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Imitare Cristo nella carità

Papa Francesco continua le sue catechesi sull’evangelizzazione: «Oggi vorrei parlarvi di un uomo che ha fatto di Gesù e dei fratelli più poveri la passione della sua vita. Mi riferisco a san Charles de Foucauld il quale, «a partire dalla sua intensa esperienza di Dio, ha compiuto un cammino di trasformazione fino a sentirsi fratello di tutti». E qual è stato il “segreto” di Charles de Foucauld, della sua vita? Egli, dopo aver vissuto una gioventù lontana da Dio, senza credere in nulla se non alla ricerca disordinata del piacere, lo confida a un amico non credente, a cui, dopo essersi convertito accogliendo la grazia del perdono di Dio nella Confessione, rivela la ragione del suo vivere.

Scrive: «Ho perso il mio cuore per Gesù di Nazaret». Fratel Carlo ci ricorda così che il primo passo per evangelizzare è aver Gesù dentro il cuore, è “perdere la testa” per Lui. Se ciò non avviene, difficilmente riusciamo a mostrarlo con la vita. Rischiamo invece di parlare di noi stessi, del nostro gruppo di appartenenza, di una morale o, peggio ancora, di un insieme di regole, ma non di Gesù, del suo amore, della sua misericordia. Questo io lo vedo in qualche movimento nuovo che sta sorgendo: parlano della loro visione dell’umanità, parlano della loro spiritualità e loro si sentono una strada nuova… Ma perché non parlate di Gesù? Parlano di tante cose, di organizzazione, di cammini spirituali, ma non sanno parlare di Gesù. Credo che oggi sarebbe bello che ognuno di noi si domandi: Io, ho Gesù al centro del cuore? Ho perso un po’ la testa per Gesù? Charles sì, al punto che passa dall’ attrazione per Gesù all’ imitazione di Gesù. … Vive un rapporto intenso con il Signore, passa lunghe ore a leggere i Vangeli e si sente suo piccolo fratello. E conoscendo Gesù, nasce in lui il desiderio di farlo conoscere. Sempre succede così: quando ognuno di noi conosce di più Gesù, nasce il desiderio di farlo conoscere, di condividere questo tesoro».

Il Serafico Padre Francesco d’Assisi aveva messo la carità evangelica al centro della sua esistenza e così fu di grande esempio per tanti che desideravano seguirlo. “La vera pietà, che, come dice l’Apostolo, è utile a tutto aveva riempito il cuore di Francesco, compenetrandolo così intimamente da sembrare che dominasse totalmente la personalità di quell’uomo di Dio. La pietà lo elevava a Dio per mezzo della devozione, lo trasformava in Cristo per mezzo della compassione, lo faceva ripiegare verso il prossimo per mezzo della condiscendenza e, riconciliandolo con tutte le creature, lo riportava allo stato di innocenza primitiva. Per essa sentiva grandissima attrazione verso le creature, ma in modo particolare verso le anime, redente dal sangue prezioso di Cristo Gesù; e, quando le vedeva inquinate dalle brutture del peccato, le compiangeva con una commiserazione così tenera che ogni giorno, le partoriva, come una madre, in Cristo.

E la ragione principale per cui venerava i ministri della parola di Dio era questa: che essi fanno rivivere la discendenza del loro fratello morto, cioè fanno rivivere il figlio di Cristo, che è stato crocifisso per i peccatori, quando li convertono, facendosi loro guida con pia sollecitudine e con sollecita pietà. Affermava che questo ufficio della pietà è più gradito di ogni sacrificio al Padre delle misericordie, soprattutto se viene adempiuto con zelo dettato da carità perfetta, per cui ci si affatica in esso più con l’esempio che con la parola, più con le lacrime della preghiera che con la loquacità dei discorsi. …Cercava la salvezza delle anime con pietà appassionata, con zelo e fervida gelosia e, perciò, diceva che si sentiva riempire di profumi dolcissimi e, per così dire, cospargere di unguento prezioso, quando veniva a sapere che i suoi frati sparsi per il mondo, col profumo soave della loro santità, inducevano molti a tornare sulla retta via. All’udire simili notizie, esultava nello spirito e ricolmava di invidiabilissime benedizioni quei frati che, con la parola e con le opere, trascinavano i peccatori all’amore di Cristo” (FF 1134 – 1138). 

Papa Francesco conclude: «L’evangelizzazione non si fa per proselitismo, ma per testimonianza, per attrazione. Chiediamoci allora infine se portiamo in noi e agli altri la gioia cristiana, la mitezza cristiana, la tenerezza cristiana, la compassione cristiana, la vicinanza cristiana. Grazie».

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