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A cosa servono le indulgenze?

Si tratta della remissione della pena temporale ottenuta per i peccati e che resta nell’uomo anche dopo aver confessato le sue colpe come una specie di segno o residuo che si manifesta in abitudini disordinate.

“Le indulgenze sono la remissione dinanzi a Dio della pena temporale meritata per i peccati, già perdonati quanto alla colpa, che il fedele, a determinate condizioni, acquista, per se stesso o per i defunti mediante il ministero della Chiesa, la quale, come dispensatrice della redenzione, distribuisce il tesoro dei meriti di Cristo e dei Santi” (Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 312).

Le indulgenze sono la piena manifestazione della misericordia di Dio nei confronti degli uomini. Si tratta della remissione della pena temporale ottenuta per i peccati e che resta nell’uomo anche dopo aver confessato le sue colpe come una specie di segno o residuo che si manifesta in abitudini disordinate. La teologia scolastica, specialmente con Tommaso d’Aquino, sviluppò la dottrina che la Chiesa, per merito delle opere di Cristo e dei santi, possedesse un tesoro inesauribile di meriti (thesaurus ecclesiae: tesoro della Chiesa) che venivano amministrati dal Papa come Vicario di Cristo e dal quale potevano essere trasferiti al peccatore come l’indulgenza delle pene temporali (cioè, per quelle pene per le quali si doveva fare penitenza in purgatorio).

Con l’indulgenza la Chiesa trasferiva dal “thesaurus ecclesiae” al peccatore quello che gli mancava per stare davanti a Dio nuovamente nella sua grazia; in questo modo al peccatore veniva condonata la punizione. Le indulgenze, infatti, sono un vero e proprio tesoro, costituito dai meriti infiniti di Cristo, della Vergine Maria e dei santi, un tesoro inesauribile al quale attinge la Chiesa, per quel principio di solidarietà fraterna che unisce tutti i cristiani, vivi o defunti. San Paolo, nel suo insegnamento sul corpo mistico di Cristo, ricorda come un membro del corpo può influire sul benessere dell’intero organismo, specie se si tratta di un membro eminente quale il capo.

Una solidarietà soprannaturale basata sullo scambio dei beni: le creature più deboli, i peccatori, vengono aiutate a rialzarsi da coloro che hanno meritato grazia, i più poveri di noi possono appropriarsi dei meriti dei più ricchi. L’indulgenza è quindi un perdono, una remissione della pena dovuta per il peccato, ottenuta usufruendo di questo tesoro messo a disposizione dalla Chiesa. Confessando al sacerdote la nostra colpa, essa ci viene tolta, ma rimangono le conseguenze delle nostre azioni negative, che richiedono un attento lavoro di rimozione, cioè di penitenza. La Chiesa, da buona madre, ci viene in aiuto mitigando o condonando la pena da scontare. Il fine dell’indulgenza, tuttavia, non è solo quello di aiutare i fedeli a scontare le pene del peccato, ma anche di spingerli a compiere opere di pietà e di carità, specialmente quelle che giovano all’incremento della fede e al bene comune.

È il perseguimento di tali scopi che porta la Chiesa ad annunciare con forza anche oggi la dottrina delle indulgenze. Il dono dell’indulgenza richiama all’amore che la Chiesa ha per ogni credente, si fa carico del peccato dei suoi figli; con il dono dell’indulgenza la Chiesa educa il credente a vivere e a crescere nell’amore per resistere al peccato e all’egoismo, rafforzando la vita di fede e di speranza. Chi riceve questo dono sperimenta la gioia della riconciliazione, incontrando l’Amore che perdona e trasforma!

Fonte: Paolo Morocutti – Sir

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