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Le aree interne possono divenire un laboratorio d’idee, una risorsa viva, un tesoro straordinario per tutto il Paese

Vescovi da tutto il paese riunito il 30 e 31 agosto per discutere dello sviluppo delle ‘Aree interne’, zone distanti dai centri principali e, per questo, fragili.

“Come vescovi provenienti da tutto il Paese, riuniti a Benevento per riflettere sui criteri di discernimento con l’obiettivo di elaborare una pastorale per le Aree interne, ringraziamo anzitutto il Signore per l’esperienza di comunione vissuta: questi giorni ci hanno aiutato a conoscerci meglio e a stabilire relazioni più fraterne tra noi, a fare esperienza di sinodalità, a ‘crescere nel servizio alla comunione’, ‘tutti insieme, in unità e senza campanilismi’, come ci ha chiesto, nella sua lettera, Papa Francesco”. Inizia così il comunicato finale diffuso mercoledì 31 agosto, al termine dell’Incontro dei vescovi della “Aree interne”, che si sono riuniti, per la seconda volta, a Benevento, il 30 e il 31 agosto.

All’appuntamento, promosso dall’arcivescovo di Benevento, Mons. Felice Accrocca, hanno partecipato presuli provenienti da dodici Regioni: Sicilia, Sardegna, Calabria, Basilicata, Puglia, Campania, Molise, Abruzzo, Lazio, Toscana, Emilia-Romagna, Piemonte. Nella prima giornata è intervenuto Mons. Giuseppe Baturi, arcivescovo di Cagliari e vice presidente della Cei, e nella giornata conclusiva il Card. Matteo Maria Zuppi, presidente della Cei. Nel suo saluto introduttivo, Mons. Accrocca ha evidenziato come “le Aree interne, prima ancora che di sostegni economici, abbiano bisogno di una seria progettualità a medio e lungo termine, e cioè abbiano bisogno anzitutto – e torno al punctum dolens – d’intelligenza politica”. Mons. Mariano Crociata, vescovo di Latina-Terracina-Sezze-Priverno, nel pomeriggio della prima giornata, è intervenuto sul tema “Una pastorale per le Aree interne: spunti di riflessione”.

Ai vescovi delle “Aree interne” è giunto, all’apertura dell’Incontro, anche il messaggio di Papa Francesco, che ha espresso “apprezzamento per questo cammino di confronto e di amicizia, che richiede di essere percorso con la mente e il cuore aperti, per testimoniare una Chiesa inclusiva e senza barriere nella quale ognuno possa sentirsi accolto”. In particolare il Pontefice, come hanno ricordato i presuli nel loro comunicato finale, ha rivolto un’esortazione: “Tutti insieme, in unità e senza campanilismi, non stancatevi di porre gesti di attenzione alla vita umana, alla salvaguardia del creato, alla dignità del lavoro, ai problemi delle famiglie, alla situazione degli anziani e di quanti sono ai margini della società. Così sarete immagine dinamica e bella di una Chiesa che vive accanto alle persone, con una predilezione per i più deboli, che è al servizio del popolo santo di Dio perché si edifichi nell’unità della fede, della speranza e della carità”.

“Le Aree interne costituiscono una larga porzione del Paese, accomunata da alcune criticità, depositaria di straordinarie ricchezze e tuttavia diversificata: sono, per analogia, come la piccola Nazareth, marginale, eppure custode della realtà più preziosa. Non ci rassegniamo ad accompagnarle alla fine, in una sorta di accanimento terapeutico, ma vogliamo costituirci baluardo, forza per difenderle, dando vita a reti solidali capaci di attivare sinergie”, scrivono, nel comunicato finale, i vescovi delle “Aree interne”, che chiedono “alla politica interventi seri, concreti, intelligenti, ispirati da una progettualità prospettica, non viziata da angusti interessi o tornaconti elettorali: in tal senso, qualora entrasse in vigore l’autonomia differenziata, ciò non farebbe altro che accrescere le diseguaglianze nel Paese; come comunità cristiana vogliamo crescere nella consapevolezza e nella partecipazione”.

Molte, ammettono i presuli, “le questioni poste sul tappeto, alle quali non è stato possibile dare adeguate risposte. Ci è chiesto, in ogni caso, il coraggio di uscire da schemi ormai sclerotizzati, di rompere con la logica del ‘si è sempre fatto così’, per ripensare il rapporto tradizione/innovazione, disponibili ad ascoltare la voce dello Spirito, a restituire il primato effettivo alla Parola di Dio e all’annuncio del Vangelo, anche per meglio integrare una pastorale sovente sbilanciata sull’ambito cultuale liturgico”. I vescovi invitano a “ripensare l’esercizio del ministero presbiterale e promuovere con decisione il sacerdozio comune di tutti i battezzati, una ministerialità diversificata e responsabile, la valorizzazione del diaconato permanente, le forze del laicato, quello femminile in particolar modo, che costituisce una parte consistente del tessuto delle nostre comunità, senza dimenticare eremiti e comunità monastiche, che nelle Aree interne più isolate sono la forza segreta che mantiene in vita tante energie”.
“Dobbiamo soprattutto puntare sulla qualità delle relazioni, perché è di questo che c’è estremo bisogno.
La presenza numerosa degli anziani costituisce, in queste nostre realtà, un patrimonio di umanità e di esperienze di vita che va assolutamente valorizzato”, osservano i presuli.

“I flussi migratori possono costituire un’opportunità per ravvivare molte realtà soggette a un decremento progressivo della popolazione, ma è necessario affinare sempre più la disponibilità all’ascolto, ad assumere, nel rispetto della legge, logiche inclusive, non di esclusione”, il pensiero dei vescovi, che assicurano: “Noi c’impegniamo a restare: la Chiesa non vuole abbandonare questi territori, senza per questo irrigidirsi in forme, stili e abitudini che finirebbero per sclerotizzarla. In tal senso c’impegniamo ad aiutare i nostri giovani che vogliono restare, cercando di offrire loro solidarietà concreta, e c’impegniamo ad accompagnare quelli che vogliono andare, con la speranza di vederli un giorno tornare arricchiti di competenze ed esperienze nuove”.

I vescovi delle “Aree interne” concludono: “Sentiamo risuonare, viva, la voce del profeta: ‘Sentinella, quanto resta della notte? Sentinella, quanto resta della notte?’ (Is 21,11). Risponde l’Apostolo: ‘La notte è avanzata, il giorno è vicino. Perciò gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce’ (Rm 13,12). Alla Chiesa, a noi stessi in primo luogo, alla società, alla politica, chiediamo di prendere sul serio tale esortazione.
Le Aree interne, dove la vita non vuole morire, possono divenire un laboratorio d’idee, una risorsa viva, un tesoro straordinario per tutto il Paese: sta a noi, tutti insieme – pastori, comunità cristiana, società civile, politica –, far sì che tale auspicio diventi realtà”.

Fonte: Gigliola Alfaro – Sir

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