Sui social i video dedicati alla cucina e alle ricette stanno andando alla grande. A fruirne sono inaspettatamente moltissimi adolescenti, che spesso diventano anche protagonisti di filmati dove in poche sequenze spiegano come preparare una pietanza, o con quali criteri impostare la propria tabella nutrizionale.
L’interesse manifestato dalle giovani generazioni per l’alimentazione è apprezzabile e a darne riscontro è pure il recente monitoraggio “Food Mood” dedicato ai “nuovi atteggiamenti degli adolescenti nei confronti del cibo nell’era Covid-19”, un’iniziativa dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, in collaborazione anche con l’Anbi (Associazione nazionale bonifiche irrigazioni miglioramenti fondiari) e il Consorzio di bonifica di Piacenza.
Secondo la ricerca la pandemia ha modificato le abitudini alimentari di oltre la metà degli adolescenti intervistati.
Tra i cambiamenti registrati, una maggiore attenzione verso la sicurezza dei prodotti consumati e una diffusa propensione al “salutismo” alimentare: due adolescenti su tre hanno iniziato a scegliere cibi con meno grassi, meno zuccheri, meno sale e/o hanno bilanciato la quantità complessiva di cibo consumato. Il monitoraggio ha evidenziato anche una riscoperta della “dieta mediterranea” e dei prodotti tipici del territorio italiano.
In campo alimentare però c’è ancora molta strada da fare. Le conoscenze sui valori nutrizionali degli alimenti devono essere ampliate. Occorre una maggiore sensibilizzazione riguardo gli sprechi, che sono ancora troppo marcati sulle nostre tavole.
È vero che i giovani appaiono sempre più consapevoli e sono orientati a fare scelte salutiste a tavola, ma si constata anche la generale consuetudine di trarre le proprie informazioni dai social più che da fonti maggiormente autorevoli.
La tendenza a cimentarsi online con le ricette ipocaloriche diviene in certi casi virale, parallelamente ad alcune degenerazioni del comportamento alimentare, ad esempio una certa ossessività per il salutismo che poi si trasforma in un disturbo definito dai medici “ortoressia”.
Le riflessioni sul cibo necessitano dunque di trovare organicità e di essere organizzate all’interno di veri e propri percorsi educativi da attuare nelle famiglie e a scuola.
Il tema è ampio perché mangiar bene significa anche essere in armonia con l’ambiente e con gli altri. Il cibo è socialità e convivialità, cultura dello scambio e del dialogo. L’alimentazione è storia ed economia, risente dei processi di globalizzazione ed è sollecitata dagli stimoli della multietnicità. È inoltre frutto della ricerca e dell’applicazione scientifica.
Non dimentichiamo, poi, che una efficace educazione alimentare concorre alla realizzazione del punto tre dei goal indicati nell’Agenda Onu 2030. In esso salute e benessere sono evidenziati come obiettivi imprescindibili fra i cittadini europei. Nei documenti ufficiali viene spiegato che, per raggiungere lo sviluppo sostenibile, è fondamentale garantire una vita sana e promuovere il benessere a tutte le età. I risultati, infatti, incidono sull’aspettativa di vita delle persone e sulla riduzione di alcune patologie e cause di morte.
Da non sottovalutare, inoltre, come una sana educazione alimentare possa sostenere gli adolescenti nel proprio percorso di costruzione dell’identità nell’ambito non secondario della relazione con il proprio corpo.
Sul tema dell’aspetto fisico i giovani sono ancora molto vulnerabili e fortemente condizionati dal confronto con il gruppo dei pari. Oltre allo stereotipo della magrezza, si fanno strada altre insidie come la vigoressia, cioè una forma di dismorfofobia, contraddistinta dalla continua ossessione per il tono muscolare, l’allenamento, la massa magra, la dieta ipocalorica e iperproteica e, infine, la tenuta atletica del corpo.
A condizionare il rapporto con il cibo degli adolescenti concorrono poi blogger, influencer, moda. Una esposizione quest’ultima che aumenta pericolosamente con l’età, passando dal 63,5% tra gli studenti delle scuole medie inferiori al 70,1% delle superiori.
Fonte: Silvia Rossetti – Sir