Ben vengano tutte quelle misure che invitano a distribuire i compiti dei genitori nei primi anni di vita dei figli. A beneficiarne sono anche i figli stessi
Siamo consapevoli che, data la situazione in cui l’Italia si trova, siano assolutamente da incoraggiare tutti quegli incentivi alla natalità e gli interventi a favore delle famiglie con figli. Una richiesta che arriva sempre più pressante da parte delle associazioni famigliari ai diversi Governi che si succedono, a prescindere dal loro orientamento politico. È positivo che ultimamente i partiti paiono aver compreso che incentivare le nascite non può essere un argomento da strumentalizzare ideologicamente, ma va assunta come una necessità vitale per la sopravvivenza stessa del nostro sistema economico e sociale. In quest’ottica va accolto con favore, fra gli altri interventi previsti nella manovra per la Legge di Bilancio del 2025, un incremento da due a tre mesi dei congedi parentali indennizzati all’80% della retribuzione, ovviamente, com’è ormai da molti anni, per le madri, ma anche per i padri. Se si tratta di una misura positiva che dovrebbe essere ampiamente pubblicizzata perché i genitori interessati possano beneficiarne, questa notizia ci spinge a interrogarci su come si stiano modificando la maternità e la paternità nelle nuove famiglie italiane.
Le mamme che partoriscono oggi hanno davvero nel loro partner una figura che sa affiancarsi nella cura del neonato più di quanto avveniva nelle generazioni precedenti? Il tempo che viene offerto ai neo-papà per sospendere il lavoro e dedicarsi all’accudimento dei figli viene impiegato in modo fruttuoso e con generosità? Nell’interpellare le coppie dei genitori odierni si scopre che davvero anche la nostra società, seppur lentamente, sta evolvendo verso una piena parità di genere. Il parametro, infatti, non può essere solo quello della percentuale di donne in ruoli apicali nel mondo del lavoro (da candidata a presidente degli Usa, a premier, o qualunque altro ruolo di grande responsabilità), ma può e deve essere anche quello di poter gestire come padri e madri, nella compresenza e reciprocità, le diverse mansioni quando la famiglia si amplia con la prole. Chi fa cosa all’interno dell’odierno nucleo famigliare?
Dal provvedere alla spesa al cucinare, dal cimentarsi con pannolini, bagnetti e lavatrici, o anche solo a dedicare tempo di qualità, presenza fisica nel gioco e nei primi rudimenti di apprendimento… Una volta nessuno si scandalizzava che la donna madre e lavoratrice riuscisse ad essere quasi ubiqua, svolgendo la sua attività professionale e poi sovrintendendo di fatto anche alle mansioni domestiche. Oggi questo, giustamente, non è più tollerato e gli uomini che intendono fare famiglia pare lo abbiano assimilato. Un padre che sa cosa significa non solo prendere in braccio ogni tanto il figlio neonato, ma “stare” con lui, interagire, occuparsene a tempo pieno è una persona che vive un’esperienza che lo rende a tutti gli effetti più consapevole e maturo.
Ben vengano, dunque, tutte quelle misure che invitano a distribuire i compiti dei genitori nei primi anni di vita dei figli. A beneficiarne sono anche i figli stessi che introiettano dei modelli di comportamento per quando toccherà a loro procreare. La coppia capace di riconoscere con chiarezza la specificità delle identità paterna e materna, ma nel contempo l’interscambiabilità dei compiti, annulla all’origine una fonte di possibili conflitti e crea fecondi presupposti per un clima di vita armonico. Certo, non sono solo i primi anni che contano… quando i figli iniziano ad andare a scuola, si apre, per esempio, un grande fronte che è quello dei rapporti con i professori e della supervisione dell’andamento scolastico. Non sono più concesse molte omissioni da parte dei padri, eppure, forse, i colloqui coi docenti vedono ancora una maggioranza di mamme… anche questo è un cammino di reciprocità che deve crescere, per il bene stesso dei figli studenti che imparino a non avere segreti con entrambi i genitori e perché questi ultimi crescano nella corresponsabilità educativa. Ad ogni età sfide diverse: un percorso su cui potremo ritornare…
di Giovanni M. Capetta – Sir