Incontri diocesani in preparazione del Giubileo con la biblista Laura Paladino 11,12 e 13 ottobre (II parte)
Ripercorre e rileggere lo straordinario racconto della Genesi, in particolare la parte che riguarda la creazione dell’uomo e il rapporto tra Dio e la sua creatura amata è stato, come già annotato nell’articolo che il Kaire ha pubblicato nel numero scorso, il motivo conduttore delle lezioni che la biblista Laura Paladino ha tenuto in Diocesi nei giorni 11,12 e 13 ottobre scorsi, giorni nei quali i partecipanti hanno avuto modo di fermarsi a riflettere sulla storia del rapporto tra l’uomo e il Signore fin dalla creazione del mondo, per poter affrontare con rinnovata consapevolezza di fede il Giubileo che a breve avrà inizio.
La professoressa Paladino ci ha insegnato che Dio è essenzialmente relazione. Il cristiano, creato ad immagine e somiglianza di Dio per essere in relazione con Lui, deve essere a sua volta capace di vivere tale relazione in ogni contesto della propria esistenza.
La prima relazione che vive l’uomo, pensando al Libro della Genesi e alla creazione, è quella con la donna:
«La donna esce dal corpo di Adàm, non è un’altra creatura, viene differenziata. Questo è importante perché stabilisce la centralità della relazione. Questa differenza costitutiva vale in tutti i contesti, nella famiglia, è chiaro, ma anche in tutti i contesti sociali. San Giovanni Paolo II ha scritto una lettera alla donna in cui parla della differenza che aiuta a crescere nella società, nella storia, nella Chiesa. Non significa per la donna fare quello che fanno gli uomini!».
Fin dalla sua creazione, Dio ha pensato la donna con una differenza come fondamentale tratto: la capacità generativa. Nella tradizione biblica Dio crea Adàm e lo distingue tra ISH (uomo) e ISHA’ (donna), con differenze non casuali, ma volute e fondative, poiché in entrambi trova posto e si rispecchia quella capacità di relazione che è in Dio stesso. Da quella creazione e per tutto il corso della storia dell’uomo e della salvezza, passando attraverso Cristo, con la sua morte in croce e resurrezione, le cose non sono cambiate mai. In Maria, madre di Dio, si esprime in forma potente quella capacità generativa che la donna ha ricevuto da Dio:
«Maria è la madre della Chiesa e regina degli Apostoli. Maria porta la voce del generativo femminile, materno Così Dio ha pensato fin dal principio!».
In Maria – ha spiegato la Paladino – ricompare la ISHA’ della creazione e noi siamo, attraverso Gesù, la sua stirpe, noi che siamo suoi figli, Lei è la Chiesa generativa, corpo mistico di Gesù.
La Bibbia dunque, lungi dall’essere un libro maschilista, che assegna ad Eva la responsabilità di aver introdotto il peccato nella storia, conferisce alla donna un ruolo formidabile! La differenza sessuale tra uomo e donna non è capitata per caso, è costitutiva e fondamentale. Gesù spesso ricorda nei Vangeli che la condizione di sudditanza rispetto all’uomo che la donna viveva nella società dell’epoca, (e in tempi non troppo remoti anche nelle società occidentali), era dovuta alla “durezza dei cuori”, al peccato che fa credere che l’amore e la relazione coniugale siano sinonimo di possesso e prevaricazione, mentre uomo e donna appartengono solo a Dio che ama entrambi con amore incondizionato.
Correggendo la versione più nota del racconto biblico della creazione della donna, la Paladino ha sottolineato che erroneamente si ripete che la donna nasce da una costola di Adamo (cioè da una parte corporea non fondamentale), mentre il testo originario descrive un contesto diverso. Innanzi tutto Adamo non ha superiorità nel momento della creazione, probabilmente dormiva, in ogni caso non era cosciente, ma la donna esce dal tocco di Dio sulla parte alta del femore di Adamo, quella parte nobile che consente all’intero corpo di stare in piedi. È un punto vigoroso e fondamentale del corpo umano. La donna è colei che è chiamata a custodire la vita nel proprio corpo e lo può fare con l’aiuto, la collaborazione e la protezione di Adamo.
«Dove era Adamo mentre Eva dialogava con il serpente? Il terzo incomodo entra nelle loro vita perché Adamo non ha custodito in modo efficace il loro rapporto»,
ha sottolineato in un passaggio la Paladino.
Le donne, e con loro soprattutto Maria, custodiscono nella Chiesa la ricchezza generativa della vita. Maria, da madre attenta, lo fa anche dopo la morte e resurrezione di Gesù, impedendo che i discepoli, impauriti e spaesati, si disperdessero fino alla discesa dello Spirito Santo che donerà loro la forza di mettere in atto il mandato evangelico. La salvezza si attua attraverso il corpo di una donna, Maria che accetta, in piena libertà, di far nascere l’uomo nuovo. Ed è la prima volta nelle Sacre Scritture che una alleanza non viene stretta da un uomo (come con Abramo o Mosè) o da una coppia, ma da una donna.
Il Signore ha dunque creato l’uomo per sé, è il desiderio di relazione che porta Dio alla creazione, noi siamo fatti dunque per il Signore. Si tratta – ha precisato la Paladino – di una vera relazione sponsale, che non è solo quella dell’unione tra uomo e donna, si tratta di una sponsalità estesa a tutte le vocazioni, quella sacerdotale, quella matrimoniale, ma anche quella dei contesti di vita quotidiana. È sponsalità perché in tutti questi contesti può essere generativa, perché in grado di generare Cristo nel mondo in tutti i contesti di vita. Gesù è stato maestro anche in questo. Egli ha avuto, come testimonia tutto il Vangelo anche una particolare attenzione per la donna.
Nel terzo degli incontri la Paladino ha dedicato ampio spazio alla relazione tra Gesù e le donne, lo vediamo con l’emorroissa, la samaritana, la giovinetta risvegliata, la cananea. In tutti questi casi Gesù si relaziona con le donne senza pregiudizi, accogliendo le loro richieste con amore, ma non senza aver fatto con loro un cammino che prevede la fase dell’ascolto e della ricerca della loro fede. In particolare l’emorroissa, ammalata nel corpo, e la samaritana peccatrice nelle relazioni con gli uomini, sono portate da Gesù, sotto il suo sguardo amorevole, ad aprirsi alla sua attenzione, a confidarsi con lui, rivelando e riconoscendo con sincerità le proprie debolezze. Entrambe si affidano a lui e per questa loro fede vengono salvate.
Gesù dunque guarisce senza distinzione di genere, ma solo se si accetta il suo sguardo:
«È necessario però porsi sotto lo sguardo del Signore, essere sinceri con lui, perché se noi gli diamo tutto noi stessi, lui trasforma, risana e moltiplica».
Esempio di questa trasformazione è il celebre episodio della moltiplicazione dei pani e dei pesci, dove dalla spontanea presentazione del giovinetto del poco che aveva Dio crea il cibo per tutti. Ed è quello che ognuno di noi può fare sempre, ogni giorno. Come ha scritto Giovanni – ha concluso la Paladino – Gesù ci ha detto “In verità vi dico: chi crede in me, anch’egli farà le opere che io faccio e ne farà anche di più grandi” (Gv 14,12).