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Proteggere chi protegge

Cosa sono le città rifugio

Nel corso degli anni, migliaia di persone hanno sacrificato la propria sicurezza personale per promuovere e difendere i diritti umani. Secondo una stima di Amnesty International dal 1998 al 2021 sarebbero stati uccisi circa 4814 difensori dei diritti umani in tutto il mondo, con oltre 401 assassinii nel solo 2022.

La promozione dei diritti umani è un impegno estremamente importante per la tutela dello stato di diritto e il mantenimento della giustizia sociale, ambientale ed economica. In molti Paesi del mondo, però, rappresenta anche una pratica molto pericolosa da portare avanti, che mette a repentaglio l’integrità fisica e psicologica di numerosi difensori e difensore dei diritti umani.

Anche per questo motivo, in risposta alla pressione e alle minacce poste da regimi e apparati autoritari, sono emersi alcuni programmi, che mirano ad offrire alloggi temporanei sicuri ai difensori dei diritti umani. Uno di questi è il progetto “Shelter City”, letteralmente città-rifugio.

Cosa sono le città rifugio

Le città rifugio sono programmi di protezione promossi da enti locali, organizzazioni della società civile e programmi universitari. Questi offrono un alloggio temporaneo ai difensori dei diritti umani, consentendo loro di riposare e di ottenere strumenti, informazioni e supporto psicologico. Inoltre, i difensori possono partecipare a momenti di restituzione e sensibilizzazione per la cittadinanza, ma anche a occasioni di formazione personale, spesso incentrate sulla sicurezza digitale, sull’advocacy e sulla raccolta fondi.

Sebbene le città rifugio offrano ben più delle necessità di base, non sono state create con l’obbiettivo di ospitare gli attivisti a tempo indeterminato: nella maggior parte dei casi, infatti, il periodo di ospitalità varia dai 3 ai 6 mesi. Più che altro, questi rifugi temporanei mirano a fornire un luogo dove i difensori possono riposare, elaborare e raccontare ciò che hanno vissuto prima di tornare alle proprie attività.

Il concetto di città rifugio è emerso per la prima volta nel 2012, nei Paesi Bassi, con il progetto “Shelter City”, promosso dall’ONG Justice&Peace Netherlands. Successivamente, il programma si è trasformato in una rete nazionale che ha coinvolto 12 città olandesi e con il tempo si è diffuso anche a livello internazionale. Attualmente, “Shelter City” può contare su una rete di 21 città in tutto il mondo e ha sostenuto oltre 550 difensori dei diritti umani.

Alcuni esempi di città rifugio

Oltre a quello di “Shelter City”, in giro per il mondo ci sono numerosi esempi di città rifugio.

Trento e Padova, grazie all’operato della rete “In Difesa Di”, sono state tra le prime città rifugio d’Italia. In particolare, Trento è stata la prima Provincia a mobilitarsi per i difensori dei diritti umani, presentando nel 2018 una mozione che ne definiva le caratteristiche e ne riconosceva il ruolo. Immediatamente, ha approvato anche la mozione 658, diventando così la prima “Città in Difesa Di”.

Il braccio operativo di questo progetto, a cui si è unito subito anche il Comune di Padova, è composto dal nodo trentino della rete “In Difesa Di”, che tra gli altri comprende Amnesty International Trento, Yaku, Centro di Cooperazione Internazionale e Forum trentino per la pace e i diritti umani. Negli anni scorsi, le due città hanno ospitato congiuntamente due difensori provenienti dall’Africa.

A Milano, la rivista Q Code, in collaborazione con Osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa e l’European Centre for Press and Media Freedom, organizza il programma “Journalism in Residence”. Il progetto ospita reporter a rischio per un periodo massimo di sei mesi. Qui, questi operano in un ambiente sicuro per attività di indagine e pubblicazione, ma possono ottenere anche supporto materiale e psicologico.

Anche in Spagna ci sono numerosi esempi di città rifugio. Oltre a Valencia, Madrid e Barcellona, c’è anche l’esempio dei Paesi Baschi. Nel 2011, il governo basco ha attivato il Programma Basco di Protezione per Difensori e Difensore dei Diritti Umani, attualmente gestito e sviluppato dall’ONG CEAR- Euskadi. Ogni anno il progetto accoglie 3 persone per 6 mesi. Durante il soggiorno, il programma offre momenti di supporto psicologico, occasioni di networking e opportunità di formazione. Il ritorno dei difensori è pianificato dopo un’analisi dei rischi e con la promessa di continuare a sostenere la difesa dei diritti umani nel luogo d’origine del difensore.

A livello macro, infine, l’Unione Europea ha istituito ProtectDefenders, un programma per il sostegno dei difensori dei diritti umani, che al suo interno prevede un sistema di sostegno materiale per quegli enti, ONG e associazioni che decidono di ospitare temporaneamente difensori e difensore a rischio.

di Marzio Fait – Buonenotizie.it

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