Tra memoria e tecnologia: viaggio nel mondo dei griefbot, dove i confini tra presenza e assenza sfumano pericolosamente. Un’innovazione che promette di rivoluzionare il modo in cui affrontiamo il lutto, ma che nasconde un’insidia sottile: il rischio di sostituire il necessario processo di accettazione della perdita con un surrogato digitale che tiene la mente ancorata a un passato che non può tornare
Nel 1979, nel cartone animato Jeeg Robot d’acciaio, il padre del protagonista, ucciso nel primo episodio, continuava a vivere attraverso un super computer, guidando il figlio nella sua lotta contro i nemici dell’umanità. Per noi bambini dell’epoca dei “robottoni”, quella creazione della fervida mente di Go Nagai rappresentava pura fantascienza, un’idea tanto affascinante quanto irrealizzabile.
Oggi, quello che sembrava un espediente narrativo fantascientifico è diventato realtà. Le reti neurali artificiali, l’apprendimento automatico e i modelli generativi di linguaggio hanno reso possibile ciò che fino a poco tempo fa apparteneva solo al regno dell’immaginazione: creare una replica verosimile di un defunto, con cui si può conversare e interagire.
La nascita di una nuova industria
La Cina sta guidando questa rivoluzione tecnologica-emotiva con l’emergere dei cosiddetti “griefbot“, un termine che combina “grief” (lutto) e “bot” (robot). Come tutte le necessità umane, anche l’elaborazione del lutto può generare un business, e in questo caso sta dando vita a un’industria in rapida espansione.
Super Brain, uno studio di intelligenza artificiale con sede a Taizhou, rappresenta un esempio emblematico di questa tendenza. L’azienda ha sviluppato la capacità di creare avatar digitali iperrealistici che vanno ben oltre le semplici simulazioni. La loro offerta include: clip audio, video realistici e chatbot interattivi.
Con oltre 400 ordini completati a novembre 2023, Super Brain dimostra che esiste una domanda concreta per questi servizi, principalmente da parte di persone che desiderano mantenere un legame digitale con i familiari scomparsi.
Il fenomeno non si limita alle startup tecnologiche. Fu Shou Yuan International Group, uno dei principali operatori di pompe funebri in Cina, ha integrato i memoriali digitali nei suoi servizi cloud. La dimostrazione delle loro capacità tecnologiche, che include la ricreazione digitale di un noto commentatore televisivo, evidenzia come questi strumenti possano emulare in modo convincente le interazioni della vita reale.
Democratizzazione della tecnologia
Un aspetto significativo di questa evoluzione è la crescente accessibilità di questi servizi. Numerose applicazioni permettono oggi di creare bot personalizzati che replicano le caratteristiche di persone reali. La rapida diminuzione dei costi di sviluppo di queste tecnologie suggerisce che i servizi diventeranno sempre più economici e questo permetterà l’accesso a un pubblico più ampio.
Considerazioni etiche e sociali
Ciò che un tempo era solo un elemento narrativo di anime giapponesi è oggi una realtà che solleva importanti questioni etiche e sociali.
Questo procedimento può essere realmente un valido aiuto all’elaborazione del lutto, oppure rischia di protrarlo indefinitamente?
Chi dovrà beneficiare di questo servizio, riuscirà a tenere ben distinte la realtà dell’assenza, con la fantasia della presenza virtuale?
Come gestire la persona che dovrà essere “trasmutata” in digitale che magari non avrà neanche dato il consenso all’elaborazione dei suoi dati?
Le domande da porsi sono molte, ma in definitiva quanto può essere autentica l’interazione con una replica digitale?
Rivivere meccanicamente dei momenti, non ci farà perdere il significato emotivo legato a quel momento?
Il settore dei griefbot si trova ancora nelle sue fasi iniziali, ma il suo potenziale di crescita appare significativo. La combinazione dell’IA generativa con la riduzione dei costi di sviluppo e la crescente accettazione sociale della tecnologia, suggerisce che questi servizi potrebbero presto diventare una componente comune nel processo di elaborazione del lutto.
Conclusione
Dal super computer di Jeeg Robot ai griefbot di oggi, il confine tra fantascienza e realtà continua ad assottigliarsi. Tuttavia, nella nostra cultura, la morte non è mai stata considerata come la fine definitiva, ma come un passaggio verso una nuova forma di esistenza. In questa prospettiva, i griefbot potrebbero essere visti non tanto come tentativi di negare la morte o di sostituire la persona amata, quanto piuttosto come strumenti temporanei che possono accompagnare il difficile cammino dell’elaborazione del lutto.
In quest’ottica, la tecnologia dei griefbot, se utilizzata con saggezza e discernimento, potrebbe rappresentare un supporto nel processo di accettazione della mancanza fisica, sempre tenendo presente che la vera consolazione viene dalla fede in una presenza spirituale.
La sfida per il futuro sarà quindi quella di integrare queste nuove tecnologie nel rispetto della dignità della persona umana e della sacralità della vita. Non si tratta di sostituire il naturale processo del lutto o di creare false speranze di immortalità terrena, ma di utilizzare con saggezza gli strumenti che la tecnologia ci offre, ricordando sempre che il nostro vero conforto risiede nel sapere che il proprio caro è nell’amore di Dio.