Commento al Vangelo Mt 25,1-13
Siamo quasi alla fine dell’anno liturgico e la parola ci viene incontro con tutta una serie di Vangeli che ci parlano dell’attesa. L’attesa ha un duplice scopo: tirare fuori la parte migliore o peggiore di noi stessi come le damigelle, amiche dello sposo. L’attesa o ci spegne o ci fa crescere. Siamo come le damigelle che devono accompagnare lo sposo alla casa della sposa. Ai tempi di Gesù la sposa aspettava nella casa dei genitori l’arrivo dello sposo.
Dopo il tramonto del sole, lo sposo arrivava con un corteo nuziale per portare la sposa dalla casa paterna alla casa preparata dallo sposo. Diverse ragioni potevano causare il ritardo dello sposo come, per esempio, i lunghi discorsi con i genitori della sposa sui doni e sulla dote. Le famiglie decidevano tutto il giorno prima del matrimonio. Il tirare in lungo le trattative era di buon auspicio. Ma non è lo stesso per lo sposo di cui si parla nel Vangelo di oggi.
Questa parola si rivolge alle comunità che erano stanche di aspettare, aspettavano il ritorno di Gesù glorioso e il tempo passava. Ecco l’idea delle vergini, delle ragazze, delle amiche, che aspettano lo sposo con gioia. L’attesa però rischia di corrodersi, di spegnersi prima dell’arrivo del Signore. L’attesa va dosata nella nostra vita. Spesso sopraggiunge la stanchezza. C’erano, dice Gesù, dieci ragazze in attesa dello sposo (il numero dieci per Matteo è importante rappresenta la totalità della comunità, è la Chiesa Sposa del Signore): cinque avevano fatto la “scorta” di olio buono perché sapevano che l’attesa sarebbe stata indecifrabile, che la vita era in salita, che non si è mai preparati abbastanza per affrontare la notte; cinque avevano l’olio ma non la scorta. Mi commuove il fatto che Matteo scrive per i suoi cristiani stanchi.
Quanto è affascinante il grido che si alza nella notte: “Ecco lo sposo”. È un grido che sento dentro di me, lo ho sentito tante volte; c’è una voce che supera il mio addormentarmi: un canto, una lettura, una messa, una preghiera, un amico che mi abbraccia, un’intuizione, una chiamata, un messaggio. È lo sposo che ci sveglia dal torpore dei nostri giorni. C’è sempre qualcosa che mi dice “ecco lo sposo”.
Tutta la nostra vita è un’attesa: attesa di felicità, di serenità, è trovare un punto di appoggio affinché la nostra anima possa sentirsi sicura. Impariamo anche ad essere quel grido per tanti che ancora devono sentirlo; siamo quel grido per tanti amici, parenti e conoscenti che non sanno che stanno aspettando lo sposo, non hanno nessuno più da attendere.
Ma ecco il colpo di scena: in alcune lampade l’olio si è consumato, si è spento. Non tutte avevano fatte scorta e c’è un attimo di spaesamento, di smarrimento e così le ragazze chiedono di divedere l’olio. Le sagge rispondono di no altrimenti nessuno può rimanere ad aspettare lo sposo. Non è una mancanza di carità, non sono delle disgraziate queste cinque sagge ma dicono la verità: solo io posso rispondere della mia fede, non mi posso appoggiare a qualcuno, non mi posso far trascinare da qualcuno; solo io posso guidare il carro della mia vita.
Quando faccio le analisi del sangue, il sangue deve essere il mio, non posso farmelo prestare perché le analisi vanno fatte su di me. Queste ragazze che dicono non possono, dicono la verità: la fede è qualcosa che mi riguarda, riguarda tutta la mia vita in tutta la sua interezza; solo io ne risponderò. Queste ragazze stolte sono quelle che pensano: “Troveremo sempre qualche rimedio se finisce l’olio, non vale la pena preoccuparsi tanto nella vita, qualche furbizia, qualche colpo di fortuna, oppure possiamo sempre sfruttare le debolezze di qualcuno”.
Esse rappresentano una vita lasciata continuamente al caso. Qualcuno vi avrà detto: “c’è sempre tempo”. Ma non è vero, c’è un momento nella vita in cui essa decide per te e ti trova impreparato. L’epilogo di questa parabola è un po’ triste: queste ragazze che non sono previdenti, cioè che vivono alla giornata, che non pensano al domani, che non coltivano la loro interiorità, la loro spiritualità, vanno a cercare un venditore. Nel cuore della notte non troveranno nessun commerciante. Finalmente lo trovano, tornano ma la porta ormai è chiusa. I rimedi dell’ultimo momento, ora, sono pezze che si sfilacciano. E la porta fu chiusa.
Gesù conclude dicendo: “Vegliate dunque”. Gesù lo dice ai discepoli che ha intorno perché sa che corrono il rischio di potersi spegnere, di seguire la corrente, di non emozionarsi più. Matteo lo dice alla sua comunità scoraggiata, impaurita perché è crollato il tempio, Israele è raso al suolo, invitandola a non attaccarsi alle pietre perché la gloria di Dio non è nel tempio, non è nelle pietre, ma nel corpo del Signore Risorto; lo dice Gesù in questo novembre 2023. Cosà è questo olio della lampada? Fate voi, non lo so. Credo che, come il vestito dell’uomo dell’altra parabola, sia il desiderio, il fare sul serio; la piccola quantità di olio, la piccola riserva che abbiamo è il tempo della preghiera, dell’incontro con la parola, l’esercizio della carità; tutto questo tiene acceso in noi, nel cuore di questa notte, il desiderio del Signore Gesù. Gesù viene, viene nella notte, in questo tempo.
Cercate i segni della sua venuta! Buona domenica!
Correlati
Cercate i segni nella notte
Commento al Vangelo Mt 25,1-13
Siamo quasi alla fine dell’anno liturgico e la parola ci viene incontro con tutta una serie di Vangeli che ci parlano dell’attesa. L’attesa ha un duplice scopo: tirare fuori la parte migliore o peggiore di noi stessi come le damigelle, amiche dello sposo. L’attesa o ci spegne o ci fa crescere. Siamo come le damigelle che devono accompagnare lo sposo alla casa della sposa. Ai tempi di Gesù la sposa aspettava nella casa dei genitori l’arrivo dello sposo.
Dopo il tramonto del sole, lo sposo arrivava con un corteo nuziale per portare la sposa dalla casa paterna alla casa preparata dallo sposo. Diverse ragioni potevano causare il ritardo dello sposo come, per esempio, i lunghi discorsi con i genitori della sposa sui doni e sulla dote. Le famiglie decidevano tutto il giorno prima del matrimonio. Il tirare in lungo le trattative era di buon auspicio. Ma non è lo stesso per lo sposo di cui si parla nel Vangelo di oggi.
Questa parola si rivolge alle comunità che erano stanche di aspettare, aspettavano il ritorno di Gesù glorioso e il tempo passava. Ecco l’idea delle vergini, delle ragazze, delle amiche, che aspettano lo sposo con gioia. L’attesa però rischia di corrodersi, di spegnersi prima dell’arrivo del Signore. L’attesa va dosata nella nostra vita. Spesso sopraggiunge la stanchezza. C’erano, dice Gesù, dieci ragazze in attesa dello sposo (il numero dieci per Matteo è importante rappresenta la totalità della comunità, è la Chiesa Sposa del Signore): cinque avevano fatto la “scorta” di olio buono perché sapevano che l’attesa sarebbe stata indecifrabile, che la vita era in salita, che non si è mai preparati abbastanza per affrontare la notte; cinque avevano l’olio ma non la scorta. Mi commuove il fatto che Matteo scrive per i suoi cristiani stanchi.
Quanto è affascinante il grido che si alza nella notte: “Ecco lo sposo”. È un grido che sento dentro di me, lo ho sentito tante volte; c’è una voce che supera il mio addormentarmi: un canto, una lettura, una messa, una preghiera, un amico che mi abbraccia, un’intuizione, una chiamata, un messaggio. È lo sposo che ci sveglia dal torpore dei nostri giorni. C’è sempre qualcosa che mi dice “ecco lo sposo”.
Tutta la nostra vita è un’attesa: attesa di felicità, di serenità, è trovare un punto di appoggio affinché la nostra anima possa sentirsi sicura. Impariamo anche ad essere quel grido per tanti che ancora devono sentirlo; siamo quel grido per tanti amici, parenti e conoscenti che non sanno che stanno aspettando lo sposo, non hanno nessuno più da attendere.
Ma ecco il colpo di scena: in alcune lampade l’olio si è consumato, si è spento. Non tutte avevano fatte scorta e c’è un attimo di spaesamento, di smarrimento e così le ragazze chiedono di divedere l’olio. Le sagge rispondono di no altrimenti nessuno può rimanere ad aspettare lo sposo. Non è una mancanza di carità, non sono delle disgraziate queste cinque sagge ma dicono la verità: solo io posso rispondere della mia fede, non mi posso appoggiare a qualcuno, non mi posso far trascinare da qualcuno; solo io posso guidare il carro della mia vita.
Quando faccio le analisi del sangue, il sangue deve essere il mio, non posso farmelo prestare perché le analisi vanno fatte su di me. Queste ragazze che dicono non possono, dicono la verità: la fede è qualcosa che mi riguarda, riguarda tutta la mia vita in tutta la sua interezza; solo io ne risponderò. Queste ragazze stolte sono quelle che pensano: “Troveremo sempre qualche rimedio se finisce l’olio, non vale la pena preoccuparsi tanto nella vita, qualche furbizia, qualche colpo di fortuna, oppure possiamo sempre sfruttare le debolezze di qualcuno”.
Esse rappresentano una vita lasciata continuamente al caso. Qualcuno vi avrà detto: “c’è sempre tempo”. Ma non è vero, c’è un momento nella vita in cui essa decide per te e ti trova impreparato. L’epilogo di questa parabola è un po’ triste: queste ragazze che non sono previdenti, cioè che vivono alla giornata, che non pensano al domani, che non coltivano la loro interiorità, la loro spiritualità, vanno a cercare un venditore. Nel cuore della notte non troveranno nessun commerciante. Finalmente lo trovano, tornano ma la porta ormai è chiusa. I rimedi dell’ultimo momento, ora, sono pezze che si sfilacciano. E la porta fu chiusa.
Gesù conclude dicendo: “Vegliate dunque”. Gesù lo dice ai discepoli che ha intorno perché sa che corrono il rischio di potersi spegnere, di seguire la corrente, di non emozionarsi più. Matteo lo dice alla sua comunità scoraggiata, impaurita perché è crollato il tempio, Israele è raso al suolo, invitandola a non attaccarsi alle pietre perché la gloria di Dio non è nel tempio, non è nelle pietre, ma nel corpo del Signore Risorto; lo dice Gesù in questo novembre 2023. Cosà è questo olio della lampada? Fate voi, non lo so. Credo che, come il vestito dell’uomo dell’altra parabola, sia il desiderio, il fare sul serio; la piccola quantità di olio, la piccola riserva che abbiamo è il tempo della preghiera, dell’incontro con la parola, l’esercizio della carità; tutto questo tiene acceso in noi, nel cuore di questa notte, il desiderio del Signore Gesù. Gesù viene, viene nella notte, in questo tempo.
Cercate i segni della sua venuta! Buona domenica!
Correlati
Condividi su:
Don Cristian Solmonese
Seguici su:
Articoli recenti
N° 47 – Anno 11 – Condividere le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dell’umanità – 23 novembre 2024
Condividere le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dell’umanità
I 1700 anni del Credo di Nicea
Lettera del Santo Padre Francesco per il ricordo nelle chiese particolari dei propri santi, beati, venerabili e servi di Dio
Categories
Articoli correlati
N° 47 – Anno 11 – Condividere le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dell’umanità – 23 novembre 2024
CLICCA E SCARICA IL KAIRE IN ALTA RISOLUZIONE
Condividere le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dell’umanità
Roma, 15-17 novembre 2024 “Partiti dalle nostre Chiese locali ci siamo riuniti qui a Roma, la Chiesa di Pietro e Paolo, per inserirci nell’ininterrotta corrente spirituale che scaturì dal mandato
I 1700 anni del Credo di Nicea
“Occasione straordinaria per essere una luce di speranza nell’oscurità di un mondo diviso e ferito” Il 2025 è l’anno in cui ricorrerà il 1700° anniversario del Primo Concilio Ecumenico di
Lettera del Santo Padre Francesco per il ricordo nelle chiese particolari dei propri santi, beati, venerabili e servi di Dio
Con l’Esortazione Apostolica Gaudete et exsultate ho voluto riproporre ai fedeli discepoli di Cristo del mondo contemporaneo la chiamata universale alla santità. Essa è al centro dell’insegnamento del Concilio Vaticano II, il quale