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Il Vangelo di domenica scorsa racconta dell’episodio di Gesù che cammina sulle acque e di Pietro che gli chiede di poter fare lo stesso ma poi per paura viene meno la fede e sprofonda finché Gesù non gli tende la mano per salvarlo: «Cari fratelli e sorelle, buongiorno! Oggi il Vangelo narra un particolare prodigio di Gesù: Egli, di notte, cammina sulle acque del lago di Galilea incontro ai discepoli che stanno compiendo la traversata in barca. Ci domandiamo: perché Gesù ha fatto questo? Come uno spettacolo? No! Ma perché? Forse per una necessità urgente e imprevedibile, per soccorrere i suoi che si trovano bloccati dal vento contrario? No, perché è stato Lui a programmare tutto, a farli partire di sera, persino – dice il testo – “costringendoli”. Forse per dare loro una dimostrazione di grandezza e di potenza? Ma questo non è da Lui che è così semplice. Allora, perché lo ha fatto? Perché ha voluto camminare sulle acque? Dietro al camminare sulle acque c’è un messaggio non immediato, un messaggio da cogliere per noi. A quel tempo, infatti, le grandi distese d’acqua erano ritenute sedi di forze maligne non dominabili dall’uomo; specialmente se agitati dalla tempesta gli abissi erano simbolo del caos e richiamavano le oscurità degli inferi. Ora, i discepoli si trovano nel mezzo del lago al buio: in loro c’è la paura di affondare, di essere risucchiati dal male. E qui arriva Gesù, che cammina sulle acque, cioè sopra le forze del male, Lui cammina sopra le forze del male e dice ai suoi: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». È tutto un messaggio che Gesù ci dà. Ecco il senso del segno: le potenze maligne, che ci spaventano e non riusciamo a dominare, con Gesù vengono immediatamente ridimensionate. Lui, camminando sulle acque, vuole dirci: “Non avere paura, io metto sotto i piedi i tuoi nemici” – bel messaggio: “io metto sotto i piedi i tuoi nemici” –: non le persone! non sono quelle i nemici, ma la morte, il peccato, il diavolo: questi sono i nemici della gente, i nostri nemici. E Gesù questi nemici li calpesta per noi».

Anche le Fonti Francescane raccontano di simili episodi che hanno come protagonista il Poverello d’Assisi, il quale, come un altro Cristo, riesce a dominare le forze del mare e salvare chi a lui si era affidato. “Un pellegrino, invalido nel corpo e non del tutto sano di mente per una pazzia di cui aveva sofferto in passato, tornava con la moglie su di una nave, dai paesi d’oltremare. Egli, non ancora del tutto guarito, era arso dalla sete, ma l’acqua mancava; cominciò allora a gridare ad alta voce: «Siate fiduciosi, e riempitemi un bicchiere, perché il beato Francesco ha riempito d’acqua il mio fiasco». Oh, meraviglia! Infatti il fiasco, che avevano lasciato vuoto, fu trovato colmo d’acqua.

Qualche giorno dopo, durante una tempesta, mentre la nave era invasa dai flutti e squassata da altissime onde, sì che il naufragio sembrava imminente, lo stesso malato cominciò a gridare improvvisamente: «Alzatevi tutti, e andate incontro al beato Francesco che sta per venire. Eccolo è qui per salvarci». Così dicendo con grido altissimo e piangendo, si prostrò ad adorarlo. Alla visione del Santo, subito il malato riprese la salute, e il mare si placò (FF 904). … Alcuni marinai di Ancona, sbattuti da una forte tempesta, consideravano ormai inevitabile il naufragio. Disperavano ormai di salvarsi e invocavano supplichevoli san Francesco; apparve allora sul mare uno splendore e con esso la calma, dono divino. Offrirono allora in voto un pallio di grande pregio e ringraziarono infinitamente il loro salvatore (FF 907)”.

Papa Francesco conclude: «Domandiamoci dunque: nelle paure, nelle difficoltà, come mi comporto? Vado avanti da solo, con le mie forze, o invoco il Signore con fiducia? E come va la mia fede? Credo che Cristo è più forte delle onde e dei venti avversi? Ma soprattutto: navigo con Lui? Lo accolgo, gli faccio posto nella barca della mia vita – mai solo, sempre con Gesù –, gli affido il timone? Maria, Madre di Gesù, Stella del mare, ci aiuti a cercare, nelle traversate oscure, la luce di Gesù».

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