Commento al Vangelo Mt 25,31-46
Ringraziamo l’evangelista Matteo per averci guidato attraverso questo anno liturgico. Siamo grati per il percorso sulle parabole che ha condiviso con noi durante l’estate fino alla scorsa domenica. Oggi concludiamo l’anno liturgico celebrando la festa di Cristo Re dell’universo.
Questa non è una festa nostalgica legata a vecchie monarchie o cesaropapismi, ma è una celebrazione che riassume e mostra il significato finale di tutta la storia. Dobbiamo prestare attenzione a non interpretare erroneamente la parabola di oggi, rischiando di pensare che, alla fine, se facciamo il male, Dio ci punirà. Non dobbiamo cadere nell’errore dell’uomo della parabola della scorsa domenica, che per paura nascose il suo talento sotto terra. C’è il rischio di leggere questa pagina pittoresca distorcendo nuovamente l’immagine di Dio.
Questo testo non ci parla della fine del mondo, ma del fine della creazione. Il mondo non sta finendo; al contrario, si sta consegnando tra le braccia del Padre. Ci sono alcuni dettagli che possono sembrare estranei alla predicazione di Gesù: Dio giudica, separa le capre dalle pecore e motiva la separazione dicendo che non è stato riconosciuto. Le capre (persone) vengono condannate per qualcosa che non sono riuscite a vedere o capire. Un’altra indicazione che stona con la predicazione di Gesù è la seguente: quei peccatori che vengono perdonati, accolti nel Vangelo qui vengono condannati a qualcosa di definitivo.
Per capire il messaggio della parabola, dobbiamo comprendere il linguaggio apocalittico della Bibbia, in cui immagini forti indicano realtà presenti, non future. Si parla di qualcosa che salva ora, adesso. Come possiamo salvare la nostra vita? Nella cultura dei popoli antichi le persone si pesavano a seconda della quantità delle cose che facevano, dalle loro azioni, dai loro gesti (pensate alla bilancia di Anubi che doveva pesare il cuore delle persone, e questa bilancia in modo assurdo l’abbiamo messa nelle mani di San Michele). Nel testo biblico non c’è questa concezione. C’è un messaggio più bello della lista della spesa delle cose che abbiamo fatto e che dobbiamo porre nelle mani di Dio.
Nel Talmud si dice: “Prepara ora ciò che c’è nella terra fertile per quando ti troverai nel deserto”. È come se ci dicesse: “Qui ed ora avviene il tuo giudizio, non quando morirai; adesso c’è il giudizio perché già adesso prepari ciò che accadrà più avanti”. Oggi abbiamo la potenzialità di rendere la nostra vita bella. Possiamo trasformare la nostra vita in qualcosa di bello, fiorito oppure renderla un’immondizia. Le nostre scelte, che oggi incarnano i desideri personali, non faranno altro che mettere nelle mani di Dio la possibilità di avere quello che desideriamo. Allora il giudizio avviene adesso; alla fine della vita si riceverà quello che abbiamo cercato e voluto nella vita.
L’indicazione “l’avete fatto a me” ci riporta a scoprire il vero desiderio che abita nel cuore del cristiano: è Gesù il nostro desiderio? Vogliamo essere come Lui? Il fine della storia e della fede è diventare come Gesù. Corriamo il rischio di non essere riconosciuti perché nella vita non abbiamo desiderato, voluto, cercato di essere Lui, in quanto i nostri desideri sono stati altri. Un’altra indicazione di questo bellissimo brano biblico è l’identificazione che Gesù fa con il povero. Perché aiutare una persona? Perché nelle persone c’è Gesù? No! Devi accogliere semplicemente lo straniero perché è straniero, perché è affamato. Infatti, né i giusti ne gli ingiusti si rendono conto che dietro queste persone c’era Gesù. I giusti lo hanno fatto semplicemente perché nel cuore vi era un desiderio di farlo, perché l’amore è un desiderio che c’è nel cuore dell’uomo e che è un punto di partenza per arrivare a Dio.
Quando poi incontreremo Dio, scopriremo veramente chi c’era dietro quell’amore che abbiamo messo per far fiorire la nostra vita. Il consegnarsi all’amore, l’esercizio dell’amore, produce luce dentro di noi: mettendo in pratica questi piccoli esercizi di amore stiamo facendo spazio al regno di Dio. E questo ci cambia la vita. La sintesi della vita e del Vangelo è l’amore. Grazie Matteo, grazie alla sua comunità che ci ha insegnato tanto. Ora diamo il benvenuto a Marco! Questa settimana fermiamoci accanto a questo Re (molte parrocchie celebreranno le Quarantore) e, facendo il resoconto di quest’anno, consegniamolo nelle mani di Dio. Buona fine!
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Commento al Vangelo Mt 25,31-46
Ringraziamo l’evangelista Matteo per averci guidato attraverso questo anno liturgico. Siamo grati per il percorso sulle parabole che ha condiviso con noi durante l’estate fino alla scorsa domenica. Oggi concludiamo l’anno liturgico celebrando la festa di Cristo Re dell’universo.
Questa non è una festa nostalgica legata a vecchie monarchie o cesaropapismi, ma è una celebrazione che riassume e mostra il significato finale di tutta la storia. Dobbiamo prestare attenzione a non interpretare erroneamente la parabola di oggi, rischiando di pensare che, alla fine, se facciamo il male, Dio ci punirà. Non dobbiamo cadere nell’errore dell’uomo della parabola della scorsa domenica, che per paura nascose il suo talento sotto terra. C’è il rischio di leggere questa pagina pittoresca distorcendo nuovamente l’immagine di Dio.
Questo testo non ci parla della fine del mondo, ma del fine della creazione. Il mondo non sta finendo; al contrario, si sta consegnando tra le braccia del Padre. Ci sono alcuni dettagli che possono sembrare estranei alla predicazione di Gesù: Dio giudica, separa le capre dalle pecore e motiva la separazione dicendo che non è stato riconosciuto. Le capre (persone) vengono condannate per qualcosa che non sono riuscite a vedere o capire. Un’altra indicazione che stona con la predicazione di Gesù è la seguente: quei peccatori che vengono perdonati, accolti nel Vangelo qui vengono condannati a qualcosa di definitivo.
Per capire il messaggio della parabola, dobbiamo comprendere il linguaggio apocalittico della Bibbia, in cui immagini forti indicano realtà presenti, non future. Si parla di qualcosa che salva ora, adesso. Come possiamo salvare la nostra vita? Nella cultura dei popoli antichi le persone si pesavano a seconda della quantità delle cose che facevano, dalle loro azioni, dai loro gesti (pensate alla bilancia di Anubi che doveva pesare il cuore delle persone, e questa bilancia in modo assurdo l’abbiamo messa nelle mani di San Michele). Nel testo biblico non c’è questa concezione. C’è un messaggio più bello della lista della spesa delle cose che abbiamo fatto e che dobbiamo porre nelle mani di Dio.
Nel Talmud si dice: “Prepara ora ciò che c’è nella terra fertile per quando ti troverai nel deserto”. È come se ci dicesse: “Qui ed ora avviene il tuo giudizio, non quando morirai; adesso c’è il giudizio perché già adesso prepari ciò che accadrà più avanti”. Oggi abbiamo la potenzialità di rendere la nostra vita bella. Possiamo trasformare la nostra vita in qualcosa di bello, fiorito oppure renderla un’immondizia. Le nostre scelte, che oggi incarnano i desideri personali, non faranno altro che mettere nelle mani di Dio la possibilità di avere quello che desideriamo. Allora il giudizio avviene adesso; alla fine della vita si riceverà quello che abbiamo cercato e voluto nella vita.
L’indicazione “l’avete fatto a me” ci riporta a scoprire il vero desiderio che abita nel cuore del cristiano: è Gesù il nostro desiderio? Vogliamo essere come Lui? Il fine della storia e della fede è diventare come Gesù. Corriamo il rischio di non essere riconosciuti perché nella vita non abbiamo desiderato, voluto, cercato di essere Lui, in quanto i nostri desideri sono stati altri. Un’altra indicazione di questo bellissimo brano biblico è l’identificazione che Gesù fa con il povero. Perché aiutare una persona? Perché nelle persone c’è Gesù? No! Devi accogliere semplicemente lo straniero perché è straniero, perché è affamato. Infatti, né i giusti ne gli ingiusti si rendono conto che dietro queste persone c’era Gesù. I giusti lo hanno fatto semplicemente perché nel cuore vi era un desiderio di farlo, perché l’amore è un desiderio che c’è nel cuore dell’uomo e che è un punto di partenza per arrivare a Dio.
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