Scomparso a Lima, a 96 anni, il teologo e religioso domenicano tra i fondatori della teologia focalizzata sulla liberazione delle persone e l’emancipazione dei poveri, verso i quali chiedeva alla Chiesa “un’opzione preferenziale”. Papa Francesco sei anni fa lo ringraziò per il suo servizio. Ha pubblicato un libro a quattro mani con l’allora prefetto dell’ex Sant’Uffizio, il cardinale Müller
Il capitolo 25 del Vangelo di Matteo, quello delle Beatitudini, era la sua bussola. Il mandato di Cristo – “tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, lo avete fatto a me” – la cifra del suo pensiero. L’“opzione per i poveri” il suo assillo. Nella notte di martedì 22 ottobre è morto nel convento di San Domenico a Lima (Perù) Gustavo Gutiérrez, teologo e religioso domenicano considerato “padre” della Teologia della Liberazione. Aveva 96 anni. Una vita lunga, trascorsa a studiare, a pensare, riflettere, a parlare e spesso a lottare. Lottare per un pensiero teologico talvolta criticato o guardato con sospetto, ma che, come affermava lui, affondava le radici in nient’altro che il Vangelo. Quella Buona Notizia e il suo messaggio dirompente che al primo posto ci sono i poveri, gli ultimi, i semplici.
L’opzione preferenziale per i poveri
È stato lui a coniare l’espressione “opzione preferenziale per i poveri”, poi integrata nel Magistero della Chiesa come cammino fondamentale per vivere la fede. Giovanni Paolo II riconobbe infatti “che l’opzione preferenziale per i poveri non è esclusiva né escludente, ma è ferma e irrevocabile”. Mentre Benedetto XVI, nel 2007 nel santuario di Aparecida, in Brasile, affermò che “l’opzione preferenziale per i poveri è implicita nella fede cristologica in quel Dio che si è fatto povero per noi”.
La Messa con il Papa a Santa Marta
Tanti i ricordi che si avvicendano in queste ore su quest’uomo che “piccolo com’era, con la sua piccolezza ha saputo annunciarci il Vangelo con forza e coraggio”, come scrive in una nota di cordoglio l’arcivescovo di Lima, il cardinale Carlos Castrillo. Tante anche le immagini che tornano alla mente, a cominciare da quella simbolica dell’11 settembre 2013 di Gutiérrez che celebra la Messa a Santa Marta insieme a Francesco, Papa da circa sei mesi. Loro due, l’uno a fianco all’altro, all’altare della cappellina della Domus vaticana.
“Grazie per la sua testimonianza”, era quello che Gutiérrez disse al Papa argentino, come confidava in una lunga intervista per L’Osservatore Romano, pubblicata proprio l’11 settembre 2013. Nello stesso colloquio il domenicano chiariva le direttrici della sua teologia, “piena di risorse” perché il suo centro – la povertà – era “sempre lì”, “sempre più urgente”. E non si tratta di “poverologia”, spiegava: “Bisogna chiarire che il termine povertà è complesso, poiché c’è la povertà reale, che riguarda la situazione di chi non conta niente, di chi è insignificante, per ragioni economiche ma anche per cultura, lingua, colore della pelle, o perché appartenente al mondo femminile che è tra i più penalizzati. Noi siamo chiari nell’affermare che la povertà non è mai una sola e soprattutto che non mai buona”.
Il messaggio di Francesco per i 90 anni
Per i 90 anni del religioso, nato nel 1928 a Lima, Papa Francesco gli aveva inviato una lettera, sottolineando il “servizio teologico” e ringraziandolo per le “fatiche” e il modo di “interpellare la coscienza di ciascuno, affinché nessuno resti indifferente di fronte al dramma della povertà e dell’esclusione”.
Fedele anche nei momenti difficili
Il cardinale Castillo, nella succitata nota, osserva che Gustavo Gutiérrez “ha accompagnato la Chiesa per tutta la sua vita, rimanendo fedele nei momenti più difficili, ricordandoci sempre che il vero pastore deve prendersi cura delle sue pecore, soprattutto delle povere”. “Ringraziamo Dio – aggiunge Castrillo – per aver avuto un fedele sacerdote teologo che non ha mai pensato al denaro, ai lussi, né a nulla che assomigliasse al ritenersi superiore”.
Gli studi e i libri
Numerose le opere scritte dal teologo in queste ultime quattro decadi, a cominciare dalla principale Teologia della liberazione, edita nel 1971. In essa, l’ex studente di medicina e letteratura in Perù, poi di psicologia e filosofia a Lovanio, in Belgio, e ancora di teologia all’Università Cattolica di Lione, a Roma e a Parigi, teorizzava una liberazione politica e sociale, cioè l’eliminazione delle cause immediate di povertà e ingiustizia; una liberazione umana, cioè l’emancipazione di emarginati e oppressi; una liberazione teologica da egoismo e peccato. Il dolore sociale dell’America Latina, gli insegnamenti del Concilio e, come detto, il costante richiamo al Vangelo animavano queste riflessioni poi esplicitate in numerosi altri volumi.
Quel libro è considerato il manifesto di un movimento teologico, in realtà, assai variegato. Al termine di un lungo e fruttuoso dialogo con il Vaticano, portato, in particolare, avanti con il card. Joseph Ratzinger, il “processo di chiarificazione” si concluse in modo positivo, definitivamente, nel 2004. Nel 2005, il teologo affermò, togliendo ogni equivoco alla sua opera: “La teologia della liberazione, dalla prima all’ultima riga del libro, è contro il marxismo perché per Marx il cristianesimo era oppressione e il lavoro della mia vita è impegnato nell’idea che il cristianesimo è liberazione”.
Il volume a quattro mani con il cardinale Müller
Uno degli ultimi era Dalla parte dei poveri. Teologia della liberazione, teologia della Chiesa (Edizioni Messaggero – Editrice Missionaria Italiana), pubblicato nel 2013 e scritto con l’allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, il cardinale Gherard Ludwig Müller. Teologi, vaticanisti, addetti ai lavori accolsero il libro come un fatto singolare: un’opera a quattro mani tra uno dei maggiori esponenti della Teologia della Liberazione e il prefetto di quell’ex Sant’Uffizio che proprio su questa corrente si espresse con due istruzioni negli anni ’80. Tra i due vi era, però, un’amicizia pluriennale oltre che la comune preoccupazione per lo sviluppo dell’economia mondiale e della teologia europea. Lo spiegarono loro stessi a Roma, in un’affollata presentazione in Via della Conciliazione, che si concluse con il dono al porporato tedesco di un caratteristico poncho dei contadini poveri delle Ande peruviane.
“Chiesa samaritana”
Rimangono impresse le parole che Gutiérrez disse all’evento, parlando di una “Chiesa samaritana”, sintesi dell’idea di servizio mutuata dalla parabola del “buon samaritano” cara a Papa Francesco. Una parabola che, disse il teologo, spinge a riflettere su “Chi è il mio prossimo?” ma anche su “Chi si è fatto prossimo?”. Müller, da parte sua, condivise il percorso che lo ha portato ad avere una particolare sensibilità per il tema della povertà: dalle umili origini a Magonza con un padre operaio e una madre casalinga con cinque figli, passando per la sua esperienza negli anni ’80 in mezzo a gente senza cibo, acqua, vestiti e cure mediche, fino all’episcopato a Ratisbona, con tanti sacerdoti provenienti dai Paesi poveri del mondo. Esperienze dalle quali il cardinale aveva maturato la convinzione la Chiesa è sacramento di salvezza per e fra gli uomini e che la sua azione non può che essere di evangelizzazione e anche di liberazione. Quello che per anni ha cercato di affermare Gustavo Gutiérrez.
di Salvatore Cernuzio – Vatican News