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Omelia di Mons. Carlo Villano, vescovo ausiliare di Pozzuoli, per il pontificale in onore di san Vito martire in Forio

2Cr 24, 17-22; 2Cor 1,3-7; Gv 15,18-21

I festeggiamenti per san Vito, martire e patrono di Forio, ripresi quest’anno senza le limitazioni imposte dalla pandemia, sono stati occasione per conoscere il Vescovo Mons. Carlo Villano, ordinato vescovo nel 2021, ausiliario della Diocesi di Pozzuoli – e quindi del nostro Vescovo Gennaro – dal settembre dello stesso anno. Mons. Villano ha presieduto, mercoledì 15 giugno scorso, la Santa Messa delle ore 11:00, nella Basilica Pontificia di Forio, in una atmosfera di raccoglimento e preghiera, sottolineati dai canti del magnifico coro ai quali siamo abituati nelle grandi occasioni.

Nell’omelia, il vescovo Carlo si è rivolto ai fedeli ricordando il peso e il valore che nella vita di ogni cristiano devono avere le occasioni nelle quali si ricordano e si venerano le figure dei santi. I santi – ha detto il vescovo – sono segno della presenza di Dio nella nostra vita, dono sovrabbondante che il Signore elargisce per sottolineare la storia dell’amore ‘viscerale’ che egli ha intessuto con l’uomo fin dalla sua creazione. «Tutto l’Antico Testamento ci delinea la grande storia dell’amore viscerale, espresso dalle Scritture in termini nuziali, tra Dio e il suo popolo

È un amore tormentato quello tra Dio e gli uomini, nel quale l’uomo non sempre ascolta la parola del suo Signore. Dio parla al suo popolo, ma il popolo non ascolta, parla attraverso i suoi profeti, figure di cui tutta la storia, testimoniata nei secoli dalle Scritture, è disseminata. Il brano del secondo libro delle Cronache, la Prima Lettura, ce lo ricorda: i capi di Giuda abbandonano il tempio del Signore per ‘adorare pali sacri e idoli’, il Signore manda loro profeti per farli ritornare a lui, ma ‘non furono ascoltati’. I profeti, come i santi – ha ricordato il vescovo – non sono figure che predicono il futuro, come molti pensano, ma «uomini di Dio con i piedi ben piantati per terra e con lo sguardo rivolto al Signore».

Questo atteggiamento consente loro di intravedere la retta via che il popolo deve percorrere per seguire Dio. Sono uomini che hanno come strumento la parola, ma che spesso non vengono ascoltati, perché la loro parola confligge con la volontà distorta degli uomini, i quali spesso percorrono vie che li allontanano dal Signore. Ecco quindi che si comprende anche il senso del brano di san Paolo che, all’inizio della Seconda Lettera ai Corinzi, loda Dio per la sovrabbondanza di doni che egli manda agli uomini, confortandoli ‘in ogni tribolazione’. I santi, come i profeti, continuano, attraverso la parola, confortano l’uomo e contribuiscono a mantenere vivo il dialogo con Dio.

Anche san Vito ci invita a riconoscere tutto il bene che il Signore opera, egli che, profeta non ascoltato, ha donato la sua vita per testimoniare quel bene. Quanto sia difficile la testimonianza nel mondo lo ricorda anche il brano del Vangelo di Giovanni: “Se il mondo vi odia, sappiate che ha odiato me prima di voi” e: “Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi”, diceva Gesù ai suoi discepoli, consapevole del destino che attendeva lui e i suoi. Anche oggi – ha continuato il vescovo – l’annuncio dell’amore di Dio è difficile, la parola di Dio è messa da parte e rimane inascoltata.

Tuttavia non dobbiamo scoraggiarci, il nostro compito, anche oggi, rimane sempre quello di essere testimoni di fede. Ce lo ricorda sempre più spesso anche Papa Francesco, che ci esorta costantemente a costruire una Chiesa sinodale, fatta di persone che si ascoltano reciprocamente e camminano insieme. Il cammino stesso parte dall’ascolto, ascolto della Parola e delle persone. In questo san Vito può esserci di esempio: come lui, siamo chiamati ad ascoltare la parola e a metterla in pratica calandola nella nostra vita quotidiana. Mons. Villano ha voluto anche sottolineare lo stretto legame che Dio ha voluto costruire tra lui e l’uomo e tra uomo e uomo, poiché – ha detto – ascoltare Dio, parlare di Dio, significa ascoltare l’uomo.

Questo è segno del riconoscimento del bene che Dio riversa su di noi, come ci esorta a fare san Paolo. In ogni persona è presente Dio e dunque ogni persona va rispettata e ascoltata, anzi, amata: «Siamo chiamati a riconoscere il bene presente in ogni persona, siamo chiamati a incontrarla nel profondo della sua esistenza, nei suoi valori, per intraprendere un cammino comune». Tutto questo lo dobbiamo al Signore, per amore, quell’amore che costituisce l’unico e fondamentale comandamento che Gesù ci ha lasciato. I martiri come san Vito ci insegnano proprio questo amore, ci aiutano a conformare la nostra vita, così come loro hanno fatto, alla vita di Cristo, testimone del più grande atto d’amore di cui l’uomo può essere capace: dare la vita per il bene degli altri.

E per questo i santi rappresentano per noi un pugno nello stomaco, perché la loro vita ci ricorda quel modello al quale noi dobbiamo ispirare le nostre vite, ma che spesso rimane trascurato, ci ricordano l’impegno che noi cristiani abbiamo assunto, di essere testimoni di amore e carità, ogni giorno nella nostra vita quotidiana, in famiglia, nel lavoro, nei rapporti umani. «San Vito ci ricorda questo: siamo tutti chiamati alla santità, nessuno escluso». La santità parte dall’ascolto della Parola che si impasta con la nostra vita, la trasforma. Tutti possiamo arrivarci.

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