Login

Lost your password?
Don't have an account? Sign Up

Semiti ed ebrei: chiarezza sulle parole

L’odio anti-ebraico è diretto all’ebreo in quanto tale, è cioè indipendente dalla religione

C’erano una volta gli Abiri. E poi giudei, sionisti, israeliani, palestinesi, ortodossi: una babele di definizioni

Per quanto riguarda i termini semita, ebreo, giudeo, sionista e israeliano, adoperati un po’ spregiudicatamente anche dagli addetti all’informazione, noto come ci sia grande confusione: sono termini molto diversi tra loro e cercherò di chiarirli brevemente, senza avere la pretesa di essere esaustivo.

La parola o l’aggettivo “semita” indica l’appartenenza a un gruppo etnico che ricomprende diverse popolazioni che abitano (o hanno abitato) il Medio Oriente e il Nord Africa. Linguisticamente, questi popoli derivano da un unico ceppo etnico e, biblicamente parlando, dal medesimo capostipite, Sem figlio di Noè. Da Noè infatti ha origine, dopo il Diluvio Universale, tutta l’umanità. Dai suoi tre figli, Cam, Sem e Jafet, hanno origine i tre grandi gruppi da cui discendono tutti i popoli: Camiti, Semiti e Jafetiti. Il termine “semita” e tutto ciò che ne deriva (antisemita, semitico, semitismo etc.) è da riferirsi a un contesto “razziale” (biologico) e non è affatto sinonimo di “ebreo”. Semiti sono infatti molti altri popoli, tra i quali i palestinesi, ragion per cui sostenere che i palestinesi siano antisemiti, equivarrebbe a dire che odiano sé stessi su basi etniche.

Viceversa, la parola “ebreo” deriva da “abiru”. Gli Abiri vissero circa 2.000 anni a.C. tra i Cananei pur non essendo a loro completamente assimilati. Tra gli Abiri alcuni erano stabili mentre nella maggior parte erano invece nomadi. Alcuni discendenti di Abramo erano Abiri, così come lo era il popolo divenuto schiavo in Egitto e poi liberato da Mosè. Il termine “ebreo” è perciò da usarsi in riferimento a un popolo specifico, ai discendenti diretti di Abramo, Isacco e Giacobbe. Ebreo non indica necessariamente l’appartenenza a una religione (l’ebraismo, vi sono ebrei agnostici o atei). Se un ebreo si converte a un’altra religione non per questo cessa di essere ebreo. Si è ebrei, secondo l’Alakah (normativa religiosa) per nascita da parte di madre o per conversione religiosa al Giudaismo. I figli nati da matrimoni misti sono quindi ebrei se la mamma è ebrea, se lo è solo il padre devono, se vogliono, fare Ghiurim (percorso di studio) e sostenere un esame di fronte a una commissione rabbinica, come i gentili neo-convertiti, ma vengono comunque accettati in comunità. Questa modalità di definire chi è ebreo e chi invece no è però fortemente contestata nell’ambito dell’Ebraismo stesso da parte ad esempio degli ebrei laici ed è a volte molto discussa in ambienti riformatori. Ebreo non indica appartenenza a una “razza”, non indica appartenenza a una fede religiosa, non indica appartenenza a una nazione (un ebreo può essere italiano, tedesco, francese, spagnolo, russo, americano ecc.). Essere ebreo significa appartenere a un popolo specifico, condividerne la cultura, la tradizione (di cui indubbiamente la religione è una componente fondamentale), riconoscersi nella sua storia e condividerne il destino.

A sua volta il termine “giudeo” deriva da Giuda, capostipite di una delle dodici Tribù di Israele. La storia dell’antico Israele vide la scissione in due regni, la “Casa di Giuda” e la “Casa di Israele” formata dalle undici tribù. Mentre la tribù di Giuda poté sussistere essendo stata fedele alla Legge, le undici tribù di Israele furono disperse tra le nazioni. Il termine “giudeo” viene oggi utilizzato soprattutto in riferimento alla religione (Giudaismo). La conversione al Giudaismo integra il convertito nel popolo ebraico. La sovrapposizione del termine “giudeo” a “ebreo” può risultare perciò accettabile solo e unicamente in considerazione del fatto che le undici Tribù di Israele sono appunto le “tribù perdute” e che quindi gli ebrei odierni discendono dalla Tribù di Giuda. L’anti-giudaismo è avversione alla fede giudaica, non all’ebreo in quanto tale e non ha quindi basi razziali ma piuttosto religiose.

Il termine “sionista” deriva ovviamente da Sion, monte su cui sorse l’originario nucleo dell’attuale Gerusalemme. Sionista è colui che aderisce e promuove il “Sionismo”, movimento sorto alla fine del XIX secolo tra gli ebrei residenti in Europa appartenenti alla diaspora, il cui fine è l’affermazione del diritto all’autodeterminazione del popolo ebraico mediante l’istituzione di uno stato ebraico.

Sionismo è da usare riferito al diritto di Israele ad esistere, alla difesa, e all’autodeterminazione. L’Anti-sionismo è la negazione appunto di questi diritti. Il termine “Sionismo” viene oggi erroneamente utilizzato per lo più in riferimento alla politica di Israele ma, sebbene il Sionismo sia un movimento fondamentalmente politico e nonostante la politica israeliana non possa prescindere da esso, la sovrapposizione dei termini non è corretta, prova ne è che questo “Sionismo” oggi tanto osteggiato (o meglio ciò che oggi viene considerato tale) è invece il frutto della politica di un governo “religioso ortodosso” che ha sempre a sua volta criticato ed osteggiato il movimento sionista in quanto movimento laico e non religioso.

La parola o l’aggettivo “israeliano” deriva – direttamente – da Israele (Giacobbe). Israele è il nome dello Stato Ebraico. Al di là dell’uso riferito alla storia del popolo ebraico in cui Israele e popolo ebraico sono termini sovrapponibili, “israeliano” è oggi riferito alla nazionalità. Israeliano non è sinonimo di ebreo, vi sono infatti arabi, palestinesi e anche europei nati in Israele, tra questi e molti non sono appartenenti alla religione giudaica (musulmani, cristiani etc.). Non si è francamente mai sentito parlare di “anti-israelitismo”, che non avrebbe senso. Sarebbe un anti-nazionalismo del genere “anti-francesismo”, “anti-italianismo” etc. ma, visto che per quanto concerne il popolo ebraico si possono usare fin troppi “anti” a seconda dell’accezione specifica verso cui si vuole indirizzare la propria avversione, la scelta di parlare di “anti-israelitismo” sarebbe quantomeno troppo generica.

di Giancamillo Trani

Condividi su:

Facebook
WhatsApp
Email
Stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*
*

su Kaire

Articoli correlati

I 1700 anni del Credo di Nicea

“Occasione straordinaria per essere una luce di speranza nell’oscurità di un mondo diviso e ferito” Il 2025 è l’anno in cui ricorrerà il 1700° anniversario del Primo Concilio Ecumenico di