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Consolazione nell’afflizione

papa francesco durante catechesi

«Perché siamo desolati?» Con questa domanda Papa Francesco continua la catechesi sul discernimento: «Riprendiamo oggi le catechesi sul tema del discernimento. Abbiamo visto come sia importante leggere ciò che si muove dentro di noi, per non prendere decisioni affrettate, sull’onda dell’emozione del momento, salvo poi pentircene quando ormai è troppo tardi. Cioè leggere cosa succede e poi prendere le decisioni. In questo senso, anche lo stato spirituale che chiamiamo desolazione, quando nel cuore è tutto buio, è triste, questo stato della desolazione può essere occasione di crescita. Infatti, se non c’è un po’ di insoddisfazione, un po’ di tristezza salutare, una sana capacità di abitare nella solitudine e di stare con noi stessi senza fuggire, rischiamo di rimanere sempre alla superficie delle cose e non prendere mai contatto con il centro della nostra esistenza. La desolazione provoca uno “scuotimento dell’anima”: quando uno è triste è come se l’anima si scuotesse; mantiene desti, favorisce la vigilanza e l’umiltà e ci protegge dal vento del capriccio. Sono condizioni indispensabili per il progresso nella vita, e quindi anche nella vita spirituale. Una serenità perfetta ma “asettica”, senza sentimenti, quando diventa il criterio di scelte e comportamenti, ci rende disumani. Noi non possiamo non fare caso ai sentimenti: siamo umani e il sentimento è una parte della nostra umanità; senza capire i sentimenti saremmo disumani, senza vivere i sentimenti saremmo anche indifferenti alla sofferenza degli altri e incapaci di accogliere la nostra. Senza considerare che tale “perfetta serenità” non la si raggiunge per questa via dell’indifferenza. … La desolazione è non sentire niente, tutto buio: ma tu cerchi Dio nella desolazione. …  E nella desolazione cercare di trovare il cuore di Cristo, trovare il Signore. E la risposta arriva, sempre».

Nonostante San Francesco d’Assisi fosse un gigante di santità anche lui aveva vissuto momenti di grande sconforto e afflizione come ogni essere umano, soprattutto quando la prova si faceva sempre più dura e le forze fisiche venivano meno. Verso gli ultimi anni della sua vita, il suo corpo era quello di un crocifisso vivente, dolori e afflizioni spesso prendevano il sopravvento, soprattutto il dolore della malattia che lo aveva reso quasi cieco, tanto da temere che ciò fosse una punizione per i propri peccati. “E sostenendo più dì quella pena e tribulazione, cominciò a pensare e a conoscere che quello era uno flagello di Dio per li suoi peccati; e incominciò a ringraziare Iddio con tutto il cuore e con la bocca, e poi gridava ad alte voci e disse: «Signore mio Iddio, io sono degno di questo e di troppo peggio. Signore mio Gesù Cristo, pastore buono, il quale a noi peccatori hai posta la tua misericordia in diverse pene e angoscie corporali, concedi grazia e virtù tu a me tua pecorella, che per nessuna infermità e angoscia e dolore io mi parta da te». E fatta questa orazione, gli venne una voce dal cielo che disse: «Francesco, rispondimi. Se tutta la terra fosse oro, e tutti li mari e fonti e fiumi fossino balsimo, e tutti li monti, colli e li sassi fussono pietre preziose, e tu trovassi un altro tesoro più nobile che queste cose, quanto l’ oro è più nobile che la terra, e ‘l balsimo che l’ acqua, e le pietre preziose più che i monti o i sassi, e fusseti dato per questa infermità quello più nobile tesoro, non ne dovresti tu essere contento e bene allegro? ». Risponde santo Francesco: «Signore, io sono indegno di così prezioso tesoro». E la voce di Dio dicea a lui: «Rallegrati, Francesco, però che quello è il tesoro di vita eterna, il quale io ti riserbo e insino a ora io te ne investisco, e questa infermità e afflizione è arra di quello tesoro beato» (FF 1849).

Papa Francesco conclude: «Di fronte alle difficoltà, quindi, mai scoraggiarsi, per favore, ma affrontare la prova con decisione, con l’aiuto della grazia di Dio che non ci viene mai a mancare. E se sentiamo dentro di noi una voce insistente che vuole distoglierci dalla preghiera, impariamo a smascherarla come la voce del tentatore; e non lasciamoci impressionare: semplicemente, facciamo proprio il contrario di quello che ci dice! Grazie».

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