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Dall’edizione dell’  11 Aprile 2020 pag 3

Omelia di Mons. Lagnese per la Messa in Coena Domini di giovedì 9aprile
Evento trasmesso in streaming su Nuvola TV e Facebook

Anna Di Meglio

 

Ma voi, avete capito?”, questa la domanda che Mons. Lagnese ha fatto risuonare giovedì 9 aprile nella Cattedrale vuota durante la sua omelia in occasione della celebrazione eucaristica del Giovedì Santo, in questa anomala e surreale Settimana Santa, nella quale nulla più è come prima. La sua domanda, presa parafrasandola dal Vangelo del giorno, è punto centrale della sua omelia nella quale egli coglie un punto nodale di tutto il Vangelo, punto che emerge in modo ancor più chiaro nella singolare situazione in cui il coronavirus ha gettato tutti i cristiani. Per comprendere meglio ripercorriamo il suo discorso che parte dalla constatazione del vuoto, imposto in chiesa durante la celebrazione dalle norme di sicurezza contro la pandemia. Mons. Lagnese parte dunque dal vuoto, dalla mancanza, come quelli che, abituati a lamentarsi, sciorinano l’elenco di ciò che vorrebbero e non hanno: la folla dei fedeli, i bambini del catechismo, le devote che pregano il rosario, qualcuno che all’ultimo minuto chiede la confessione. Ma a questa desolata constatazione viene contrapposta una certezza consolante: “Una cosa non ci è tolta: il Signore che è qui, in mezzo a noi, ma anche con chi è distante (…), a noi che siamo qui per rendere grazie al Signore per il dono dell’Eucarestia.” Eccolo il punto nodale, la questione centrale, ciò che forse, almeno si spera, il coronavirus ci insegnerà, poiché forse le cose che ci vengono tolte possiamo comprenderle meglio. Forse possiamo capire meglio cosa significa nutrirsi del corpo e del sangue di Cristo e forse possiamo capire meglio il senso della Eucarestia. Essa ci viene spiegata – dice Mons. Lagnese – nel primo versetto del Vangelo del giorno (Gv 13, 1-15) “…li amò fino alla fine” che rappresenta il preambolo e la motivazione di tutto ciò che Gesù compie successivamente, a partire, lo sappiamo, dalla lavanda dei piedi e dall’ultima cena, fino alla morte in croce. L’Eucarestia non è altro che questo: amare fino alla fine, la quale parola fine non è sinonimo di termine o ultimo momento e neanche di estremo momento, ma significa per sempre. Gesù offre se stesso e ci ama per sempre e ogni volta nel Sacramento della Eucarestia. Ma, come chiede Gesù stesso a Pietro e, implicitamente, a tutti i discepoli e anche a noi oggi: ma voi, lo avete capito? avete compreso la portata del mio gesto? La risposta non è positiva. Se avessimo compreso tutti cosa è l’Eucarestia e cosa è la Messa, sarebbe necessario l’intervento delle forze dell’ordine per regolare il flusso dei fedeli, commenta il Vescovo con un pizzico di tristezza citando il santo Curato d’Ars. Noi invece pensiamo di poterne fare a meno, o peggio ci accostiamo ad essa con noncuranza e superficialità. Per questo nella preghiera colletta, nei riti di ingresso della Messa di giovedì si è pregato dicendo: “Signore, fa che attingiamo da questo Sacramento pienezza di carità e di vita”. È necessario capire che questo Sacramento ci serve per amare il prossimo, per avere la forza di imitare Gesù, per lavarci i piedi l’un l’altro. Invece noi non capiamo, siamo come Giuda il quale, mentre il Maestro lavava i piedi ai discepoli, stava già organizzando il suo tradimento, stava facendo di testa sua; o siamo come Pietro, che lo avrebbe rinnegato di lì a poco, o come il resto dei discepoli che scapparono via lasciandolo solo. Viene spontaneo quasi di chiedere a quale scopo, visto tutto ciò, dopo aver compreso cioè quanto i suoi amici più vicini siano inaffidabili, Gesù vada ugualmente avanti. Mons. Lagnese risponde: “Gesù non sa fare altro che amarci e donarsi a prescindere da tutto”. Nell’omelia della Domenica delle Palme il Vescovo aveva detto che “La logica dell’amore è la logica dello spreco.” Questa è l’Eucarestia, un dono che Gesù ci ha lasciato, gratuito e senza misura, fino allo scialacquamento, la sua carne e il suo sangue per avere la forza di imitarlo un po’, almeno tanto quanto è nelle nostre possibilità. Mons. Lagnese conclude auspicando che, passata la pandemia, e per aver provato la privazione, noi possiamo finalmente capire e apprezzare questo grande dono, “…con l’aiuto di Maria, donna eucaristica che ha fatto della sua vita un Magnificat senza fine.”

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