Un tempo di conversione in preparazione al Giubileo del 2025
Avviso ai lettori: non continuate a leggere se siete deboli di cuore, perché sto per annunciarvi una notizia che potrebbe essere un colpo per molti. La notizia è semplicemente questa: tra un anno è il 2025! C’è quindi solo un anno di tempo per prepararsi, solo 366 giorni di tempo (e già, perché questo 2024 è anno bisestile, ma a noi non fa paura perché di “anni funesti” di recente ne abbiamo avuti, anche se non erano “bisesti”).
Ora, lo so, qualcuno sta tirando un sospiro di sollievo, e starà pensando: «Ok, tra un anno sarà il 2025, e allora, che c’è di strano?». In sé, niente, naturalmente: ma credetemi, se pensate così è perché non avete fatto caso alla data, che non è una data qualsiasi. Non è ancora chiaro? Volete un aiutino? Bene, diciamo che nel 2025 sarà trascorso il primo quarto del XXI secolo. Qualcuno ci è arrivato, e inizia a sorridere compiaciuto perché ha compreso, ma qualcuno non è nemmeno al fuocherello. E allora, se dicessi che il 2025 cade 25 anni dopo il 2000, è più chiaro? Ecco, ora avete capito tutti: sì, il 2025 è l’anno di un nuovo Giubileo! E anche se finora nessuno sembra essersene accorto, abbiamo un anno intero per prepararlo – anzi, meglio: per prepararci. Dodici mesi, 366 giorni, più o meno. Dev’essere però chiaro che il prossimo Giubileo, anche se prevedrà una serie di iniziative e di appuntamenti, non avrà alcun senso se non verrà compreso nella sua natura più profonda, che è quella di essere un tempo di conversione e di grazia in cui riscoprire la virtù teologale della speranza (il motto scelto dal Papa è infatti “Pellegrini di speranza”). Perché questo avvenga, e non si riduca il Giubileo a manifestazioni esteriori che lasciano il tempo che trovano, è importante questo tempo di preparazione, questo 2024, che il Papa ha voluto come “Anno della Preghiera”, anzi come un Anno in cui vivere «una grande “sinfonia” di preghiera». Io vedo in tutto ciò la grande opportunità di introdurre nella nostra pastorale ordinaria una seria formazione alla vita interiore.
Tutti – a partire dai sacerdoti stessi – sentono il bisogno di una spiritualità più autentica e vera: non a caso, in un incontro dei sacerdoti svoltosi a ottobre, si sono sentite riecheggiare parole che richiamano quelle di Giovanni Paolo II nella Novo Millennio Ineunte, che concludeva il Giubileo del 2000 e che dava orientamenti per la Chiesa del Terzo Millennio: «È importante che quanto ci proporremo, con l’aiuto di Dio, sia profondamente radicato nella contemplazione e nella preghiera. Il nostro è tempo di continuo movimento che giunge spesso fino all’agitazione, col facile rischio del “fare per fare”. Dobbiamo resistere a questa tentazione, cercando di “essere” prima che di “fare”». Ebbene, si è detto, spesso questa tentazione ci prende, ha la meglio. Non che il “fare” sia negativo, anzi c’è da “fare” molto più di ciò che facciamo normalmente: ma siamo chiamati a fare sgorgare questo “fare” dalla preghiera, dalla meditazione, dalla contemplazione stessa di Cristo.
Come dimenticare che la prima lettera pastorale di Carlo Maria Martini, al suo arrivo a Milano nel 1980, fu dedicata proprio alla “dimensione contemplativa della vita”? E come dimenticare ciò che san Giovanni Paolo II, nel documento prima citato, dava quasi come compito a tutta la Chiesa? «Le nostre comunità cristiane – diceva – devono diventare autentiche “scuole” di preghiera, dove l’incontro con Cristo non si esprima soltanto in implorazione di aiuto, ma anche in rendimento di grazie, lode, adorazione, contemplazione, ascolto, ardore di affetti, fino ad un vero “invaghimento” del cuore. Una preghiera intensa, dunque, che tuttavia non distoglie dall’impegno nella storia: aprendo il cuore all’amore di Dio, lo apre anche all’amore dei fratelli, e rende capaci di costruire la storia secondo il disegno di Dio… Occorre allora che l’educazione alla preghiera diventi in qualche modo un punto qualificante di ogni programmazione pastorale». Penso davvero che fare nelle nostre parrocchie di questo 2024 l’Anno della Preghiera – con incontri di formazione alla preghiera personale e liturgica, all’ascolto, alla meditazione, all’adorazione… – ci aiuterà non solo a vivere bene il Giubileo dell’anno prossimo, ma anche il tempo successivo ad esso.
di Pino Natale