Login

Lost your password?
Don't have an account? Sign Up

È questo in sintesi il messaggio che ha voluto lasciare Mons. Giuseppe Baturi, Segretario generale della CEI, che martedì 5 gennaio ha visitato i luoghi della frana a Casamicciola e gli sfollati ospiti dell’Hotel Michelangelo.

La Chiesa c’è, è presente, arriva dove serve, sale sulla terra devastata dalla frana, scava il fango con le braccia dei volontari coordinati dalla Caritas Diocesana, fornisce pasti caldi e bevande ai soccorritori, offre alloggio ai chi non ha più una casa o rischia di non averla più tra poco, offre il conforto dello psicologo se serve, ascolta e agisce concretamente, arriva con lo sguardo paterno e la voce dolce del Vescovo, fa sentire la sua presenza discreta e affettuosa e arriva anche con la presenza di Mons. Giuseppe Baturi, Segretario generale della CEI, che martedì scorso insieme al Vescovo Pascarella, ad una delegazione della Caritas Diocesana, capitanata da don Gioacchino con don Marco Pagniello, direttore di Caritas Italiana , al fianco delle autorità, rappresentate dal Commissario prefettizio Sig.a Calcaterra, e con la supervisione dei vigili del fuoco, ha voluto visitare i luoghi della tragedia che ha sconvolto la già martoriata terra di Casamicciola. E con lui è arrivato l’affetto del Papa che – ha detto Mons. Baturi – segue con apprensione anche le vicende isolane. Il cronoprogramma della visita ha previsto verso le 10:45 una sosta presso Piazza Maio, dove Mons. Baturi ha raccolto le voci degli abitanti delle zone colpite già dal terremoto del 2017, poi la scalata alla frana, la visita alla zona devastata da una natura inconsapevole, che fa il suo corso secondo le leggi inarrestabili della fisica, che travolge tutto senza spiegazioni, paesaggio orrido a vedersi dal vivo – foto e video non rendono che in minima parte l’enormità dell’evento – natura che esplode e travolge senza pietà, strazia case e corpi di giovani e meno giovani, di bambini e neonati. Senza parole, ma con cuore gonfio, Mons. Baturi è poi arrivato vero le 12:00 all’Hotel Michelangelo, che ospita una parte degli sfollati, coloro ai quali la casa è sì stata risparmiata dalla frana, ma ai quali non è concesso – e probabilmente non sarà più concesso – abitarvi.

Nell’Hotel Michelangelo si respira una atmosfera serena: il silenzio, le luci di Natale, gli addobbi, il riscaldamento, la discrezione del personale offrono un riparo sicuro, nel quale sembra che il tempo si sia fermato e nulla di grave possa più accadere. Solo gli sguardi sfuggenti degli sfollati, i quali scivolano via frettolosi, le borse piene di quanto ancora con l’aiuto dei vigili del fuoco riescono a prendere dalle case ormai abbandonate, presenze diverse dai turisti che di solito popolano la hall dell’albergo, rivelando la realtà preoccupante di quanto si sta vivendo. Solo una parte degli sfollati ha potuto essere presente all’incontro che si è svolto nella sala del ristorante per far sentire la propria voce, per presentare le proprie richieste, rappresentare le proprie paure e preoccupazioni. L’incontro si è svolto in un clima collaborativo e sereno, in una atmosfera familiare e con toni pacati. Mons. Baturi ha così esordito:

 «Sono venuto a dirvi che la Chiesa c’è e farà di tutto per non dimenticare né farvi dimenticare»

La Chiesa, ha proseguito Mons. Baturi, è soprattutto una comunità di gente di cuore, che si mette a disposizione, è una comunità che si mette in ascolto e crea ponti, tra le persone e tra le comunità e le autorità. E lo fa nella chiarezza e nella concretezza. Chiarezza e concretezza è appunto quanto hanno chiesto gli sfollati:

«Non ci prendete in giro! – ha sollecitato la Sig.a Teresa a nome di tutti – diteci la verità sulla nostra condizione e sul futuro delle nostre case»

Chiarezza del discorso, concretezza nell’agire, vigilanza sull’operato è quanto sarà fatto, così ha risposto Mons. Baturi:

 «Vengo per ringraziare tutti gli operatori e per dire che come Chiesa siamo a disposizione, sono venuto anche per capire quali sono i bisogni reali del territorio e della gente».

Mons. Baturi ha anche sottolineato che certamente la Chiesa non ha in mano il territorio, che ci sono competenze e distinzioni di ruolo che vanno rispettate e tempi da attendere. Certo è che l’uomo, come ricorda spesso anche Papa Francesco, ha la custodia del creato nelle sue mani, tutto è connesso, vita della natura e vita dell’uomo, salute della terra e salute delle persone e per avere cura dell’uomo bisogna avere cura dell’ambiente. In questo momento è necessario anche non far spegnere i riflettori, come spesso accade dopo grandi tragedie, quando soccorritori e telecamere si allontanano e l’emergenza cede il passo alla routine e alla rassegnazione.

A tal proposito la dott.ssa Calcaterra ha espresso la propria vicinanza alla gente e al territorio:

«È comprensibile la paura e la diffidenza attuale delle persone, questo territorio è stato più volte duramente colpito e ha già provato la durezza dell’abbandono sia con l’alluvione del 2019 che dopo il terremoto del 2017. Io mi sento dalla loro parte, poiché ero già qui come Commissario quando c’è stata la frana, prima di ricevere il nuovo mandato dal Presidente della Repubblica, pertanto vigilerò affinché tutto venga fatto nel migliore e più celere dei modi»

Mons. Baturi ha concluso affermando – quasi come in un manifesto dell’operato del cristiano nella storia – che la Chiesa promuove innanzitutto la partecipazione, abbiamo come cristiani il diritto all’informazione e alla conoscenza, ma anche il dovere della partecipazione, del fare proposte concrete e di partecipare al dibattito con responsabilità per trovare soluzioni ai problemi e, infine, allo stesso modo abbiamo il dovere di denunciare quando le cose non vanno o non sono fatte come promesso. Ma tutto ciò presuppone che alle spalle ci sia una comunità strutturata. Questo è il migliore patrimonio della Chiesa.

Infine il Vescovo Pascarella ha concluso l’incontro ringraziando tutti i volontari e in particolare lodando l’operato di don Gino Ballirano, che si è particolarmente speso con passione per la comunità a lui affidata: «Dobbiamo ora essere più attenti, la Chiesa ha il compito di collaborare con le istituzioni e nello stesso tempo deve avere spirito critico e costruttivo, le promesse vanno mantenute e nel frattempo come Chiesa locale daremo gli aiuti che saremo in grado di dare».

Condividi su:

Facebook
WhatsApp
Email
Stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*
*

su Kaire

Articoli correlati

I 1700 anni del Credo di Nicea

“Occasione straordinaria per essere una luce di speranza nell’oscurità di un mondo diviso e ferito” Il 2025 è l’anno in cui ricorrerà il 1700° anniversario del Primo Concilio Ecumenico di