La sfida vera degli Esercizi, l’esercizio più difficile, è quella che ci si para dinanzi al rientro: come non disperdere le scintille di consolazione raccolte? Sant’Ignazio ci viene in soccorso, proponendo l’esercizio quotidiano dell’esame di coscienza. A noi può sembrare banale, ma ciò è dovuto al fatto che per lo più l’esame di coscienza lo facciamo male, come una contabilità dei sensi di colpa
Mercoledì 21 il Papa non ha tenuto la consueta udienza del mercoledì, perché sta facendo, come ogni anno in Quaresima, gli Esercizi spirituali.
Ma cosa sono gli Esercizi spirituali? E che vuol dire “farli”?
Chiediamo a una voce autorevole a riguardo, peraltro indubbiamente cara a Papa Francesco: “Con il termine di esercizi spirituali si intende ogni forma di esame di coscienza, di meditazione, di contemplazione, di preghiera vocale e mentale, e di altre attività spirituali, come si dirà più avanti. Infatti, come il passeggiare, il camminare e il correre sono esercizi corporali, così si chiamano esercizi spirituali i diversi modi di preparare e disporre l’anima a liberarsi da tutte le affezioni disordinate e, dopo averle eliminate, a cercare e trovare la volontà di Dio nell’organizzazione della propria vita in ordine alla salvezza dell’anima” (sant’Ignazio di Loyola, prima annotazione negli Esercizi Spirituali).
Quindi sotto il termine “Esercizi spirituali” si raccolgono vari metodi di preghiera, il cui scopo è attivare o riattivare le nostre facoltà interiori all’ascolto della Parola, così da raggiungere, gradualmente, le tre finalità che in successione si presentano a chi voglia progredire nella vita spirituale, cioè nell’esperienza della propria figliolanza divina: anzitutto, il fine purificativo della contestazione e del superamento della propria mentalità carnale e delle sue strategie radicate; gustare l’esperienza del perdono di Dio e del passaggio a una prospettiva nuova possibile con Lui, e dunque scoprire un’alternativa alla propria mentalità di sempre, significa iniziare a imparare il lessico del discernimento, che permette di perseguire il fine illuminativo della vera conoscenza di Dio, e di chi siamo noi per Lui, così da progredire sempre più verso il fine unitivo, che non è altro che l’intimità col Signore e la custodia del rapporto con Lui.
Se la guida degli Esercizi è accorta, avrà precedentemente stabilito quale delle tre finalità dare agli Esercizi che predica, in base ai suoi destinatari: se quella purificativa, necessaria senz’altro ai principianti, oppure quella illuminativa, adatta a chi, già avvezzo al metodo degli esercizi, deve discernere su qualcosa della propria vita, o ancora quella unitiva, che si rivolge alle persone radicate nella vita spirituale e serve a “tornare alla fonte” e prendersi un tempo sereno col Signore.
Cosa si fa negli Esercizi spirituali?
Si prega.
Negli Esercizi spirituali si viene accompagnati e introdotti a una metodologia di preghiera molto disciplinata e scandita secondo punti da attraversare uno dopo l’altro, così da coinvolgere in modo integrale e armonico tutte le facoltà interiori: la memoria che ricorda i brani biblici proposti, l’immaginazione che evoca la scena ivi descritta e vi applica la sensorialità, l’intelletto che si sofferma e approfondisce, l’affettività che assapora, la volontà che decide, ecc. Il frutto di questo lavorio spirituale è poi quotidianamente condiviso e monitorato nei colloqui con la guida che accompagna l’esercitante.
Tutto questo “risveglia” la nostra anima, e le permette di vedersi dal punto di vista di Dio su di lei, facendola a tornare a respirare davvero, almeno per un po’, prima che la polvere del tran tran feriale torni a coprirla – ed ecco perché è importante, finiti gli Esercizi spirituali, riuscire a custodirne la fiammella nella quotidianità. In effetti gli Esercizi servono a ben poco, se non ci inducono a vederne la necessità nel quotidiano: Gesù è stato quaranta giorni nel deserto, ma poi ogni mattina si ritirava prima dell’alba in un luogo deserto a pregare (cfr. Mc 1, 35).
Quindi la sfida vera degli Esercizi, l’esercizio più difficile, è quella che ci si para dinanzi al rientro: come non disperdere le scintille di consolazione raccolte?
Sempre sant’Ignazio ci viene in soccorso, proponendo l’esercizio quotidiano dell’esame di coscienza. A noi può sembrare banale, ma ciò è dovuto al fatto che per lo più l’esame di coscienza lo facciamo male, come una contabilità dei sensi di colpa.
In realtà ogni sera ci è data la possibilità, in una decina di minuti, di rivivere tutto il processo degli Esercizi, anzi, dell’intera storia della salvezza, però declinata nella concretezza della nostra giornata: partendo dalla memoria grata dei doni ricevuti, piccoli o grandi, materiali o spirituali, ricordandoli uno a uno e ringraziando per essi, posso vedere con più chiarezza qual è stata oggi, non in generale, la mia risposta a questo amore, e quindi l’esame delle mie eventuali cadute e resistenze acquista lo spessore di una relazione mancata. Chiedendone perdono al Donatore, e impegnandomi a vigilare l’indomani su uno dei punti emersi, mi predispongo a una maggiore consapevolezza vigile su quanto abitualmente mi agisce automaticamente. Concludo poi con un Padre nostro, o con la preghiera liturgica della Compieta: in entrambi i casi mi ricordo che l’ultima parola sulla mia vita ce l’ha la mia figliolanza divina, ovvero la Sua paternità, che abbraccia la mia fragilità e mi dona ogni giorno.
Magari arrivare a questo abituale livello di consapevolezza! Da quanti pesi indebiti saremmo liberati… per fortuna ogni anno arriva la Quaresima, a ricordarci della necessità di trovare spazi e tempi di deserto per una profonda revisione di vita e un ritorno alla sorgente del senso e dell’amore che sgorga generosa per quelli che vogliano andare in profondità.
di Alessandro Di Medio – Sir
Immagine: Siciliani/SIR