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Domandare, come atto di solidarietà

L’autrice è una scrittrice italiana che vive a Tokio, madre di due bambini, che sulla sua pagina Facebook racconta aspetti, caratteristiche e riflessioni del mondo giapponese. I suoi libri sono pubblicati da Piemme, Einaudi e Vallardi.

Come atto di pura bellezza, da sempre domando informazioni per strada; appositamente, mi rivolgo alle persone più improbabili, quelle peggio vestite, usurate da un mestiere di fatica, gente tatuata anche sulla nuca, con occhi guasti, gente «pericolosa». Gente che non è abituata a ricevere domande così, perché più avvezza a venire ignorata, evitata.

Lo faccio perché è bellissimo vedere la sorpresa nei volti, «Ma chiede a me?», e poi amo ringraziare con un sorriso che prende tutta la faccia.

Voglio bene, profondamente, all’espressione cambiata di quegli individui lasciati dalla vita a margine, purtroppo, gente che spesso si lascia andare a specifiche ulteriori, a commenti aggiuntivi per aiutarti, che, come tutti, ha storie e opinioni.

In Giappone succede quando, dopo un primo stupore, frammisto a paura di non essere in grado di rispondere nella lingua che i miei lineamenti spingono avanti, formulo rapida la domanda in giapponese. Si rassicurano allora, stanno dietro ai miei commenti di troppo, che sono un invito a parlare. Ecco allora che la diffidenza lascia spazio alla gioia di dire.

Domandare, come atto di solidarietà.

Domandare, come atto di bellezza.

Chissà se capita anche a voi.

Laura Imai Messina

(Nella foto: Sōsuke [il figlio maggiore NdR], quando in primavera passeggiava inseguendo soffioni e di ogni seme mi raccontava le gesta.

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