raggiunto maturità dialogica consente a ciascuno dei due di sapersi davvero mettere nei panni dell’altro, di passare dalla simpatia alla immedesimazione più profonda. Le coppie che si sono allenate all’arte del dialogo fin dal loro nascere, avranno più strumenti per dar vita a famiglie in cui fiorisca uno stile di comunicazione improntato alla trasparenza e alla fiducia. Anche nei confronti dei figli, la trasmissione dei valori ha modo di “passare” con molta più efficacia quando i genitori si dimostrano aperti al confronto e all’accoglienza prima che ad esprimere critiche o giudizi.
Forse, proprio il tragico gesto compiuto dalla giovanissima Chiara, che ci turba così tanto, si sarebbe potuto evitare se la giovane donna avesse trovato le condizioni per rivelare il suo grave disagio senza sentirsi condannata, senza ritenere di aver tradito in modo irreparabile la sua reputazione.
Le famiglie cristiane sono chiamate ad offrire quotidianamente una testimonianza forte nella capacità di accogliere l’altro, anche e soprattutto quando è in crisi, nello smarrimento, o nell’errore. Famiglie trasparenti al loro interno costruiscono insieme un terreno predisposto all’ascolto e riducono il pericolo dell’isolamento e dell’ostracismo.
Pur consapevoli che non viviamo tempi facili, è importante che cerchiamo di guardare al futuro con speranza. Sono tanti gli uomini e le donne che crescono nell’amore vero frequentando con assiduità e pazienza la scuola del dialogo. Queste famiglie sono segno vivo che quando prevale l’incontro rispetto allo scontro, quando si è disposti a donare più che a ricevere, anche nei terreni più segnati dal dolore si possono seminare germi di riconciliazione e di pace.
di Giovanni M. Capetta – Sir