Lo scarto generazionale può essere uno scambio di risorse, un’alleanza tra giovani e anziani
La scelta del titolo per la ricerca condotta tra gli associati della Società di San Vincenzo De Paoli, “Volontari due volte”, è stata illustrata dal coordinatore dell’indagine, il professor Andrea Salvini, che ha sottolineato come questa Federazione sia una realtà contemporaneamente ente del Terzo Settore e organizzazione di laici cattolici. Il professore, ordinario di Sociologia Generale nel Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Pisa, riprende il tema dello “scarto generazionale”, sottolineando che i volontari anziani non devono essere considerati un peso, ma una risorsa. Poi si sofferma sul rapporto con i giovani: «Dobbiamo aprire loro le porte e permettere loro di diventare protagonisti. Occorre essere disponibili a modificare le strutture organizzative, se questo può servire ad aumentare il livello di presenza dei giovani».Ma aprirsi significa anche fare rete, parlare di più con gli assistenti sociali, con enti e istituzioni, con altre organizzazioni del Terzo Settore, con esperti. Questa apertura può rivelarsi utile per affrontare un altro problema emerso dall’indagine: “l’insofferenza verso la troppa burocrazia introdotta dalla Riforma”: «Dobbiamo aprirci alle reti per sviluppare la capacità di fronteggiare le difficoltà della burocrazia, anche avvalendoci della collaborazione di professionisti esterni».
Ma verso quali orizzonti naviga il volontariato in Italia? Per rispondere compiutamente alla domanda, occorre comprendere in quale società e in quale Stato si collocano un sistema di relazioni e di responsabilità produttive di solidarietà sociale. È necessario e indispensabile, poi, fare distinzione tra no profit, terzo settore e volontariato: no profit è da riferirsi a soggetti istituzionali, sociali, imprenditoriali che operano senza fini di lucro; terzo settore è quella parte del no profit che – con autonome iniziative – svolge attività imprenditoriali, di servizio, culturali, ecc. attraverso forme di partecipazione sociale; il volontariato si distingue da entrambe, per la sua peculiare gratuità, che esclude a priori qualsivoglia forma di beneficio, economico o non economico, anche indiretto.
Il progressivo riconoscimento legislativo del ruolo e valore del volontariato, ha comportato obblighi burocratici (registrazione, statuto, bilancio, ecc.), cagionando le vibrate proteste di molte associazioni che, però, al tempo stesso, chiedono maggiori tutele: questo denota, nei responsabili del volontariato organizzato, una caduta di richiesta di autonomia ed un desiderio di omologazione con gli interventi pubblici.
Il volontariato organizzato è un valore, una risorsa, ma può indurre molti (soprattutto i più giovani) a praticarne quella forma che chiameremo “di strada”. Esso significa cercare di rendere positivi e vivi i legami tra persone. Per fare ciò non occorre fondare una associazione, solo andare verso le persone, incontrarle, ascoltarle, accorgersi che esse, specie le più deboli e svantaggiate, sono custodi di grandi valori di vita. Queste sono alcune sfide che si possono intravedere nel futuro del volontariato. Le saprà cogliere con coraggio e lungimiranza? Dipenderà anche e soprattutto da quanta e quale formazione verrà riservata ai volontari. Certamente il dibattito è centrale per il futuro della nostra società e deve riaprirsi, oltre che a livello politico – amministrativo, anche in seno alla Chiesa Cattolica.
di Giancamillo Trani