Papa Francesco, con la sua schiettezza e senza giri di parole, ha denunciato il pericolo da parte di chi occupa un ruolo importante di non essere coerente con la propria missione, perché può cadere nell’errore della doppiezza, dell’ipocrisia. È così che ha commentato il Vangelo di domenica scorsa: «Dal Vangelo della Liturgia odierna ascoltiamo alcune parole di Gesù che riguardano gli scribi e i farisei, cioè le guide religiose del popolo. Nei confronti di queste autorità, Gesù usa parole molto severe, «perché essi dicono e non fanno» (Mt 23,3) e «tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente». Questo è quello che dice Gesù: dicono e non fanno e tutto ciò che fanno lo fanno per apparire. Soffermiamoci allora su questi due aspetti: la distanza tra il dire e il fare e il primato dell’esteriore sull’interiore.
La distanza tra il dire e il fare. A questi maestri di Israele, che pretendono di insegnare agli altri la Parola di Dio e di essere rispettati in quanto autorità del Tempio, Gesù contesta la doppiezza della loro vita: predicano una cosa, ma poi ne vivono un’altra. … Questo è il pericolo su cui vigilare: la doppiezza del cuore. Anche noi abbiamo questo pericolo: questa doppiezza del cuore che mette a rischio l’autenticità della nostra testimonianza e anche la nostra credibilità come persone e come cristiani. Tutti noi sperimentiamo, per la nostra fragilità, una certa distanza tra il dire e il fare; ma un’altra cosa, invece, è avere il cuore doppio, vivere con “un piede in due scarpe” senza farcene un problema. Specialmente quando siamo chiamati – nella vita, nella società o nella Chiesa – a rivestire un ruolo di responsabilità, ricordiamoci questo: no alla doppiezza! Per un prete, un operatore pastorale, un politico, un insegnante o un genitore, vale sempre questa regola: ciò che dici, ciò che predichi agli altri, impegnati tu a viverlo per primo. Per essere maestri autorevoli bisogna prima essere testimoni credibili.
Il secondo aspetto viene di conseguenza: il primato dell’esteriore sull’interiore. Infatti, vivendo nella doppiezza, gli scribi e i farisei sono preoccupati di dover nascondere la loro incoerenza per salvare la loro reputazione esteriore. Infatti, se la gente sapesse cosa c’è davvero nel loro cuore, essi sarebbero svergognati, perdendo tutta la loro credibilità».
I frati del Serafico Padre Francesco d’Assisi “erano così pieni di santa semplicità, di innocenza, di purezza di cuore da ignorare ogni doppiezza. Come unica era la loro fede, così regnava in essi l’unità degli animi, la concordia degli intenti e dei costumi, la stessa carità, la pratica delle virtù, la pietà degli atti, l’armonia dei pensieri. Avevano scelto come confessore un sacerdote secolare che era tristamente noto per le sue enormi colpe e degno del disprezzo di tutti a motivo della sua depravata condotta; ma essi non vollero credere al male che si diceva di lui e continuarono a confessargli i propri peccati, prestandogli la debita riverenza. Anzi, avvenne un giorno che quel sacerdote, o forse un altro, dicesse a uno di loro: «Bada, fratello, di non essere ipocrita»; quel frate si reputò davvero ipocrita e, per il profondo dolore che ne sentiva, non sapeva più darsi pace, giorno e notte. Agli altri che gli chiedevano il perché di tanto insolito lamento e mestizia, rispondeva: «Un sacerdote mi ha detto questo, e io ne sono così afflitto da non poter pensare ad altro!». Lo esortavano, per consolarlo, a non prestar fede a quelle parole; ma egli replicava: «Che dite mai, fratelli? Può forse un sacerdote dire il falso? Se il sacerdote non può mentire, bisogna credere che quanto mi ha detto è vero». E perseverò a lungo in tale semplicità, finché Francesco stesso lo assicurò, spiegandogli le parole del sacerdote e scusandone con sapiente intuito l’intenzione. Non c’era turbamento, per grande che fosse, nell’animo dei confratelli che alla sua parola di fuoco non svanisse e tornasse il sereno!” (FF 402).
Papa Francesco conclude: «Rivolgiamoci alla Vergine Santa: Lei che ha vissuto con integrità e umiltà del cuore secondo la volontà di Dio, ci aiuti a diventare testimoni credibili del Vangelo».