Commento al Vangelo Lc 9,11-17
Questo Dio amore, solo amore, sempre amore che abbiamo celebrato domenica scorsa, oggi si rende visibile in questa celebrazione, come in tutte, nel grande sacramento del corpo e sangue del Signore. Sì, l’amore platonico non esiste, con buona pace di Dante e Beatrice. L’amore o è di carne o non è amore, o è fatto di relazione o non è autentico, o si fa nei corpi o non è amore.
Benvenuti in questa grande solennità della Chiesa dove vediamo l’amore con gli occhi, dove vediamo l’amore fatto carne, l’amore come sacrificio offerto per la vita di tutti, quell’amore straordinario e a volte un po’ dimenticato che è l’Eucaristia. L’amore è la risposta a quella fame che ogni folla di ogni tempo si porta dentro. Gesù sa che nel nostro cuore c’è una fame più importante di quella materiale: abbiamo fame di relazione, abbiamo fame di affetti, abbiamo fame di abbracci, abbiamo fame di parola, di felicità, abbiamo tanta fame. Lo vedo negli occhi delle persone dal più triste al più arrabbiato. Alcuni si nutrono con il denaro, altri con il successo e la vanità, altri con il potere e l’orgoglio, altri con la politica. Altri riempiono la vita con le cose, credendo di colmare il vuoto interiore.
Alcuni pensano che anche questi giorni di festa servono a dare un qualcosa di felicità. Guardate i nostri giovani di cosa si nutrono. Si nutrono ad altri cibi, come il sesso, il piacere, la droga, si nutrono alle slot machine, hanno fame di relazioni sbagliate, fame di un pane che non li rende felici! Se ci guardiamo attorno, ci accorgiamo che ci sono tante offerte di cibo che non vengono dal Signore e che apparentemente soddisfano di più. Gesù sa che nella vita nostra ci sono tanti desideri da sfamare, ma lui sa anche quelli che sono giusti. Egli sa che ci sono due tipi di desideri: il primo è quello di superare i limiti, il secondo è quello di realizzare la propria felicità. La felicità di una persona sarà sempre e solo un’altra persona. Si è felici solo quando si avrà trovato la persona giusta.
Oggi Gesù ci dice che quella persona è lui! Gesù è un Dio che prende sul serio la nostra fame. È un Dio che non soltanto sta a guardare la fame di tutti noi, ma cerca di fare qualcosa. Lo fa innanzitutto inchiodando i suoi discepoli, noi cristiani, a non scappare davanti alla fame della gente, perché è con la disponibilità delle nostre mani che quella gente viene sfamata. Date voi stessi da mangiare. Non è Gesù a distribuire quel pane ma lo lascia fare ai discepoli. Lui si limita a prendere quel poco che abbiamo.
Lui prende la nostra povertà, la moltiplica e la fa diventare cibo per una folla affamata. Quei pochi pesci e quei pani sono la pochezza che Gesù prende da noi, e la fa bastare per tutti. Ci farà bene fare memoria oggi della nostra pochezza, dei nostri limiti; proviamo a dare un nome a quei pochi pani e pesciolini che abbiamo dentro. Come sfama Gesù questa gente? Come ci sazia Gesù? Gesù li sazia e ci sazia un po’ alla volta, li sazia in una maniera molto più misteriosa di quella che noi ci immaginiamo, ma in una maniera molto più profonda. Come è successo per Abramo, che ci vorrà tutta la sua vita per diventare un credente. Quante volte ti sei accorto che sembra che stai un po’ meglio e invece dopo un po’ ti ritorna quel magone, quella tristezza? Perché? Perché questa moltiplicazione deve ripetersi spesso.
Marco la racconterà due volte nel suo Vangelo proprio perché c’è bisogno a piccole dosi di saziare questa fame. E Dio chiede che ciascuno di noi presti le sue mani perché questo miracolo e questa fame saziata possano ripetersi. C’è bisogno del nostro sì, c’è bisogno che ci siano ancora persone disposte a distribuire questi pani e questi pesci. Dio è uno che agisce sempre attraverso l’umanità di qualcuno e non per magia, ma se non c’è l’umanità di qualcuno questo grande dono e questa grande grazia rimangono sprecati. La festa del Corpo di Cristo, dell’eucaristia, non è semplicemente qualcosa che Dio ha fatto per ciascuno di noi, ma la grande responsabilità di distribuire quello che Dio ha fatto per ciascuno di noi.
Perché portiamo in processione il SS. Sacramento? A volte queste processioni sembrano delle crociate o solo delle ostentazioni di grandezza. Facciamo spesso la fine di quel sacerdote che preparò tutto e durante la processione il ministrante gli fece notare che aveva dimenticato di mettere Gesù nell’ostensorio! Perché facciamo la processione? Semplicemente per mostrare agli altri chi stiamo distribuendo nella vita della gente!
Ecco perché risuonano come chiodi quelle parole di Paolo: “nella notte in cui veniva tradito”. Forse scortiamo Gesù per le nostre strade tenendolo prigioniero come le guardie del tempio e i romani, mentre noi lo tradiamo dando alle persone un altro pane! Oggi siamo noi nella storia il prolungamento di quel povero pane; siamo noi nella storia il prolungamento di questa grande opera di Dio che continua a saziare, a cambiare, a consolare, a pagare in prima persona il riscatto dei nostri fratelli e di tutto ciò che accade. Oggi torniamo a mangiare di questo pane.
Oggi torniamo a vivere senza più indifferenza ma in prima persona, ricordando che il nostro poco messo davanti a Cristo non solo basta, ma avanza… Tutto ciò deve toglierci di bocca quelle espressioni che tante volte ripetiamo durante le nostre giornate: Che c’entro io? Non sono capace! Non ho i mezzi adatti! Non posso farci niente! Non è un problema mio! Forse è vero quello che dicono gli altri! La pochezza del nostro pane non deve fermarci, la notte in cui tradisco Dio non deve bloccarmi e dire non ce la faccio! Queste riflessioni ci accompagnino mentre immergeremo il corpo del Signore per le strade delle nostre parrocchie in questa domenica.
Si è lui il pane del cammino che ci da forza come per Abramo, è lui il pane dell’unità e dell’essenziale come per Paolo, è lui il pane della condivisione così come ha fatto Gesù nella moltiplicazione dei pani e dei pesci. Scortiamo il SS. Sacramento con fierezza, con onore, chiedendo a Gesù di guardarci, di riempirci il cuore di tenerezza, di riempirci gli occhi di Lui l’essenziale, chiediamo di perdonarci per tutto il male che facciamo a lui e il male che ci facciamo; e come recita la sequenza, diciamogli: Nutrici, difendici, portaci ai beni eterni nella terra dei viventi, nella gioia dei tuoi santi. Amen!
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Saziati!
Commento al Vangelo Lc 9,11-17
Questo Dio amore, solo amore, sempre amore che abbiamo celebrato domenica scorsa, oggi si rende visibile in questa celebrazione, come in tutte, nel grande sacramento del corpo e sangue del Signore. Sì, l’amore platonico non esiste, con buona pace di Dante e Beatrice. L’amore o è di carne o non è amore, o è fatto di relazione o non è autentico, o si fa nei corpi o non è amore.
Benvenuti in questa grande solennità della Chiesa dove vediamo l’amore con gli occhi, dove vediamo l’amore fatto carne, l’amore come sacrificio offerto per la vita di tutti, quell’amore straordinario e a volte un po’ dimenticato che è l’Eucaristia. L’amore è la risposta a quella fame che ogni folla di ogni tempo si porta dentro. Gesù sa che nel nostro cuore c’è una fame più importante di quella materiale: abbiamo fame di relazione, abbiamo fame di affetti, abbiamo fame di abbracci, abbiamo fame di parola, di felicità, abbiamo tanta fame. Lo vedo negli occhi delle persone dal più triste al più arrabbiato. Alcuni si nutrono con il denaro, altri con il successo e la vanità, altri con il potere e l’orgoglio, altri con la politica. Altri riempiono la vita con le cose, credendo di colmare il vuoto interiore.
Alcuni pensano che anche questi giorni di festa servono a dare un qualcosa di felicità. Guardate i nostri giovani di cosa si nutrono. Si nutrono ad altri cibi, come il sesso, il piacere, la droga, si nutrono alle slot machine, hanno fame di relazioni sbagliate, fame di un pane che non li rende felici! Se ci guardiamo attorno, ci accorgiamo che ci sono tante offerte di cibo che non vengono dal Signore e che apparentemente soddisfano di più. Gesù sa che nella vita nostra ci sono tanti desideri da sfamare, ma lui sa anche quelli che sono giusti. Egli sa che ci sono due tipi di desideri: il primo è quello di superare i limiti, il secondo è quello di realizzare la propria felicità. La felicità di una persona sarà sempre e solo un’altra persona. Si è felici solo quando si avrà trovato la persona giusta.
Oggi Gesù ci dice che quella persona è lui! Gesù è un Dio che prende sul serio la nostra fame. È un Dio che non soltanto sta a guardare la fame di tutti noi, ma cerca di fare qualcosa. Lo fa innanzitutto inchiodando i suoi discepoli, noi cristiani, a non scappare davanti alla fame della gente, perché è con la disponibilità delle nostre mani che quella gente viene sfamata. Date voi stessi da mangiare. Non è Gesù a distribuire quel pane ma lo lascia fare ai discepoli. Lui si limita a prendere quel poco che abbiamo.
Lui prende la nostra povertà, la moltiplica e la fa diventare cibo per una folla affamata. Quei pochi pesci e quei pani sono la pochezza che Gesù prende da noi, e la fa bastare per tutti. Ci farà bene fare memoria oggi della nostra pochezza, dei nostri limiti; proviamo a dare un nome a quei pochi pani e pesciolini che abbiamo dentro. Come sfama Gesù questa gente? Come ci sazia Gesù? Gesù li sazia e ci sazia un po’ alla volta, li sazia in una maniera molto più misteriosa di quella che noi ci immaginiamo, ma in una maniera molto più profonda. Come è successo per Abramo, che ci vorrà tutta la sua vita per diventare un credente. Quante volte ti sei accorto che sembra che stai un po’ meglio e invece dopo un po’ ti ritorna quel magone, quella tristezza? Perché? Perché questa moltiplicazione deve ripetersi spesso.
Marco la racconterà due volte nel suo Vangelo proprio perché c’è bisogno a piccole dosi di saziare questa fame. E Dio chiede che ciascuno di noi presti le sue mani perché questo miracolo e questa fame saziata possano ripetersi. C’è bisogno del nostro sì, c’è bisogno che ci siano ancora persone disposte a distribuire questi pani e questi pesci. Dio è uno che agisce sempre attraverso l’umanità di qualcuno e non per magia, ma se non c’è l’umanità di qualcuno questo grande dono e questa grande grazia rimangono sprecati. La festa del Corpo di Cristo, dell’eucaristia, non è semplicemente qualcosa che Dio ha fatto per ciascuno di noi, ma la grande responsabilità di distribuire quello che Dio ha fatto per ciascuno di noi.
Perché portiamo in processione il SS. Sacramento? A volte queste processioni sembrano delle crociate o solo delle ostentazioni di grandezza. Facciamo spesso la fine di quel sacerdote che preparò tutto e durante la processione il ministrante gli fece notare che aveva dimenticato di mettere Gesù nell’ostensorio! Perché facciamo la processione? Semplicemente per mostrare agli altri chi stiamo distribuendo nella vita della gente!
Ecco perché risuonano come chiodi quelle parole di Paolo: “nella notte in cui veniva tradito”. Forse scortiamo Gesù per le nostre strade tenendolo prigioniero come le guardie del tempio e i romani, mentre noi lo tradiamo dando alle persone un altro pane! Oggi siamo noi nella storia il prolungamento di quel povero pane; siamo noi nella storia il prolungamento di questa grande opera di Dio che continua a saziare, a cambiare, a consolare, a pagare in prima persona il riscatto dei nostri fratelli e di tutto ciò che accade. Oggi torniamo a mangiare di questo pane.
Oggi torniamo a vivere senza più indifferenza ma in prima persona, ricordando che il nostro poco messo davanti a Cristo non solo basta, ma avanza… Tutto ciò deve toglierci di bocca quelle espressioni che tante volte ripetiamo durante le nostre giornate: Che c’entro io? Non sono capace! Non ho i mezzi adatti! Non posso farci niente! Non è un problema mio! Forse è vero quello che dicono gli altri! La pochezza del nostro pane non deve fermarci, la notte in cui tradisco Dio non deve bloccarmi e dire non ce la faccio! Queste riflessioni ci accompagnino mentre immergeremo il corpo del Signore per le strade delle nostre parrocchie in questa domenica.
Si è lui il pane del cammino che ci da forza come per Abramo, è lui il pane dell’unità e dell’essenziale come per Paolo, è lui il pane della condivisione così come ha fatto Gesù nella moltiplicazione dei pani e dei pesci. Scortiamo il SS. Sacramento con fierezza, con onore, chiedendo a Gesù di guardarci, di riempirci il cuore di tenerezza, di riempirci gli occhi di Lui l’essenziale, chiediamo di perdonarci per tutto il male che facciamo a lui e il male che ci facciamo; e come recita la sequenza, diciamogli: Nutrici, difendici, portaci ai beni eterni nella terra dei viventi, nella gioia dei tuoi santi. Amen!
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