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Uniti in un solo gregge

papa celebra messa dall'ungheria

Papa Francesco celebra messa nella piazza Kossuth Lajos a Budapest

“La libertà è conquistata in modo irreversibile”. Nella piazza degli Eroi di Budapest, san Giovanni Paolo II pronunciava queste parole il 19 agosto del 1991. Allora vi era la preoccupazione che i cambiamenti nell’Europa del dopo crollo del muro di Berlino – a Mosca si era vissuto il colpo di stato che aveva destituito Michail Gorbačëv – potessero fermarsi. Trent’anni dopo Papa Francesco guarda all’Europa che oggi conosce un ritorno al passato con il conflitto che dura da più di un anno in Ucraina. Anche oggi è la libertà conquistata, non solo dai popoli dell’Est, a essere in pericolo: “pare di assistere al triste tramonto del sogno corale di pace, mentre si fanno spazio i solisti della guerra” dice il vescovo di Roma alle autorità, al Corpo diplomatico e alla società civile nell’ex monastero Carmelitano oggi sede del Governo ungherese. E aggiunge: non c’è più “l’entusiasmo di edificare una comunità delle nazioni pacifica e stabile”, e invece “si segnano le differenze, tornano a ruggire i nazionalismi e si esasperano i giudizi e i toni nei confronti degli altri”.

Nella domenica in cui la chiesa fa memoria del buon Pastore, ovvero di Gesù che ama il suo gregge, che è “porta” lui stesso, passaggio tra le tenebre, il buio della cecità e la luce, tra la morte e la vita, e la vita in abbondanza, Papa Francesco celebra messa nella piazza Kossuth Lajos a Budapest e, al Regina coeli, affida alla Madonna il vecchio continente, i cui confini, dice, non siano frontiere che separano i popoli ma zone di contatto; a lei affida i giovani per i quali chiede “un futuro di speranza e non di guerra”.
Due le azioni del buon Pastore che il Papa mette in evidenza: dapprima chiama le pecore, perché le conosce per nome, poi le conduce fuori. Tutti noi siamo, da lui, “chiamati per nome”, chiamati a “accogliere e diffondere il suo amore, a rendere il suo ovile inclusivo e mai escludente”; chiamati a “coltivare relazioni di fraternità e di collaborazione, senza dividerci”. Poi ci spinge a uscire, a “andare incontro ai fratelli”.

È triste, afferma Francesco, vedere “le porte chiuse del nostro egoismo verso chi ci cammina accanto ogni giorno; le porte chiuse del nostro individualismo in una società che rischia di atrofizzarsi nella solitudine; le porte chiuse della nostra indifferenza nei confronti di chi è nella sofferenza e nella povertà; le porte chiuse verso chi è straniero, diverso, migrante, povero. E perfino le porte chiuse delle nostre comunità ecclesiali: chiuse tra di noi, chiuse verso il mondo, chiuse verso chi non è in regola, chiuse verso chi anela al perdono di Dio”. Come Gesù siamo chiamati a essere “una porta aperta, una porta che non viene mai sbattuta in faccia a nessuno”.

Messaggio chiaro in un tempo in cui sono tornati di moda i muri che separano, dividono; messaggio per chiedere di essere “aperti e inclusivi gli uni verso gli altri, per aiutare l’Ungheria a crescere nella fraternità, via della pace”. E ricordando le parole del cardinale arcivescovo di Budapest Péter Erdo – qui si vive “al confine orientale della cristianità occidentale da mille anni” – il Papa afferma che “è bello che i confini non rappresentino frontiere che separano, ma zone di contatto; e che i credenti in Cristo mettano al primo posto la carità che unisce e non le differenze storiche, culturali e religiose che dividono. Ci accomuna il Vangelo ed è tornando lì, alle sorgenti, che il cammino tra i cristiani proseguirà secondo la volontà di Gesù, Buon Pastore che ci vuole uniti in un solo gregge”.

Per oltre 160 chilometri l’Ungheria confina con l’Ucraina e Francesco non poteva dimenticare il dramma che si vive nel cuore dell’Europa. Nell’incontro con i rifugiati, sabato nella chiesa di sant’Elisabetta, aveva ascoltato anche la testimonianza di Oleg uscito dall’Ucraina con la sua famiglia. Così al Regina coeli, affidando a Maria il Continente europeo e la causa della pace, chiede alla Madonna di guardare “ai popoli che più soffrono”, soprattutto “al vicino martoriato popolo ucraino e al popolo russo, a te consacrati. Tu sei la Regina della pace, infondi nei cuori degli uomini e dei responsabili delle Nazioni il desiderio di costruire la pace, di dare alle giovani generazioni un futuro di speranza, non di guerra; un avvenire pieno di culle, non di tombe; un mondo di fratelli, non di muri”.

Fonte: Fabio Zavattaro – Sir

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