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Scaltri sì, ma per il Regno

Commento al Vangelo Lc 16,1-13

Il Vangelo di oggi ci mette a disagio perché non riusciamo tanto a capire il significato profondo di questa parabola. Il padrone lodò l’amministratore disonesto: nonostante gli abbia fregato un sacco di soldi, lo loda dicendo è stato scaltro, furbo. Sembra strano che Gesù nell’ultima parte della sua vita ci incita ad essere disonesti.

Cerchiamo di capire bene la ragione di questa parabola straordinaria; l’amministratore, uno che ha gestito per lungo tempo le attività, le imprese del suo padrone, dopo un po’ ha cominciato a fare la cresta: in fondo cosa è quella mancia in più, quell’euro in più davanti a tutti i soldi del padrone? Ad un certo punto il padrone sembra accorgersene e chiede all’amministratore di rendere conto della gestione. A questo punto avete sentito che l’amministratore decide di trovare un escamotage: decide di farsi degli amici, cioè chiama tutti i debitori del suo padrone e aggiusta i debiti; se uno gli doveva €100.000 dice guarda dammi 60.000, ad un altro gli fa la ricevuta per 100 e va bene così.

A questo punto lui non ha più nessun vantaggio da quello che sta facendo, però, in questo modo il padrone lo loda, anche se a suo danno, perché ha cambiato completamente strategia: non sta rubando al padrone, ma sta rubando per gli altri. So che per noi è strana questa cosa, eppure è bellissima: Gesù, attraverso le parole del padrone, loda la scaltrezza di questo tizio per dire che fino a quel momento egli ha pensato solo a se stesso, ha fregato il padrone approfittando della sua fiducia per mettersi in tasca i soldi, per comprarsi l’appartamento in montagna, per comprare la macchina grande, e invece a questo punto, quando lui si rende conto del destino della sua vita, quando si rende conto che qualora il padrone lo scoprisse sarebbe fregato, allora decide di cambiare radicalmente: non investirà più in denari rubati, ma in amici. Ed è proprio questo il significato della parabola: Gesù, infatti, dice fatevi degli amici anche con la disonesta ricchezza.

Il gesto dell’amministratore, se ci pensate, è un po’ sciocco perché non fa che aggravare la sua posizione, porta a rubare ancora di più, ma stavolta per farsi degli amici. Questo cambio di prospettiva è importante e Gesù sembra quasi passare anche sopra al fatto che esso è frutto comunque di un furto. Ciò che conta per Gesù è il cambio di prospettiva. Egli ci chiede se siamo capaci di guidare la nostra vita come fa l’amministratore. Essere furbi significa chiedersi per che cosa stiamo investendo? Chi sta vivendo al posto nostro? La nostra vita molto spesso ha l’impressione di essere una vita che segue la corrente, ha l’impressione di essere una vita che segue l’istinto, che segue quello che dicono gli altri o il giudizio degli altri. Gesù ci invita a farci due conti in tasca e invece di passare il tempo a lamentarsi che la vita non va, ci dice di cominciare a prendere in mano sul serio la vita.

Sei tu a dirigere la tua vita, sei tu a guidare il pullman su cui sei seduto, chiediti verso che cosa lo stai conducendo, qual è l’obiettivo della tua vita e se vedi che stai sbagliando strategia, investi su qualcosa di diverso, come l’amministratore che prima investe sul denaro e poi sulle amicizie. L’amministratore in fondo ha investito sulle amicizie perché quelle non passano e pazienza se sono state ottenute in maniera un po’ furbesca. Egli si è fatto due conti e forse è il momento di farceli anche noi. Cerchiamo di avere un po’ di giudizio in quello che facciamo, un giudizio che ci deriva dall’appartenere al Signore, dall’aver orientato la nostra vita al vangelo per aver accolto la vita buona del Vangelo. Paolo nella seconda lettura invita coloro che evangelizza a vivere in questo mondo senza costruirci un regno fuori da tutto e tutti; dobbiamo vivere in questo mondo con scaltrezza; perciò, con scaltrezza Paolo chiede ai suoi di pregare per i governanti che non ci tormentino troppo.

Anche Amos, questo straordinario profeta del Nord parla contro il malcostume. La Liturgia probabilmente mette insieme al Vangelo questa pagina per non correre il rischio di farci l’idea di essere disonesti e di essere anche lodati da Gesù. Amos ci esorta a vivere l’onestà, a vivere una vita vera, bella, alla luce del Vangelo, basata sulla giustizia. Egli se la prende con i ricchi del nord che non vedono la miseria del popolo, che se ne fregano, che tengono lontani gli altri pur di non essere infastiditi dal volto del povero. Allora nella nostra vita concreta, sociale, nella nostra vita economica, nelle nostre scelte, chi o che cosa sta guidando la nostra vita? Potremmo accorgerci che qualcosa non va e questo può essere la molla per farci cambiare prospettiva. Facciamo un po’ come quell’amministratore disonesto che scaltramente in un momento di difficoltà invece di piangersi addosso, di dare la colpa agli altri, prende in mano la sua vita. Il Vangelo continua con altre indicazioni molto belle per noi discepoli. La prima riguarda la ricchezza. Mi rendo conto che è sempre estremamente imbarazzante parlare della ricchezza fra noi cristiani perché abbiamo una sorta di idiosincrasia verso la ricchezza; siamo tutti i francescani con i soldi degli altri. Purtroppo, abbiamo anche affrontato in questi anni persone che, pur dicendosi cristiane, hanno avuto un rapporto disturbato rispetto al denaro.

La Bibbia dice una cosa molto bella: il denaro non è una cosa sporca, non è una cosa brutta; potremmo riassumere tutto il pensiero della Bibbia dicendo che la ricchezza è sempre dono di Dio e la povertà è sempre responsabilità del ricco come vedremo anche domenica prossima. Gesù però ammonisce i suoi dicendo di fare attenzione perché la ricchezza è un inganno; non puoi servire Dio e mammona, cioè non puoi investire su mammona come se fosse un Dio perché la ricchezza promette ciò che non può mantenere, promette una felicità che in realtà non è in grado di dare.

Questo forse dovremmo ricordarcelo; pensate a quante lotte per questioni di eredità, pensate quanti malumori per questioni di soldi all’interno delle parrocchie, delle diocesi. Insomma, dobbiamo veramente imparare ad essere molto liberi su questo, farci furbi anche su questo aspetto. Un’ultimissima annotazione del Signore è proprio la conclusione di questa bella parabola, di questo bel racconto: l’invito ad essere attenti alle piccole cose. A volte noi teoricamente siamo molto attenti, abbiamo un pensiero giusto, corretto, un giudizio giusto, un’azione corretta, però a volte quando entriamo nel dettaglio ci rendiamo conto che qualcosa non torna, che qualcosa non funziona; ci rendiamo conto che a volte troppo spesso non siamo poi così centrati e scaltri come invece dovremmo essere nelle piccole cose. Giorno per giorno, nelle attenzioni, nella consapevolezza di quello che facciamo, insomma nelle piccole cose, dobbiamo essere orientati al bene, dobbiamo essere orientati a quel riflesso dell’amore di Dio che riceviamo in attesa del regno. Questo è un suggerimento che il Signore ci dà in questa domenica.

Vi auguro una splendida settimana.

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