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Papa Francesco continua la catechesi sulla vecchiaia raccontando i meriti della giovane ebrea Giuditta che liberò il suo popolo dal terribile Oloferne e per questo ottenne da Dio vita lunga, ricca di saggezza e di beni spirituali: «Giuditta visse più di cent’anni, una benedizione particolare.

Ma non è raro, oggi, avere tanti anni ancora da vivere dopo la stagione del pensionamento. Come interpretare, come far fruttare questo tempo che abbiamo a disposizione? Io vado in pensione oggi, e saranno tanti anni, e cosa posso fare, in questi anni, come posso crescere – in età va da sé – ma come posso crescere in autorità, in santità, in saggezza? …

Giuditta rimane vedova presto e non ha figli, ma, da anziana, è capace di vivere una stagione di pienezza e di serenità, nella consapevolezza di avere vissuto fino in fondo la missione che il Signore le aveva affidato. Per lei è il tempo di lasciare l’eredità buona della saggezza, della tenerezza, dei doni per la famiglia e la comunità: un’eredità di bene e non soltanto di beni.

Quando si pensa all’eredità, alle volte pensiamo ai beni, e non al bene che si è fatto nella vecchiaia e che è stato seminato, quel bene che è la migliore eredità che noi possiamo lasciare. … il Signore non affida i suoi talenti solo ai giovani e ai forti: ne ha per tutti, su misura di ciascuno, anche per i vecchi. La vita delle nostre comunità deve saper godere dei talenti e dei carismi di tanti anziani, che per l’anagrafe sono già in pensione, ma che sono una ricchezza da valorizzare.

Questo richiede, da parte degli anziani stessi, un’attenzione creativa, un’attenzione nuova, una disponibilità generosa. Le precedenti abilità della vita attiva perdono la loro parte di costrizione e diventano risorse di donazione: insegnare, consigliare, costruire, curare, ascoltare… Preferibilmente a favore dei più svantaggiati, che non possono permettersi alcun apprendimento o che sono abbandonati alla loro solitudine».

Il Signore ha un progetto per ogni uomo, il quale ha una missione da realizzare, non sempre questa è comprensibile e spesso il fallimento è dietro l’angolo. Tutti ci poniamo domande sul fine della nostra esistenza, coloro che si rifugiano nella fede e nell’Amore di Dio comprendono e realizzano il progetto divino.

San Francesco ha fatto della sua vita una continua ricerca della Divina Volontà, ogni giorno era un nuovo giorno, ricco di luce, preghiera, amore e contemplazione, ma anche di azioni di carità pratica, tutti talenti che metteva a disposizione delle anime che incontrava, fino a dire prima di morire ai suoi frati «Io ho fatto la mia parte, voi fate la vostra», un bagaglio ricco di opere buone.

Nella Leggenda minore di San Bonaventura di Bagnoregio l’autore evidenzia il grande carisma del Serafico Padre Francesco: “Finalmente, tutto acceso dalla forza fiammeggiante dello Spirito di Cristo, cominciò, come un altro Elia, a farsi appassionato predicatore della verità; cominciò ad avviare alcuni alla giustizia perfetta; cominciò ad avviare tutti gli altri a penitenza.

Non erano, i suoi, discorsi vani o degni di riso: erano pieni della forza dello Spirito Santo; erano tali che penetravano nel profondo del cuore: suscitavano perciò, forte stupore negli ascoltatori e piegavano, con la loro forza e la loro efficacia, la mente degli ostinati.

Siccome il suo proposito, sublime e santo, veniva a conoscenza di molti attraverso la semplice veracità sia della sua dottrina sia della sua vita, alcuni incominciarono a sentirsi animati a penitenza dal suo esempio e a lasciare tutto per unirsi strettamente con lui, nell’abito e nella vita: l’umile uomo giudicò che si chiamassero «frati minori» (FF 1340).

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