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Relazione di sintesi del cammino solidale – 3

Ultima parte della relazione finale preparata dall’Equipe Diocesana per la prima tappa del cammino sinodale

Altre esperienze sinodali

Un discorso a parte meritano tre testimonianze molto positive che ci sono giunte, la prima è il sinodo dei bambini che una parrocchia è riuscita ad attuare con un gruppo di bambini della quarta elementare che quest’anno hanno ricevuto la Prima Comunione. L’approccio è stato ludico, con l’utilizzo di scenette per comprendere il Sinodo e con domande adeguate all’età dei bambini (‘parli mai della Chiesa con i tuoi compagni?’), ma anche con un confronto dove i bambini sono stati lasciati liberi di esprimersi. Sono emerse tante difficoltà anche tra i piccoli, che non si sentono compresi ed ascoltati e si sentono a volte lasciati soli dai genitori, i quali, a loro volta non sono in grado di aiutarli.

La seconda testimonianza viene dai giovani, il Progetto Policoro al quale abbiamo accennato in precedenza. Si è trattato di una occasione di cooperazione tra giovani della Diocesi isolana e alcuni Uffici Diocesani, la pastorale per il lavoro e la Caritas diocesana, che in stile “laicale” senza cioè la mediazione di un sacerdote, in autonomia hanno sviluppato le tematiche del Sinodo, l’ascolto dei giovani e l’interesse per le tematiche sociali, ma anche il tema della pace con alcuni ragazzi ucraini. Il percorso si è snodato anche attraverso una veglia di preghiera e alla partecipazione ad una marcia per la pace. È nata dunque una collaborazione vigorosa tra gli uffici pastorali, che ha coinvolto i giovani in modo trasversale, senza passare per le parrocchie o i consigli pastorali, utilizzando le forze e le energie disponibili.

La terza testimonianza riguarda infine l’Ufficio di Pastorale sociale – giustizia – pace e cura del creato.Quest’ultimo ci ha fornito una relazione dalla quale si comprende come il vento del Sinodo possa soffiare efficacemente oltre le parrocchie, portando riflessioni nel campo del sociale e della cura del creato, terreni sui quali si gioca senza dubbio il futuro della nostra isola. Dalla relazione emerge infatti non solo un interessante quadro che descrive la situazione socio-economica del nostro territorio, ma altresì quanto sia importante la sfida educativa di tutti gli strati sociali, e soprattutto quanto la proposta sinodale, con l’esercizio dell’ascolto e della creazione di relazioni significative, possa fornire un prezioso apporto.

I lavori sinodali svolti dal presbiterio costituiscono un avvio di un processo promettente per il futuro della nostra Chiesa. In diversi incontri, promossi dal vescovo Gennaro, animati da catechesi teologiche e spirituali sulla sinodalità della Chiesa, hanno messo a fuoco la spiritualità sinodale e sperimentato l’ascolto fraterno insieme al dono del reciproco dello scambio di esperienze maturate nel loro vissuto quotidiano.

Ricordiamo anche la CNAL i cui componenti non hanno fatto mancare la loro presenza nel cammino sinodale delle parrocchie di appartenenza e per alcune Aggregazioni si è svolto un vero e proprio percorso interno di dialogo e confronto a partire dalle domande sinodali rielaborate secondo il proprio carisma e il proprio vissuto.

Conclusioni in “cammino insieme”

Per concludere vorremmo riprendere la domanda fondamentale della consultazione sinodale attualmente in corso: “Una Chiesa sinodale, nell’annunciare il Vangelo, cammina insieme”. Come sta avvenendo questo “camminare insieme” oggi nella vostra Chiesa locale? Quali passi lo Spirito ci invita a fare per crescere nel nostro “camminare insieme?”

Possiamo provare a rispondere, oltre che attraverso quanto finora scritto, anche attraverso il messaggio che la Diocesi, attraverso l’Equipe Sinodale, ha voluto veicolare a tutte le comunità e che è stato proposto come spirito sinodale diocesano: bisogna avere uno sguardo nuovo e spesso occorre abbandonare le nostre convinzioni, la nostra comfort zone. Noi tutti, nessuno escluso – è stato spiegato – amiamo molto certe radicate convinzioni, che ci fanno sentire sicuri, dalla parte dei fortunati, o giustificano la nostra indifferenza, e questo pensiero deformato ce lo portiamo nelle nostre case, nei posti di lavoro, nelle parrocchie, nelle relazioni con gli altri, e così, facilmente, dai preconcetti passiamo ai pregiudizi e precipitiamo nel baratro degli stereotipi inamovibili e castranti. Si è cercato quindi di far comprendere che occorre imparare a volerci bene, ad amarci talmente tanto da riuscire a regalarci uno sguardo libero da qualunque giudizio impietoso; bisogna reimparare l’arte preziosa del DISCERNIMENTO, del SILENZIO, dell’ASCOLTO vero e del PARLARE CHIARO, e del parlare solo quando è necessario e costruttivo senza conformazione acritica ai pensieri altrui. Nell’ascolto reciproco ciascuno ha qualcosa da imparare. La fragilità nostra personale e delle comunità in cui viviamo va riconosciuta come il luogo più vero del compiersi della bellezza divina. Nella vita ordinaria di ciascuno di noi, il fatto di censurare il Vangelo diviene causa per cui la convivenza tra le persone ha perso il suo fondamento. Il Sinodo è un tempo di grazia, un’occasione generosa per attuare e accogliere questo cambiamento, un’occasione per ragionare sul NOI plurale, non con un appello alla buona volontà, che potrebbe avere i caratteri della precarietà in quanto soggetta al mutare della sensibilità comune, ma come ritorno al fondamento teologico del vivere insieme.

Ecco dunque che il cambiamento dello sguardo implica un mutamento del modo di agire e l’impegno deve essere rivolto ad attuare un processo invisibile che deve mirare al camminare insieme. Papa Francesco afferma che il nostro tempo, più che un’epoca di cambiamento, sta sperimentando un vero e proprio cambiamento d’epoca. È tempo di fare spazio e di accogliere mutamenti antropologici, revisione del linguaggio e alterità che più di ogni altra cosa scombinano le nostre visioni del mondo e ci spingono a migliorarle. Infine richiamiamo un’altra tematica cara al Sinodo: il dialogo tra Chiesa e società. La Chiesa e i cristiani devono stare in campo aperto, devono abbandonare le acque calde della riva e affrontare il mare aperto; questa società è la nostra società, quella in cui Dio ci ha posti per realizzare il massimo in termini di bene comune, e questo cambiamento necessita una inversione di rotta. Sotto una certa chiave di lettura, la sinodalità e la familiarità sono stili convergenti, approcci che chiamano a vivere processi di dialogo, confronto e decisione sapendo mettere insieme l’orizzontale e la verticalità dei nostri rapporti. L’intenzione del processo sinodale è, anzitutto, quella di dar voce a chi di solito si trova ai margini della vita ecclesiale.

Quando pensiamo alle “periferie”, non si deve pensare solo alle periferie fuori: prestiamo occhio attento a quelle dentro, guardiamo, ascoltiamo e mettiamo al centro le periferie delle e nelle Chiese. Il Sinodo è l’occasione per convertirci dagli irrigidimenti ideologici che si sono sedimentati nella nostra storia recente e che stanno allontanando molti dalla Chiesa. Con urgenza siamo chiamati, come generazione di battezzati, a sopperire a una carenza, è mancata un’educazione alla corresponsabilità di tutto il popolo di Dio, nel quale vescovi e presbiteri sono venuti a concentrare tutte le funzioni ministeriali, delegate all’occorrenza, occasionalmente e per supplenza. Una chiesa comunione, realtà complessa dove carismi e ministeri delle persone battezzate vengono riconosciuti e rappresentati nei luoghi di riflessione teologica e di decisione, è l’antidoto al clericalismo che impoverisce la comunione e genera tanta solitudine, anche in coloro che sono investiti di potere. La testimonianza della comunione è parte integrante della missione evangelizzatrice. Una Chiesa che non testimonia l’accoglienza della comunione non può evangelizzare. Disperde, scandalizza e ne viene vanificato ogni annuncio. Annunciare il Vangelo non è proselitismo. La Chiesa cresce per attrazione e per testimonianza. Nel nostro viaggio lo Spirito del Signore ci accompagna, ci guida, ci precede, ci prepara la strada, lavora i cuori.

Lo Spirito Santo, dice Papa Francesco, è la forza divina che cambia il mondo. Entra nelle situazioni e le trasforma; cambia i cuori e cambia le vicende. Lo Spirito sblocca gli animi sigillati dalla paura. Vince le resistenze. Fa camminare chi si sente arrivato. Non rivoluziona la vita intorno a noi, ma cambia il nostro cuore. È necessario che l’uomo riscopra il valore fondamentale dell’umiltà, del riconoscersi fragile e per questo bisognoso di camminare insieme agli altri. Le parrocchie devono essere all’altezza dei tempi, hanno il compito di far sentire le persone a casa, rappresentano l’agire concreto della Chiesa, i laici che frequentano la parrocchia si devono ritrovare in questa casa comune per adorare il Signore, per attingere forza, per imparare ad evangelizzare il mondo esterno. Abbiamo bisogno in ultima analisi di parrocchie desiderose di interagire con i problemi di tutti, di appassionarsi alle questioni di ciascuno e capaci di mettersi a servizio di sforzi comuni, condividendo la comune preoccupazione educativa e favorendo quelle reti di sostegno dei più fragili, dell’ambiente e della legalità. La parrocchia non propone la cura esclusiva delle proprie cose, ma la gratuità di un impegno libero e appassionato a fianco degli uomini del nostro tempo.

Occorre un cambiamento dei cuori, delle relazioni, degli obiettivi, della considerazione di noi stessi e degli altri e un ripensamento della nostra posizione all’interno della comunità parrocchiale di appartenenza, poiché da questa, se le cose funzionano, potrà derivare un ripensamento della nostra posizione all’interno della comunità sociale. Allora, sistemate tutte le cose nei nostri cuori e ripensato il nostro stile di vita, potremo pensare a quel bene comune dal quale siamo partiti all’inizio di questo cammino.

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