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L’irruenza del cuore d’oro

Disorientamento, frustrazione, insonnia, smarrimento. Salutare un buon parroco dopo vari anni di cammino insieme, non è semplice. Si creano legami che è doloroso spezzare. C’è poi l’ansia del cambiamento soprattutto se oltre al parroco cambia anche la sede parrocchiale: cosa ne sarà di noi? Tutto quello che abbiamo costruito che fine farà? Sono paure e timori giusti. Soprattutto se è don Carlo Candido la persona a cui ci riferiamo.

Dopo le ultime nomine e trasferimenti parrocchiali del 27 settembre scorso molte persone – non solo di Ischia Ponte – sono rimaste attonite. Che senso ha tutto ciò?

Don Carlo è un punto di riferimento per tanti isolani. La sua irruenza scuote e smuove gli animi al punto da dare fastidio ad alcuni, a chi preferisce che le cose non cambino per interessi personali, giochi di potere, in ambito politico, sociale, ecclesiale.

Quanti di noi hanno notato file e file di persone in sacrestia ad attenderlo per parlargli. A qualsiasi ora del giorno e della notte. Al Ponte arrivavano giovani, mamme, papà, nonne da tutta l’Isola. E lui ha sempre trovato spazio per ognuno. Costi quel che costi. E ne ha risentito, fisicamente, con un bel po’ di problemi personali da risolvere. Una vita spesa interamente per gli altri.

Famiglie ricomposte, atei che hanno conosciuto un Dio che non ti giudica ma ti ama, giovani sull’orlo del suicidio (tanti) salvati, anche alle 3 di notte e aiutati nel ritrovarsi e scoprire che la vita è un’occasione da non sciupare. Mariti e papà rovinati dal gioco d’azzardo che scoprono in quel pozzo di dolore l’ancora per ricominciare a vivere. Stare attenti alle necessità delle famiglie, dei ragazzi disagiati, accogliere persone nuove alla ricerca di un senso per vivere, ravvivare le strade della città, sfamare più di cinquanta nuclei familiari in povertà, pagare le bollette a chi non ce la fa…

Don Carlo, dal cuore d’oro (com’è stato spesso citati sui social) è tutto questo e tanto altro ancora.

Il vescovo di Ischia lo sa bene. Conosce don Carlo da anni. Ma la sua scelta, come spiega il codice di diritto canonico, ha una motivazione legata all’utilità spirituale delle persone, quindi di tutta la Chiesa. Il trasferimento non è un’imposizione ma nasce dal dialogo tra il pastore e il presbitero che l’aiuta nel servizio ecclesiale. Mons. Pascarella ha in cuore il bene dell’intera Isola.

Per vari motivi un parroco può essere spostato dalla parrocchia dov’è stato nominato. Ma dopo nove anni è buona prassi che ci sia una rotazione affinché la comunità parrocchiale si rinnovi nella ricerca della volontà di Dio guidata dalla forza dello Spirito Santo. È vero, non sempre è successo. In passato sono state fatte scelte diverse. Possono esserci stati errori e spesso si genera un disappunto nei confronti proprio del vescovo che chiede i cambiamenti in spirito sinodale ma che deve anche fare i conti con il numero dei sacerdoti che diminuisce (pochi seminaristi e vari parroci vicini alla pensione). Non solo ad Ischia. Succede ovunque, in ogni diocesi in giro per il mondo.

La prospettiva futura per l’Isola è che alcune parrocchie dovranno mettersi insieme sotto un solo sacerdote. Questa prospettiva non è nuova per Ischia. Già ci sono casi in cui un sacerdote guida più parrocchie limitrofe. “Si spera poi che ci siano laici maturi che in futuro possano collaborare nelle diverse comunità parrocchiali – ha spiegato il vescovo Pascarella in un’intervista rilasciata qualche giorno fa –  e non far spegnere la ‘fiaccola’ o le diverse tradizioni che esistono nelle diverse realtà parrocchiali”. Questo vale per Ischia Ponte dov’è stata spostata la sede parrocchiale ma la comunità resta. Perché non sono le mura ma i fedeli a costruire la Chiesa.

Ed ecco spiegata anche la nomina di don Marco Trani in qualità di moderatore delle tre parrocchie intorno il porto d’Ischia. “Don Marco, essendo più giovane e con più energie – ha ribadito il vescovo – rispetto agli altri due parroci ultra 75enni, dovrebbe coordinare alcune attività delle tre realtà parrocchiali. Su alcune attività ci potrà essere quindi più omogeneità e rapporti di comunione fra le tre realtà parrocchiali”.

C’è un senso di risentimento, che nulla ha a che vedere con l’esperienza di fede e di collaborazione che deve animare una comunità parrocchiale.

Cosa possiamo fare adesso?

Non buttiamo al vento tutto ciò che c’è stato finora. Dobbiamo restare uniti e perseverare, vivere bene l’attimo presente come fosse l’ultima cosa che facciamo su questa terra. Così come ha sempre insegnato don Carlo. Costruire il Paradiso oggi per lasciarlo ai nostri figli. La fede ritrovata e costruita in questi anni grazie a lui deve poter essere ravvivata ogni giorno in quel rapporto costante con Dio nel tabernacolo.

Va via don Carlo, non può morire tutto. Ha seminato tanto, adesso è il momento in cui l’orgoglio della comunità esca fuori per far vedere che si è in grado di camminare da soli in spirito di fede.

Preghiamo per don Carlo, per il suo futuro affinché insieme al vescovo capiscano ciò che lo Spirito Santo vuole. Preghiamo per il suo successore, per il vescovo e per la Chiesa di Ischia. Il dolore nell’anima c’è ma abbiamo scelto Dio. Le persone transitano, solo Dio resta. Solo l’Amore resta. Il bene seminato darà i suoi frutti.

d Lorenzo Russo

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