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Noi adulti sbugiardati cosa sappiamo dire ai nostri ragazzi?

Una riflessione a partire dalla serie di Netflix basata sul romanzo di Elena Ferrante “La vita bugiarda degli adulti”

Il grande racconto, filmico e letterario, de “La vita bugiarda degli adulti” scuote fortemente le coscienze di chi era adolescente ai tempi di Giannina ed è padre o madre di un adolescente oggi. Che gli adulti preparassero i giovani romanzando le loro stesse esistenze ed i loro ideali, senza poi riuscire a tenervi fede, è storia conosciuta fin dai tempi di Plutarco, e dei suoi racconti nella vita dei “Ginnasi”, e di Seneca, il filosofo della felicità semplice che non disprezzò di essere proprietario di un patrimonio immenso e che con la sua vita agiata “sembrava voler superare addirittura l’imperatore” (Tacito, Annali). Il grande filosofo stoico e Andrea, il padre intellettuale di Giannina che parla di comunismo e vive di rituali alto-borghesi, sono uomini senza tempo, esistono da sempre.

Le vite incoerenti degli adulti raccontate da Elena Ferrante non sono dunque un “novus”. Anche Giannina, giovane tradita e raggirata dalla comunità adulta ed in cerca di una verità assoluta che li sbugiardasse per sempre, e che superasse i racconti non convincenti, è un personaggio anticoNella vita di Giannina ci sono due grandi assenti del mondo contemporaneo: il web ed il telefonino. La vita era “analogica”, orizzontale, corporea, e l’unica vera evasione “virtuale” era riposta nel rito di immergersi nella musica con le cuffie di un mangiacassette portatile.

Oggi quel mondo è una terra lontanissima: i litigi, i conflitti, le ricerche, il gioco, le scoperte, la stessa sessualità, sono in grande misura ricerche applicate fuori dal corpo e non dentro. Dentro una chat, dentro nuove forme del dialogo, dentro messaggi audio che non incrociano lo sguardo, e pensieri che partono dai pollici che battono sullo schermo più che dall’articolazione della bocca che cerca di mettere in ordine le parole da buttare fuori (senza un t9 che aiuti). Quello di ieri non era un mondo migliore, come non può esserlo mai il passato rispetto al tempo presente che ci tocca di vivere, ma certamente abbiamo fatto naufragare interi mondi che oggi aprono a nuove forme del conflitto e non sempre ne siamo consapevoli.

Difficilmente inquadriamo i 3 milioni di Neet, i giovani che hanno smesso di studiare e di formarsi per cercare lavoro, come una forma nuova del dissenso di Giannina, del dissenso degli adolescenti contro la vita bugiarda degli adulti. I Neet, che oggi rappresentano in Italia il 26% dei ragazzi tra i 15 ed i 29 anni, ci appaiono un po’ come quei ragazzi che rifiutano di sedersi a tavola quando tutto è pronto o che se si siedono rifiutano di mangiare ciò che è stato preparato per loro. Gli adulti arrabbiati reagiscono per l’ingratitudine, i genitori più clinici fanno domande sulla digeribilità delle pietanze e sulle intolleranze, quelli più ansiosi affogano nei sensi di colpa, i più sbrigativo danno soldi perché mangino fuori e scelgano solo ciò che gradiscono…

Ma un quinto dei ragazzi che non si siede “alla tavola del presente” non è un fenomeno da poco, è il più grande sciopero mai avvenuto. La nostra reazione più o meno univoca è chiedere più fondi per le scuole e per la formazione, come se a Giannina 2.0 interessasse solo avere più opportunità (pietanze) offerte, e non stesse reagendo con un disgusto per la tavola in sè.

La vita “ordinata” degli adolescenti li farebbe percorrere lungo le strade di una società 4.0 in cui dovranno scontrarsi o collaborare con intelligenze artificiali sempre più presenti e pervasive, in cui le mansioni lavorative presenti oggi domani scompariranno perché sostituite da nuove tecnologie, in cui qualcosa del legame sociale si è rotto, perché i figli degli operai e dei contadini degli anni 70 potevano sognare di superare il disagio socio economico dei loro padri, mentre oggi i figli delle fasce povere della popolazione, che sono sempre più povere, vedono un mondo che “si sbatte ma non ce la fa”, con disuguaglianze che aumentano a danno dei più fragili. «Ed allora – sembra dirci questo ragazzo inappetente – perché agitarsi tanto con lo studio e la formazione?».

Le cifre più allarmanti dei Neet sono proprio nelle Regioni del Sud Italia, dove la disuguaglianza morde. Ed in tutta Italia il tasso di studenti stranieri/immigrati che abbandona la scuola resta altissimo (34,4% contro l’11% medio). Per una buona parte di ragazzi potrebbe essere un problema di scarsa attrattività delle “ragioni di senso” della tavola apparecchiata per loro. Ma anziché capovolgere il desco e lanciare i piatti, come accadeva ed accade nelle società in cui il conflitto è fisico, i ragazzi agiscono spesso mettendosi in modalità “muta”, molti di loro entrano in giochi virtuali in cui costruiscono mondi (come Mindcraft) o ne distruggono altri (come in Fortnite), mentre hanno scelto di “non partecipare” alla costruzione di quello reale.

La Vespa gialla di Giannina è oggi soprattutto un joystick bluetooth, le conversazioni conflittuali sono principalmente chat incandescenti, in cui mancano i sudori delle mani, gli aliti cattivi, l’imbarazzo sul volto ed i profumi.

Nella vita ordinata, l’adolescenza ha da sempre teso a dissolversi nella scoperta della sessualità adulta, ma oggi neanche questa molla atavica sembra essere pungolo per la lotta intergenerazionale e all’orizzonte si intravede un nuovo “sciopero” che arriva da est: secondo il Japan Times, già nel 2016 in Giappone il 70% degli uomini single ed il 60% delle donne single tra i 18 ed i 34 anni non aveva una relazione ed il 40% di questo gruppo non aveva mai fatto sessoCon l’arrivo del metaverso questa condizione di asessualità potrebbe diventare fenomeno diffuso in tante altre nazioni “sviluppate”. La direzione di senso della società disuguale è stata già sbugiardata da questo esercito di ragazzi e ragazze che hanno deciso di non collaborare. Ora la domanda è a noi, noi che un tempo non troppo lontano eravamo in lotta con il nostro mondo adulto: «Cosa ne faremo di questo dissenso?».

Rivedere la storia di Giannina può aiutarci, perché risveglia la nostra adolescenza, senza fingere di essere alla pari dei nostri figli, che ne vivono una molto più complicata di quella che è toccata a noi, nella ricerca di senso. Una ricerca che non si dissolve e risolve nell’aumento della spesa pubblica. Nessun fondo anti-Neet può sostituire la presenza di un adulto seduto a tavola a confliggere con i ragazzi sul senso del mondoDovremmo ricominciare quanto prima a fermarci con loro, nessuna intelligenza artificiale lo farà al posto nostro.

Fonte: Angelo Moretti – Vita

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