Ci eravamo lasciati alle spalle un giorno lungo ma eccitante, carico di intensità e fisicamente non del tutto riposante. Siamo giovani e un po’ l’adrenalina, un po’ l’ossitocina, i nostri muscoli, tendini, schiene e gambe, se la sono cavata abbastanza bene, malgrado i ripari di fortuna, i posti occupati e i centimetri quadrati da dividere a più piazze.
L’andare incontro al tramonto, lasciato ieri, con la nave che salpava da Civitavecchia, ci ha portati dritto a una serata in festa con musica e cabaret di un artista che in Campania è conosciuto per “Made in sud”. Ilarità, giocosità, battute sono stati gli ingredienti giusti per allentare le tensioni, smorzare le contrarietà che inevitabilmente affiorano in un viaggio, e lasciarci giocosamente scivolare in una dimensione a dir poco surreale. Sullo schema dei ponti nave oltre al burgher family campeggia una discoteca, tentennavamo tra il lasciarci sedurre dal “tunf tunf” o da morfeo…non avevamo fatto i conti che il “Portoghese” infiltrato tra noi: stava preparando il suo spettacolo migliore, e, senza nemmeno avere la possibilità di scegliere con la mente, ci siamo ritrovati, ma forse non ci siamo mai mossi da lì, un salone allestito per l’Adorazione e per le confessioni.
Abbiamo la sensazione che i sacerdoti siano tanti di più di quelli intercettati ieri, qualcuno ne ha contati almeno 80, dove siano stati tutto questo tempo resterà un mistero, sta di fatto che ora sono tutti lì a confessare e poco dopo tutti a celebrare la Messa.
Non si è capito come siamo passati dalla notte al giorno dopo, un po’ per le luci del salone che non si sono mai spente; non ci è ancora molto chiaro se abbiamo dormito o siamo collassati per qualche minuto e ci siamo anche persi la consapevolezza delle abluzioni, della colazione e dello stiracchiamento; un po’ perché è sembrato che il tempo si fosse dilatato in un unico grande, continuo movimento che ci ha condotti alle lodi mattutine, alle catechesi con i vescovi presenti, il nostro (perché lo abbiamo già detto che ormai è nostro, vero?) mons. Carlo Villano, Mons. Beneduce e Mons. Spinillo, finanche alla Santa Messa.
Mentre ci chiedevamo (e chi non lo ha fatto mente) cosa ci facevamo stipati come tanti fratelli migranti, tuttavia nei nostri comodi sacchi a pelo, con il cappuccio della nostra felpetta alzato a coprire i segni della stanchezza sui volti, che recano i marchi delle fragilità che di notte si presentano tutte insieme, ecco che ci siamo ritrovati in una parola spezzata che parla proprio di volti, di precarietà della tenda, che poi è il nostro sacco a pelo, e dell’alzarsi e camminare, quando volentieri poltriremmo per altri due o tre giorni…..il “Portoghese” si è infiltrato così bene che dopo aver origliato i nostri segreti sussurrati, va sull’altare e consegna le risposte a domande mai fatte. Incredibile.
Che spettacolo la Sala spettacolo, allestita apposta per diventare sorgente, pronta all’uso “si vis”, se vuoi, senza impegno, senza obbligo.
Che ci facciamo noi qui? Il senso della domanda contiene già la risposta e non dobbiamo andare nemmeno al ponte superiore per assumerla, ce la consegnano proprio qui, tra un paio di piedi scalzi e un mazzo di carte riposto sul tavolino, le cuffiette posate e la borraccia. Ecco il nostro essere tenda, il nostro peregrinare, il nostro parlare faccia a faccia con il “Portoghese” che passa proprio qui, nei corridoi, tra i tavolini e aspetta che esci dalla toilette e che finisci di lavarti i denti per poterti guardare e farsi guardare.
Poi la gioia, quella che sublima solo con la musica di una chitarra, di un violino, di un canto intonato da qualcuno e portato avanti da tutti i presenti, turisti compresi che ci osservano come chi si stupisce e meraviglia di vedere tanti giovani che si lasciano inebriare dalla potenza del Signore in luogo dell’alcol, che si lasciano sedurre dai canti di gloria, in luogo del “tunf-tunf” e che restano seduti, composti, o si alzano e danzano, con grazia e leggiadria, in luogo di tanti esempi di scompostezza.
Alle operazioni di sbarco, giunti a Barcellona, abbiamo partecipato con poca convinzione. Un particolare teletrasposto ci ha posizionati in un pullman che abbiamo riconosciuto essere quello di ieri e ci siamo chiesti pure come abbiamo fatto a non pensarci che avrebbe viaggiato con noi! Mentre ci accomodiamo nei posti a sedere, pregustiamo un viaggio notturno e tanta ninna…ma qualcuno intona sottovoce con la chitarra “Vieni Spirito, forza dall’alto del mio cuore, fammi rinascere Signore, Spirito”. Il sospetto che il “Portoghese” sia di nuovo in mezzo a noi è forte, due o più indizi formano una prova, ma nessuno di noi ha voglia di alzarsi e cercare negli alloggiamenti dei bagagli a mano e poi la sensazione che aleggi tra noi, ci concilia con il mondo, concilia il sonno, concilia gli animi.
Chissà se è Uno dell’Ufficio Conciliazioni! Lo scopriremo all’arrivo domani, se conteremo uno in più rispetto all’elenco in pdf, allora avremo fatto bingo…diversamente, cercheremo ancora.