I dati di ascolto positivi del talk show in prima serata del 1° novembre mostrano come ci sia voglia di conoscenza e propongono una direzione diversa che richiama il compito formativo dei media, in particolare della tv
Il 1° novembre è stato trasmesso in prima serata su un canale Rai (Tg2Post N.d.R.) un talk show dove, ospiti di Manuela Moreno, sono intervenuti Aldo Cazzullo, mons. Vincenzo Paglia e Antonio Preziosi. Due giornalisti e un vescovo hanno discusso del libro “Il Dio dei nostri padri” di Cazzullo con puntuali riferimenti a un oggi in grande affanno. Gli interventi richiamavano tragedie e situazioni di ingiustizia che ancora si stanno vivendo con angoscia e con una serie infinita di interrogativi.
La violenza, la sofferenza, l’odio, la speranza, la pace, la giustizia si sono inanellate in una narrazione a tre voci che ha coinvolto e affascinato perché non aveva la pretesa di offrire risposte ma il desiderio di suscitare domande, di stimolare ricerche e pensieri.
Poco prima su un altro canale televisivo si era concluso un talk show di taglio politico, dove il dibattito si era trasformato in accesa polemica, in sovrapposizione di voci, in giudizi sommari, in posizioni assertive.
Il confronto tra i due momenti è naturale, non tanto e non solo per esprimere un giudizio, quanto per chiedersi se davvero non sia possibile cambiare qualcosa nel metodo e nei contenuti di un “confronto-scontro” politico con ospiti che vanno e vengono.
Indiscutibile la complessità del tema politico, ma il banalizzarlo con parole d’ordine intrise di ideologia rende difficile se non impossibile affrontare con serierà questioni importanti della vita personale e sociale.
Il card. Carlo Maria Martini riteneva inutile la partecipazione a programmi televisivi dove le frequenti e brusche interruzioni rendevano impossibile esprimere compiutamente una riflessione e un ragionamento.
Tutto ciò pone una domanda: è proprio vero che i telespettatori preferiscono una sorta di corrida verbale a un confronto dai toni misurati e da parole non ostili? É proprio vero che i telespettatori si accontentano di intrattenimento e che non hanno desiderio di altro?
Il talk show in prima serata del 1° novembre propone una direzione diversa e richiama il compito formativo dei media, in particolare della tv, rispetto al sacrificare alla pubblicità, agli interessi economici e ai dati auditel lo spessore culturale di un programma.
Fino a che punto si può ignorare il desiderio di altro, che c’è nelle persone, nelle famiglie e nella società, di conoscere, di capire, di farsi un’idea non condizionata della realtà?
Il talk show del 1° novembre è stato un tempo di ascolto di uomini e donne pensanti, capaci di far riscoprire e amare la forza del pensare. Tre voci attorno alla Bibbia hanno detto che è possibile e importante, anche in prima serata tv, aprire innovativi percorsi culturali perché nella gente c’è una domanda di altro che neppure i rumori della propaganda possono spegnere.
di Paolo Bustaffa – Sir