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La fine della logica di Dante

Commento al Vangelo Mt 20,1-16

“Perché ve ne state qui tutto il giorno senza fare niente?” Questo invito di Dio è una bella provocazione per la nostra vita in questa domenica. Il padrone della vigna ci fa una domanda che colpisce profondamente la nostra esistenza. Perché stiamo qui a non fare niente? Chiede ragione a questi tali e a noi della vita che ci è stata affidata, del tempo che abbiamo avuto in dono. Vuole qualcosa da questa gente, è lì per scuotere e non per cercare operai, è li per farci capire la preziosità di qualcosa che abbiamo nelle nostre mani.

A volte siamo come queste persone che abbiamo un grande potenzialità, grandi talenti, grandi opportunità eppure stiamo a perdere tempo. Il prodotto di questa perdita di tempo è sentirsi inutili. Quanto tempo già abbiamo sprecato nella nostra vita? La risposta degli operai è strabiliante: “Perché nessuno ci ha chiamati!”. Appunto! Loro non erano presenti lì, alle sei del mattino; se lo fossero stati sarebbero stati chiamati ugualmente. Ma quelli hanno cominciato a mettersi in movimento alle dodici, alle tre, alle cinque, sprecando tutto il resto della giornata.

Mi sembra di sentire spesso dalla nostra bocca affermazioni simili: “Quella cosa non è successa, quel desiderio non si è avverato”. Certo, perché tu non hai fatto nulla perché accadesse, non hai mosso un dito perché si avverasse! Non hai mai fatto delle scelte per arrivare fino a lì! Dio invece crea sempre opportunità: viene sempre a cercarti, crea sempre occasioni e opportunità anche se sei pigro. Dio ti obbliga a non nascondere il tuo perdere tempo dietro a scuse sempre articolate. È il Dio delle opportunità. Questo padrone passa tutto il tempo della sua giornata a esercitare compassione verso la gente che incontra, regalando ad essa uno scopo.

Come vorrei che anche noi passassimo la vita a regalare uno scopo all’esistenza degli altri! Il secondo messaggio di questa parabola è il compenso. Come è possibile pagare tutti allo stesso modo? Da un punto di vista tecnico è normale questa logica, perché il padrone della vigna aveva pattuito in precedenza con tutti la propria paga, ma c’è qualcosa che non quadra. Nella Scrittura dobbiamo capire cosa c’è dietro. Dobbiamo sapere che al tempo di Gesù c’era questa logica della meritocrazia (ancora oggi): se mi comporto bene Dio mi da un premio, se mi comporto male devo affrontare i castighi o mi perdona ma non può trattarmi come chi si comporta bene. Una persona riceve a seconda della quantità di quello che fa (pensate Dante). Gesù destabilizza tutto questo perché dice che Dio non pensa così,ma siamo tutti preziosi a tal punto che a tutti è data la possibilità di dare il meglio di noi stessi.

Purtroppo, questa idea della meritocrazia ce l’abbiamo ficcata fin dentro le ossa da bambini: se faccio il bravo mamma mi ricompensa con qualcosa, se sono bravo vado avanti nel lavoro e in fondo pensiamo che Dio ci ama perché facciamo i bravi. Il vangelo ci dice che Dio ci ama a prescindere, anche se siamo delle pessime persone; se ci accorgessimo di quanto siamo amati potremmo essere capaci di reagire e spalancare il nostro cuore alla conversione. Dio corre questo rischio pur sapendo che tutto questo gli porterà delle critiche. Il nostro Dio è talmente innamorato che esce anche la sera e ti dà opportunità. E l’opportunità è la stessa! È un padrone che non smette di cercarci fino al nostro ultimo respiro per dirci: tu servi a qualcosa, vieni con me! Un padrone del genere non dovrebbe quindi chiamarsi padrone ma padre.

Tutto l’annuncio di Gesù mira a farci comprendere questo: tu pensi di essere sotto un padrone, ma in realtà sei tra le braccia di un padre. C’è un ultimo particolare di questa parabola molto bello: quando il padrone distribuisce la paga, gli operai della prima ora “pensano” di avere di più. “Pensano”,ma quando si vedono dare un denaro non pensano ma “dicono” che il padrone è ingiusto. Non dicono quello che pensano, cioè non dicono al padrone “dacci di più” ma “dai a loro di meno”. Un passaggio sottile ma rivela l’ipocrisia dei lavoratori. Un denaro al tempo di Gesù era la somma minima per un padre di famiglia per mantenere la propria famiglia con dignità.

Questi finti moralisti, questi uomini cattivi si rivelano per quelli che sono: forti con i deboli e deboli con i forti. Ecco l’ipocrisia. Essi vogliono che gli altri ricevano meno del necessario per vivere con dignità. La logica di Dio è diversa: egli dàa tutti la possibilità di riscattarsi, di vivere con dignità. Non ha la calcolatrice ma a tutti i costi vuole dare dignità a tutti.

E ciò che soddisfa questo Padre non è quanto facciamo, ma la gioia che sgorga di nuovo dai nostri cuori quando ci sentiamo voluti bene così. Non avremmo gradi diversi di paradiso ma tutti possiamo avere il Paradiso. Questo è il cuore di Dio. È scomoda questa parabola perché mi obbliga a rivedere come giudico gli altri e me stesso. Invece di essere annunciatore di questo Dio che vuole tutti primi e non fa distinzioni, a volte sono un ragioniere moralistico. L’economia per Dio non ruota intorno al profitto ma intorno alle persone. E il profitto di Dio è vederci felici. Buona domenica!

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