Dopo mesi di attesa finalmente la diocesi di Ischia ha potuto conoscere Padre Pizzaballa, il padre francescano custode di Terra Santa.
Indubbiamente, dal momento in cui è stata annunciata la sua presenza, l’intera comunità ha atteso con ansia questo momento. La partecipazione del popolo è stata grande quanto l’attesa!
Mercoledì 20 gennaio un sorridente Padre Pizzaballa è stato accolto in Cattedrale per la catechesi sulle opere di misericordia, come di consueto, dal canto dell’inno giubilare “Misericordes sicut Pater”.
Fra Pierbattista ci ha raccontato di una realtà che spesso proviamo a immaginare, ma che ci siamo resi conto di non conoscere per niente, quanto si vive in Terra Santa e nei paesi vicini, in guerra e nella distruzione più totale.
E’ stato anche molto duro ascoltare la situazione della Siria, un paese distrutto, nelle sue infrastrutture, nei trasporti, nelle comunicazioni, nel sistema scolastico. Una zona che fatica a riprendersi visto che il 90% delle centrali elettriche sono inattive per l’impossibilità di essere raggiunte dal gasolio.
Il sistema sanitario rappresenta un vero problema per la sopravvivenza della popolazione: ci sono solo due ospedali funzionanti, il costo dei medicinali è altissimo e spesso il commercio e la distribuzione dei farmaci cade nelle mani di sciacallaggio e brigantaggio.
In Siria ci sono stati circa 2 milioni di profughi che si sono riversati tra Europa e Turchia, più dei due terzi dei siriani sono sfollati, non vivono più nelle loro case.
Anche qui Padre Pierbattista ci ha fatto riflettere su una parola che spesso sentiamo e ripetiamo senza conoscerne la verità più profonda: chi è lo sfollato? Una persona che ha perso tutto, che deve ricominciare da zero non avendo nulla, deve cercare una nuova casa, un nuovo lavoro, una nuova scuola per i figli e tutto il resto…
Ma anche andare via non è facile, gli spostamenti sono pericolosissimi, non ci sono confini decisi, da una zona all’altra cambiano continuamente i gruppi di potere. Si rischia di essere rapiti, arrestati, aggrediti, derubati, dalle forze armate come quelle di Al Qaeda, o dell’Is o dagli assalti di briganti.
La guerra è sempre drammatica e tragica, ma il vero pericolo di questa situazione è che in un paese con tutte queste differenze etniche, culturali e soprattutto religiose, l’equilibrio tra le varie comunità è saltato.
E’ molto difficile vivere in queste condizioni, ma ancor più preoccupante è una domanda che viene spesso alla mente, cosa sarà dopo? Come ricostruire la fiducia tra queste comunità? Bisogna ricostruire attraverso la Misericordia.
In tutto questo odio la missione dei cristiani è molto importante, per il nostro senso del perdono e della misericordia.
Come vivono i cristiani in quelle zone?
Nessun vescovo, nessun parroco, ha presentato casi di abbandono della fede. Anche a fronte di questa situazione difficilissima nessuno ha rinnegato la Cristo.
Ci ha raccontato di un villaggio al Nord della Siria, assediati da Al Qaeda, completamente cristiani, ma di varie confessioni. Gli ortodossi hanno abbandonato il villaggio insieme alle loro famiglie, ma lì alcuni anziani cattolici hanno deciso di rimanere.
Il parroco, più volte minacciato, di fronte alla proposta di lasciare il villaggio per essere al sicuro, risponde: “Se loro restano, io resto”
Questo, Padre Pizzaballa lo racconta per testimoniare che di fronte a questo mare di peccato, di male, di dolore, si vedono grandi testimonianze di fede.
Questi cristiani non hanno la possibilità di riunirsi, non hanno un luogo dove pregare, non hanno la possibilità di celebrare la Messa, perché non hanno nemmeno il vino, e oltretutto rischiano la vita ogni volta che si ritrovano in preghiera.
Nonostante questo in loro è talmente vivo e talmente forte il desiderio di pregare e di celebrare l’Eucarestia, che non vi rinunciano nonostante le persecuzioni.
Quanti di noi cristiani occidentali, di fronte a impedimenti come la mancanza di tempo, stanchezza o altre motivazioni del genere, rinunciamo alla Messa e ai Sacramenti senza pensarci troppo?
Il miracolo di questi luoghi dove il dolore e l’orrore dilagano è che i cristiani, che sono pochi, in una minima percentuale rispetto alla popolazione, ci sono fino in fondo, al 100%.
Come comportarsi di fronte a tutto questo male?
Molti pensano che si debba cancellare il male dal mondo, ma cancellare il male non è un concetto cristiano.
Gesù non vuole cancellare il male, vuole vincerlo!
Come si può cancellare il male se si priva l’uomo della sua libertà?
Non abbiamo una soluzione, una risposta politica, ma abbiamo un esempio, quello di chi ha messo al primo posto la Messa, anche prima della propria vita.
E i tanti giovani, che rischiano la vita e fanno chilometri a piedi, per recuperare l’acqua da portare agli anziani e agli ammalati che non possono muoversi. Tutto questo non è scontato.
Di fronte al male, all’odio, alla brutalità, ci sono persone che restano profondamente umane, e essere umani è essere cristiani, è Gesù che completa la nostra umanità.
L’immagine che Padre Pizzaballa propone ai suoi figli in Terra Santa e offre anche a noi, per dare e darci speranza è quella di Abramo, contro quella di Ulisse.
Ulisse torna, viaggia, conquista ed esplora, ma poi torna a casa.
Abramo invece viene chiamato da Dio e non tornerà mai più a casa.
L’unica certezza di Abramo era la sua relazione con Dio, il credere in quella promessa.
L’unica certezza è che abbiamo Gesù e su questa scommessa abbiamo basato la nostra vita.
di Silvia Pugliese