Rito di consacrazione delle vergini
Nel 1982 Giovanni Paolo II tenne, durante le udienze generali del mercoledì, un ciclo di catechesi sull’amore umano nel piano divino. Insieme ad alcune relazioni tenute dalla dr.ssa Paola Pellicanò, questo materiale ci ha preparato al Seminario Ordo virginum svoltosi nei giorni 10 e 11 febbraio 2024 a Roma presso la Casa San Juan de Avila.
La verginità – afferma il pontefice nelle sue catechesi riferendosi alla verginità consacrata – è la chiamata alla continenza volontaria per il Regno dei cieli che trova eco nell’anima di una donna, che trova una risonanza nella volontà di una donna. Di questa particolare vocazione parla Gesù quasi come un prolungamento del colloquio sul matrimonio intessuto con i farisei (Mt 19).
Si tratta di una scelta di particolare valore che possono comprendere solo coloro alle quali, per grazia ricevuta, ne è stato concesso il dono. È un orientamento carismatico verso lo stato escatologico in cui, nella resurrezione dei corpi, le donne «non prenderanno (…) marito» (Mc 12, 25). Esprime G. Paolo II, «occorre vedere nella vocazione a tale continenza un tipo di eccezione a ciò che è piuttosto una regola comune di questa vita» (Catechesi LXXIII), cioè il matrimonio.
La verginità (e anche il celibato, con riferimento al celibato sacerdotale) anticipa la vita escatologica. È unita ad un certo sforzo spirituale, alla rinuncia consapevole e volontaria al matrimonio, all’unione corporale e dunque alla generazione di figli, ad altre coerenti rinunce fatte sempre per amore. C’è dunque un certo sacrificio di sé.
«La continenza per il Regno dei cieli porta soprattutto l’impronta della somiglianza a Cristo, che, nell’opera della redenzione, ha fatto Egli stesso questa scelta.» (Catechesi LXXV). Essa serve nella storia della salvezza a una più perfetta fecondità dello Spirito Santo. Questa via di cui Egli stesso dà testimonianza con la propria vita esiste, è possibile ed è particolarmente valida/importante per il Regno dei cieli: è un indubbio segno dell’“altro mondo”.
La chiamata alla verginità consacrata, ovvero alla continenza per il Regno dei cieli – dove “per il Regno dei cieli” è proprio LA motivazione della scelta radicale – invita alla solitudine per Dio nel rispetto della femminilità della donna e della dimensione di comunione propria della persona, perché dono sincero a Cristo per tutta la vita e per gli altri. La natura dell’amore continente, proprio come quello coniugale, è sponsale, cioè, espressa attraverso il dono totale di sé. Inoltre, porta nel suo sviluppo alla maternità spirituale (fecondità dello Spirito Santo).
Il Regno dei cieli è per tutti. Per tutti è la Vigna del Signore – in cui, sulla terra, tutti dobbiamo lavorare – ed è, in seguito, la Casa del Padre – in cui dobbiamo trovarci speriamo tutti nell’eternità. Il Regno dei cieli è la pienezza del bene. Decidere di seguire la continenza per il Regno dei cieli significa dunque cercare i valori propri di tale vocazione. La continenza per il Regno dei cieli, la scelta della verginità per le donne (e del celibato per gli uomini) è l’atto di una risposta grata all’amore divino al fine di ricambiare l’amore sponsale del nostro Redentore Gesù Cristo, Sposo della Chiesa e Sposo delle anime.
La donna è una nel corpo e nell’anima e l’anima comunica l’esistenza al corpo. Per vivere pienamente la verginità consacrata è fondamentale cogliere e accogliere il significato sponsale del corpo, cioè la capacità di esprimere l’amore che si fa dono, dono attraverso il quale la donna attua il senso stesso del suo essere e del suo esistere. «Il significato sponsale della consacrazione verginale attinge al significato sponsale del corpo» (P. Pellicanò) che per Giovanni Paolo II è quasi un sacramento perché rivela un’essenza, quella della persona. Nella vocazione verginale il corpo è totalmente per Dio. Anche le emozioni che si vivono sono Sue, a Lui appartengono. Tutto è Suo, perché la consacrata è Sua, è di Dio che l’ha creata e redenta.
Maria, Santa Vergine delle vergini…prega per noi!
di Angela Di Scala