Commento al Vangelo Mt 24,37-44
Ecco di nuovo, amici, il tempo dell’Avvento. Ancora un altro? Si, ancora un altro, ma non come l’anno scorso perché tu non sei quello dell’anno scorso. Ancora una volta torna l’Avvento a dirci che non è finita, che non tutto è perduto, che tutto ha bisogno ancora di redenzione, che Dio non si è stancato di te e di me. Torna l’Avvento a dirci ancora una volta: Accorgiti! Renditi conto! Svegliati! Abbiamo lasciato il Vangelo di Luca che lo scorso anno ha provato a farci diventare nuovamente discepoli, ci ha mostrato il volto del Padre, la sua tenerezza, il modo di seguire questo padre e la pasta con cui deve essere fatta la nostra fede.
Adesso Luca passa il testimone a Matteo, lo scriba che trae dal suo tesoro cose antiche e cose nuove. È lui che ci indicherà in questo nuovo anno i passi da fare. Non stiamo qui ad aspettare il nostro Natale sdolcinato e tradizionale, ma l’avvento è il grido forte che la Chiesa innalza chiedendo a Gesù di ritornare presto! Maranathà! Vieni subito! Vogliamo il tuo ritorno! Ma sappiamo che questo non è vero perché ci siamo accomodati in questa vita, ci siamo adagiati nel fare quello che fanno tutti. Nel vangelo in questa domenica troviamo questa espressione: «Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio». E cosa c’è di strano? Che deve fare una persona normale? Si nutre e si accoppia. C’è altro? In fondo come passiamo la nostra vita: a soddisfare bisogni corporali e affettivi. Di cosa dovrebbe occuparsi la nostra vita? Nel presente tra estetica e gare di cucina, passiamo la vita a correre dietro all’uno o l’altro bisogno. Il risultato è la non felicità. Non si accorsero – dice Gesù – è il rischio che corriamo tutti, quello di non accorgerci che abbiamo bisogno di una barca per salvarci. C’è un altro diluvio che può accadere nella vita. Gesù ce ne parla con la similitudine del ladro che arriva di notte. Quel ladro è proprio il Figlio dell’uomo! È proprio lui, l’altro, il Padrone purtroppo è l’immagine di noi uomini accomodati nel nostro modo di vivere. Il Figlio dell’uomo è il ladro che viene improvvisamente, di notte ed entra in casa sua.
Chi vive comodamente, tirando avanti la giornata, schiavo della dittatura delle cose da fare si sente travolto dal momento in cui la provvidenza da una svolta alla nostra vita. Quando la realtà con qualcosa di serio bussa alla nostra porta ci sconvolge, ci sentiamo basiti, depauperati. Quando la realtà cambia i nostri piani viene a ricordarci che non siamo i padroni. Quando una persona ha costruito la “sua” casa, la “sua” famiglia, il “suo” lavoro, la “sua” vita è chiaro che si sentirà derubato, si sentirà in disgrazia, si sentirà travolto dagli eventi. Chi appartiene al Figlio dell’uomo, a Cristo e ha scoperto di non essere il padrone, sa che il Signore lo può prendere e può servirsi di lui, può tirarlo via dal campo o dalla mola, chiamarlo ad altro, fino a fargli cambiare vita. Gesù ci chiede di tenerci pronti; per fare cosa? Per lasciare tutto, ricordando chi è il vero Padrone. L’attesa produce gioia, preparativi! Noi non siamo abituati alle attese. Esse ci snervano soprattutto se sono lunghe. Oggi non aspettiamo più niente! Viviamo senza attese, tutto morto, tutto appiattito eppure Cristo ti chiede di giocarti l’opportunità che hai tra le mani. Cosa fare per cogliere questa opportunità? Sempre la parola ci suggerisce tre atteggiamenti. Il primo è svegliarsi. Quando devi mettere la sveglia significa che devi fare qualcosa di importante per cui vale la pena svegliarsi e alzarsi dal letto e questo è il “per amore” che sei invitato a ritrovare in questi giorni. Secondo atteggiamento: Vegliare. Esso significa preparare il cuore.
La liturgia oggi ci offre tre segni per farci comprendere come prepararci al natale: l’acqua, la parola di Dio e la luce; l’acqua è il segno della purificazione, della confessione, della penitenza, della volontà di dire a Dio oggi torno a te, il mio cuore è vuoto senza di te, la mia vita non ha senso se tu non ci sei; il secondo segno è il lezionario; in questa domenica verrà introdotto il nuovo ciclo di letture con il Vangelo di Matteo; questo è l’invito a prendere la Bibbia in mano in questi giorni, a riprendere il Vangelo e a respirare Dio nelle pagine che parlano di lui; a dedicare tempo alla parola tutti i giorni fino a natale per sentire l’attesa del popolo che cerca il messia! L’ultimo atteggiamento è camminare nella luce. Cosa significa camminare nella luce? Essere trasparenti, senza doppiezze, senza doppi giochi, senza secondi fini, senza sorrisi avanti e pugnalate con la lingua dietro, camminare nella luce è sorvegliare la porta delle labbra; camminare nella luce significa lasciarsi condurre dalla luce che è Gesù. In questo modo stiamo affrettando il ritorno del Signore Gesù. Buon cammino di Avvento a tutti!
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Commento al Vangelo Mt 24,37-44
Ecco di nuovo, amici, il tempo dell’Avvento. Ancora un altro? Si, ancora un altro, ma non come l’anno scorso perché tu non sei quello dell’anno scorso. Ancora una volta torna l’Avvento a dirci che non è finita, che non tutto è perduto, che tutto ha bisogno ancora di redenzione, che Dio non si è stancato di te e di me. Torna l’Avvento a dirci ancora una volta: Accorgiti! Renditi conto! Svegliati! Abbiamo lasciato il Vangelo di Luca che lo scorso anno ha provato a farci diventare nuovamente discepoli, ci ha mostrato il volto del Padre, la sua tenerezza, il modo di seguire questo padre e la pasta con cui deve essere fatta la nostra fede.
Adesso Luca passa il testimone a Matteo, lo scriba che trae dal suo tesoro cose antiche e cose nuove. È lui che ci indicherà in questo nuovo anno i passi da fare. Non stiamo qui ad aspettare il nostro Natale sdolcinato e tradizionale, ma l’avvento è il grido forte che la Chiesa innalza chiedendo a Gesù di ritornare presto! Maranathà! Vieni subito! Vogliamo il tuo ritorno! Ma sappiamo che questo non è vero perché ci siamo accomodati in questa vita, ci siamo adagiati nel fare quello che fanno tutti. Nel vangelo in questa domenica troviamo questa espressione: «Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio». E cosa c’è di strano? Che deve fare una persona normale? Si nutre e si accoppia. C’è altro? In fondo come passiamo la nostra vita: a soddisfare bisogni corporali e affettivi. Di cosa dovrebbe occuparsi la nostra vita? Nel presente tra estetica e gare di cucina, passiamo la vita a correre dietro all’uno o l’altro bisogno. Il risultato è la non felicità. Non si accorsero – dice Gesù – è il rischio che corriamo tutti, quello di non accorgerci che abbiamo bisogno di una barca per salvarci. C’è un altro diluvio che può accadere nella vita. Gesù ce ne parla con la similitudine del ladro che arriva di notte. Quel ladro è proprio il Figlio dell’uomo! È proprio lui, l’altro, il Padrone purtroppo è l’immagine di noi uomini accomodati nel nostro modo di vivere. Il Figlio dell’uomo è il ladro che viene improvvisamente, di notte ed entra in casa sua.
Chi vive comodamente, tirando avanti la giornata, schiavo della dittatura delle cose da fare si sente travolto dal momento in cui la provvidenza da una svolta alla nostra vita. Quando la realtà con qualcosa di serio bussa alla nostra porta ci sconvolge, ci sentiamo basiti, depauperati. Quando la realtà cambia i nostri piani viene a ricordarci che non siamo i padroni. Quando una persona ha costruito la “sua” casa, la “sua” famiglia, il “suo” lavoro, la “sua” vita è chiaro che si sentirà derubato, si sentirà in disgrazia, si sentirà travolto dagli eventi. Chi appartiene al Figlio dell’uomo, a Cristo e ha scoperto di non essere il padrone, sa che il Signore lo può prendere e può servirsi di lui, può tirarlo via dal campo o dalla mola, chiamarlo ad altro, fino a fargli cambiare vita. Gesù ci chiede di tenerci pronti; per fare cosa? Per lasciare tutto, ricordando chi è il vero Padrone. L’attesa produce gioia, preparativi! Noi non siamo abituati alle attese. Esse ci snervano soprattutto se sono lunghe. Oggi non aspettiamo più niente! Viviamo senza attese, tutto morto, tutto appiattito eppure Cristo ti chiede di giocarti l’opportunità che hai tra le mani. Cosa fare per cogliere questa opportunità? Sempre la parola ci suggerisce tre atteggiamenti. Il primo è svegliarsi. Quando devi mettere la sveglia significa che devi fare qualcosa di importante per cui vale la pena svegliarsi e alzarsi dal letto e questo è il “per amore” che sei invitato a ritrovare in questi giorni. Secondo atteggiamento: Vegliare. Esso significa preparare il cuore.
La liturgia oggi ci offre tre segni per farci comprendere come prepararci al natale: l’acqua, la parola di Dio e la luce; l’acqua è il segno della purificazione, della confessione, della penitenza, della volontà di dire a Dio oggi torno a te, il mio cuore è vuoto senza di te, la mia vita non ha senso se tu non ci sei; il secondo segno è il lezionario; in questa domenica verrà introdotto il nuovo ciclo di letture con il Vangelo di Matteo; questo è l’invito a prendere la Bibbia in mano in questi giorni, a riprendere il Vangelo e a respirare Dio nelle pagine che parlano di lui; a dedicare tempo alla parola tutti i giorni fino a natale per sentire l’attesa del popolo che cerca il messia! L’ultimo atteggiamento è camminare nella luce. Cosa significa camminare nella luce? Essere trasparenti, senza doppiezze, senza doppi giochi, senza secondi fini, senza sorrisi avanti e pugnalate con la lingua dietro, camminare nella luce è sorvegliare la porta delle labbra; camminare nella luce significa lasciarsi condurre dalla luce che è Gesù. In questo modo stiamo affrettando il ritorno del Signore Gesù. Buon cammino di Avvento a tutti!
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Don Cristian Solmonese
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