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Lo Spirito che dà letizia al cuore

Durante l’Angelus della seconda domenica di maggio, Festa della Mamma, Papa Francesco parla del ruolo dello Spirito Santo: «Il Vangelo di oggi, sesta domenica di Pasqua, ci parla dello Spirito Santo, che Gesù chiama Paraclito (cfr Gv 14,15-17). Paraclito è una parola che viene dal greco, che significa nello stesso tempo consolatore e avvocato. Lo Spirito Santo, cioè, non ci lascia soli mai, sta vicino a noi, come un avvocato che assiste l’imputato stando al suo fianco. E ci suggerisce come difenderci di fronte a chi ci accusa.

Ricordiamo che il grande accusatore è sempre il diavolo, che ti mette dentro i peccati, la voglia di peccato, la malvagità. Riflettiamo su questi due aspetti: la sua vicinanza a noi e il suo aiuto contro chi ci accusa. La sua vicinanza: lo Spirito Santo, dice Gesù, “rimane presso di voi e sta in voi”. Non ci abbandona mai. …Secondo aspetto, lo Spirito Paraclito è il nostro avvocato e ci difende. Ci difende di fronte a chi ci accusa: di fronte a noi stessi, quando non ci vogliamo bene e non ci perdoniamo, … di fronte al mondo, che scarta chi non corrisponde ai suoi schemi e ai suoi modelli. …Se invochiamo lo Spirito, impariamo ad accogliere e ricordare la realtà più importante della vita … E qual è questa realtà più importante della vita? Che siamo figli amati di Dio.

Siamo figli amati di Dio: questa è la realtà più importante, e lo Spirito ci ricorda questo». Nella Leggenda perugina, dove si raccontano gli ultimi istanti della vita di San Francesco d’Assisi, vediamo l’azione dello Spirito Santo che, fino alla fine, esalta lo spirito del beato padre, nonostante sorella morte si avvicini con rispetto e silenzio, senza incutere timore ma gioia e letizia. “Nei giorni in cui Francesco, appena tornato dal luogo di Bagnara, giaceva gravemente infermo nel palazzo vescovile di Assisi, gli abitanti della città, temendo che, se il Santo venisse a morire di notte, i frati ne asportassero segretamente la salma per deporla in un’altra città, deliberarono che delle scolte vigilassero attentamente ogni notte fuori e tutto intorno le mura del palazzo.

Francesco, nelle gravi condizioni in cui si trovava, per dare conforto al suo spirito onde non venisse meno a causa delle aspre e diverse infermità si faceva cantare spesso durante il giorno dai compagni le Laudi del Signore, che lui stesso aveva composto, parecchio tempo prima, durante la sua malattia. Le faceva cantare anche di notte, per dare un po’ di sollievo alle scolte che vigilavano su di lui fuori del palazzo. Frate Elia, vedendo che Francesco, in mezzo a così atroci sofferenze, attingeva dal canto coraggio e gaudio nel Signore, un giorno osservò: «Carissimo fratello, io sono assai edificato e consolato per la gioia che provi e manifesti ai tuoi compagni in questa dura sofferenza e malattia.

Gli abitanti di questa città ti venerano come santo in vita e in morte, certamente. Però, siccome sono convinti che a causa di questa grande e incurabile infermità tra poco hai da morire, sentendo risuonare queste Laudi potrebbero pensare o dire fra sé:– Com’è possibile che uno, vicino a morire, esprima così viva letizia? Farebbe meglio a pensare alla morte!–». Francesco gli rispose: «Ricordi la visione che avesti presso Foligno? Mi dicevi allora che uno ti aveva rivelato che mi restavano da vivere soltanto due anni. Ebbene, anche prima che tu avessi quella visione, per grazia dello Spirito Santo che suggerisce al cuore dei suoi fedeli ogni cosa buona e la pone sulla loro bocca, di frequente io pensavo alla mia fine, giorno e notte. Ma dall’ora che ti fu comunicata quella rivelazione, ogni giorno mi sono preoccupato di prepararmi alla morte».

Poi in un impeto di fervore continuò: «Fratello, lascia che io goda nel Signore e nelle sue Laudi in mezzo ai miei dolori, poiché, con la grazia dello Spirito Santo, sono così strettamente unito al mio Signore che, per sua misericordia posso ben esultare nell’Altissimo!»” (FF 1614).

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